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Dieci grandi banche finanziano l’industria della carne che deforesta il Gran Chaco

Una veduta del Gran Chaco in Paraguay © Charlie Hammans / Global Witness

Un’indagine di Global Witness svela il supporto della finanza globale (da JP Morgan a Bank of America) alle grandi aziende della carne anche se si riforniscono presso allevamenti che disboscano vaste aree del prezioso ecosistema in Paraguay. Sono minacciate la biodiversità e l’esistenza di una delle ultime popolazioni indigene rimaste incontattate, gli Ayoreo Totobiegosode

Con oltre 1,7 miliardi di dollari, quattro banche americane, quattro europee e due giapponesi hanno finanziato la deforestazione di un’area vasta quanto New York. Anch’essa è in America, ma nella parte Sud, in Paraguay: è il Gran Chaco.

Questa foresta sta scomparendo più velocemente di qualsiasi altra al mondo, minacciando l’esistenza di una delle ultime popolazioni indigene incontattate del Sud America, gli Ayoreo Totobiegosode, e di tutte le specie con cui da sempre convivono sul territorio (tra cui 3.400 piante e 500 uccelli).

A denunciarlo è stata la Ong inglese Global Witness, indicando i nomi dei dieci grandi istituti finanziari coinvolti e spiegando la natura delle loro responsabilità nella deforestazione dell’area.

Tutti hanno fornito servizi bancari come prestiti e obbligazioni a due leader nel mercato della carne, la brasiliana Minerva foods e la paraguaiana Frigorífico concepción, che spesso si riforniscono da aziende locali che allevano bestiame nelle aree protette del Gran Chaco. Dalla stessa indagine emerge poi che almeno quattro delle banche citate continuano a dichiarare e promuovere la propria adesione a politiche contro la deforestazione, nonostante l’evidenza del contrario.

Per ricostruire l’intera catena di responsabilità, Global Witness è partita dai dati della piattaforma Refinitiv eikon sul triennio 2021-2023, individuando i principali fornitori di servizi finanziari alle due aziende di distribuzione della carne coinvolte nello sfruttamento delle foreste paraguaiane in cui vivono gli Ayoreo Totobiegosode. Un lungo lavoro di indagine che ha però permesso di individuare le banche maggiormente coinvolte economicamente.

Al primo posto c’è la statunitense JP Morgan con 544 milioni di dollari di credito offerti a Minerva foods, subito dopo c’è Bank of America che a questa stessa azienda ha dato “solo” 68 milioni, ma con altri 360 milioni ha supportato la sua competitor Frigorífico concepción. Nessuna delle due banche ha ufficialmente adottato protocolli anti-deforestazione, mentre gli altri due istituti statunitensi inclusi nella lista pubblicata dalla Ong -Morgan Stanley e Oppenheimer- dichiarano invece di averli sottoscritti.

Eppure queste ultime due hanno supportato il business delle aziende di distribuzione della carne sudamericane pur conoscendo le loro responsabilità nella scomparsa del Gran Chaco. Morgan Stanley con 51 milioni di dollari forniti a Minerva foods e Oppenheimer con 15 milioni per ciascuna delle due aziende.

Nella lista delle banche individuate da Global Witness ne compaiono anche quattro europee che, in totale, hanno offerto servizi finanziari per oltre 600 milioni di dollari solo a Minerva foods. L’inglese Hsbc in soli tre anni ne avrebbe erogati per 210 milioni di dollari, l’olandese Rabobank per 198 milioni e la spagnola Bbva per 51 milioni. Risulta che tutte e tre hanno sottoscritto impegni aziendali anti-deforestazione, tranne il quarto istituto europeo, la banca spagnola Santander, che nel triennio considerato avrebbe offerto sovvenzioni per 141 milioni di dollari.

Verso il fondo della classifica di Global Witness, al settimo e all’ottavo posto, compaiono due istituti di credito giapponesi, Mitsubishi Ufj e Mizuho financial group. Il primo dichiara esplicitamente di adottare politiche green, a differenza del secondo, nonostante ciò entrambi hanno supportato Minerva foods fornendole ciascuno 51 milioni di dollari di servizi finanziari.

Le responsabilità di questi istituti finanziari nella deforestazione del Gran Chaco derivano dal supporto fornito alla filiera della carne, una di quelle che ne è direttamente la causa. Ripercorrendo la catena di rifornimento, dal mondo delle grandi banche globali a quello dei piccoli allevatori locali, si possono definire meglio i ruoli e le modalità di coinvolgimento.

Fornire prestiti e obbligazioni per quasi due miliardi di dollari a Minerva foods e Frigorífico concepción significa alimentare se non potenziare i loro affari con le aziende di allevamento locali da cui si riforniscono di carne. Secondo Global Witness gli allevamenti locali sono 16 e le loro attività, complessivamente, avrebbero causato la scomparsa di 75mila ettari del Gran Chaco, di cui oltre 18mila all’interno delle aree dove vivono gli Ayoreo Totobiegosode.

Come per le grandi banche, anche per i leader della distribuzione di carne la Ong inglese fornisce dettagli su eventuali impegni contro la deforestazione. Frigorífico concepción ne ha presi pubblicamente ma solo per quanto riguarda la sua attività in Brasile, sul Paraguay mantiene invece la massima riservatezza. Sia questa azienda sia Minerva foods dichiarano inoltre l’utilizzo di tecnologie satellitari all’avanguardia per monitorare se e come i propri fornitori rispettino le aree protette del Gran Chaco.

Analizzando il contesto normativo e le capacità operative di controllo del Paraguay, però, secondo Global Witness emerge la quasi totale mancanza di strumenti per verificare se quanto affermato da entrambe le aziende sia vero.

Le leggi ambientali “deboli”, unite a un’elevata disponibilità di terre a buon mercato, tasse basse e scarsa presenza di Ong, hanno reso il Paraguay un luogo ideale per chi vuole allevare bestiame senza doversi troppo preoccupare delle foreste. Nemmeno se teoricamente protette. Rispetto ai Paesi confinanti, qui risulta infatti molto più semplice sfruttare indisturbati il territorio, fino a raggiungere un ritmo pari a 133 miglia quadrate (344,47 chilometri quadrati) di aree deforestate al mese.

Secondo i calcoli di Global Witness entro il 2080 si potrebbe assistere alla scomparsa definitiva del Gran Chaco. Tale previsione rappresenta una minaccia alla futura stabilità climatica globale ma, soprattutto, all’attuale esistenza degli Ayoreo Totobiegosode.

Oltre che da giaguari e formichieri giganti, e dalle dozzine di specie endemiche regolarmente immortalate dai turisti, il Gran Chaco è abitato anche da questa comunità indigena, una delle poche del Sud America ancora rimasta “non contattata”. Oscar Ayala Amarilla, loro avvocato e membro di Coordinadora de derechos humanos del Paraguay (Codehupy) racconta ad Altreconomia che “il disboscamento massiccio e sistematico del Chaco paraguaiano ne sta violando non solo la riservatezza, ma soprattutto i diritti umani”.

Assistendo da tempo a ciò che gli accade, Ayala Amarilla denuncia “la chiara predominanza di una visione strettamente mercantilista nelle politiche del governo paraguaiano che mette a rischio l’esistenza di una popolazione, privandola in modo accelerato dell’uso di importanti aree di occupazione e di dominio tradizionale, adatte alla pratica della loro economia tradizionale e al sostentamento delle loro comunità”. “Permettere e supportare questo continuo disboscamento -conclude- significa condannarli. Direttamente, non indirettamente”.

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