Economia / Opinioni
Dall’accordo con Leonardo al polo nazionale per l’agricoltura rigenerativa. BF non si ferma
In Italia stenta a decollare un dibattito pubblico sul ruolo egemone nel settore primario di BF Spa (Bonifiche Ferraresi). Gli affari legati al “Piano Mattei”, le partecipazioni nel mondo del bio, l’incidenza nel bilancio dei carburanti fossili e dei concimi antiparassitari venduti dai consorzi agrari. Un incrocio di interessi che meriterebbe maggiore discussione. L’editoriale del direttore, Duccio Facchini
Il sovrano dell’agricoltura non si ferma. A fine novembre 2024 BF (l’acronimo è erede di Bonifiche Ferraresi) ha stipulato un accordo con Leonardo (attiva prevalentemente nel settore della Difesa) per “rispondere in modo efficace e coordinato alle sfide globali nel settore agroindustriale e nella lotta al cambiamento climatico”.
A celebrare l’unione è stata Coldiretti, il sindacato agricolo alleato del Governo Meloni in prima linea contro qualsiasi Green deal, che ha messo a disposizione i riflettori del XXII Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, organizzato insieme a The European House-Ambrosetti. Stando alle due imprese quotate in Borsa l’accordo si proporrebbe di “effettuare attività di ricerca e sviluppo nelle aree geografiche di comune interesse, inclusi alcuni Paesi coinvolti dal Piano Mattei, e di identificare congiuntamente nuove opportunità, promuovendo al contempo la tutela della biodiversità e dello sviluppo sostenibile con il pieno coinvolgimento delle realtà locali”. Retorica a parte, l’onnipresenza di BF -alla quale abbiamo dedicato la copertina più di due anni fa- è ormai asfissiante.
La troviamo di recente in Algeria, scortata dal ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e dal consigliere diplomatico della presidenza del Consiglio nonché coordinatore del “Piano Mattei” per l’Africa, Fabrizio Saggio, a lanciare “il più importante progetto agroindustriale italiano nella sponda Sud del Mediterraneo” su una superficie di 36mila ettari in concessione nella regione di Wilaya di Timimoun. O in Ghana, a coltivare mais, soia, grano, riso, pomodoro e banane su 7.500 ettari. O in Brasile, ad acquisire tramite la controllata Sis (Società italiana sementi) il 70% circa della Kaiima Sementes, società brasiliana che si occupa di genetica, produzione e vendita di semi di ricino per la filiera energetica e non per quella alimentare. L’operazione è stata finanziata quasi interamente da Eni, che ha portato in dote nel capitale di Sis 25 milioni di euro. È utile un promemoria degli attuali soci di BF: il primo azionista è la Dompè Holdings di Sergio Dompè, seguito dalla Arum Spa di Federico Vecchioni (un tempo al timone di Confagricoltura), e, più staccati in termini di quota di partecipazione, da Fondazione Cariplo, Inarcassa, Ismea, Intesa Sanpaolo, Enpaia e la super-fossile Eni (attraverso la “nuova” Eni natural energies Spa).
Un incrocio di diversissimi soggetti privati e pubblici che si appresta a chiudere il bilancio 2024 con ricavi a quota 1,6 miliardi di euro. Non ci si deve far sviare però dai comunicati stampa: l’attività economica di BF ruota saldamente intorno al comparto dei consorzi agrari, che Bonifiche ha inglobato negli ultimi anni, e in particolare al business fossile dei carburanti per autotrazione (con la controllata Eurocap Petroli) e da quello dei concimi antiparassitari. In attesa del bilancio dell’anno intero ci si può rifare alla prima semestrale 2024 per averne la prova: su 716 milioni di euro di ricavi, 334 milioni arrivavano proprio da carburanti e antiparassitari.
Ma BF punta a un’immagine green e sostenibile. Dopo aver messo un piede nel capitale di EcorNaturaSì e aver rilevato a fine 2023 il 51% di Federbio servizi (tramite la sua Consorzi agrari d’Italia), a fine 2024 ha annunciato la creazione di un nuovo polo nazionale per l’“agricoltura rigenerativa” -un’altra espressione distopicamente sottratta, un po’ come è stato per “sovranità alimentare”- a Villa Montepaldi, a San Casciano Val di Pesa, in provincia di Firenze, in collaborazione con l’Università e la Fondazione future food institute. “Diventerà una vetrina per l’agricoltura italiana di qualità -hanno detto i vertici di BF- con una produzione di prodotti d’eccellenza come olio e vino, simboli del Made in Italy”. Come si possano conciliare l’agricoltura rigenerativa su piccola scala, i giganteschi trattori della multinazionale Sdf (partner di BF) e il colonialismo agri-energetico del “Piano Mattei” non è chiaro. Eppure stenta a decollare un dibattito pubblico su questa trasformazione dell’agricoltura nazionale. A seminare conformismo non si raccolgono buoni frutti.
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