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COSENZA E LA CIECA V…

COSENZA E LA CIECA VOGLIA DI REPRESSIONE Ci siamo. La più inquietante fra le recenti ‘inchieste politiche’, quella aperta dalla procura di Cosenza contro la rete meridionale del sud ribelle, è arrivata alla conclusione: il pm Fiordalisi ha chiesto il…

COSENZA E LA CIECA VOGLIA DI REPRESSIONE

Ci siamo. La più inquietante fra le recenti ‘inchieste politiche’, quella aperta dalla procura di Cosenza contro la rete meridionale del sud ribelle, è arrivata alla conclusione: il pm Fiordalisi ha chiesto il rinvio a giudizio per 13 indagati. I più noti fra loro sono Francesco Caruso e Luca Casarini (quest’ultimo entrato nell’inchiesta solo all’ultimo momento). I reati contestati fanno accapponare la pelle, sia che pensiamo su quali basi è stata condotta l’inchiesta (interpretazione di documenti, frasi e mail, supposizioni piuttosto discutibili, quasi nessun fatto specifico), sia che ci limitiamo a valutare i  capi d’imputazione, che sono “cospirazione politica mediante associazione finalizzata alla turbativa delle funzioni di governo, associazione a delinquere semplice finalizzata ai reati di resistenza a pubblico ufficiale e associazione sovversiva semplice”.

Come si vede si tratta di reati prettamente politici, difficili da definire nella loro espressione concreta. Che può voler dire turbativa dell’azione di governo? Forse la contestazione di un vertice fra otto capi di stato e di governo? E che senso può avere, ipotizzare che si formi un’associazione a delinquere che abbia per scopo la “resistenza a pubblico ufficiale”? Capiremmo se si trattasse di associarsi per “aggredire” il pubblico ufficiale, per compiere azioni violente o qualcosa del genere, ma l’idea che qualcuno si organizzi per farsi attaccare dalla polizia e poi “resistere” è semplicemente grottesca. E poi si parla di cospirazione, associazione sovversiva, reati sfuggenti nella loro stessa fomrulazione verbale…

La sensazione forte è che si stiano usando delle figure giuridiche che hanno il sapore della repressione gratuita, poco motivata se non in termini di avversione ideologica, in nome di un’astratta e vetusta concezione del motto ‘legge e ordine’.

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