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Così è cambiato il consumo di stupefacenti. E l’Italia è impreparata
Con un impianto normativo di trent’anni fa, il nostro Paese si ritrova un sistema di intervento superato dall’evoluzione delle sostanze. E un’offerta sempre più ricca, variegata e a prezzi accessibili trova nuove piazze sul web
“Più del 50% dei ragazzi che abbiamo in trattamento ha usato ossicodone: un farmaco oppioide, molto potente, che solitamente viene prescritto per la terapia del dolore. I ragazzi che lo usano come stupefacente ne sentono subito l’effetto: produce una profonda sedazione, ma con il tempo il farmaco induce una dipendenza che, in genere, porta all’assunzione di eroina”. Roberta Balestra, direttore del dipartimento dipendenze dell’Azienda sanitaria universitaria integrata di Trieste, guarda al mondo delle dipendenze da un osservatorio privilegiato. In città, infatti, è attivo l’unico Serd (ex Sert) italiano dedicato specificatamente ai ragazzi con meno di 25 anni. Un progetto partito nel 2012 come sperimentazione per dare una risposta al “bisogno sommerso” di tanti ragazzi con problemi di dipendenze. “Da tre anni lavoriamo come servizio strutturato -spiega Balestra-. Nel 2017 abbiamo avuto in carico 167 ragazzi, di cui 17 minorenni. E il loro numero è in crescita: nei primi tre mesi del 2018 abbiamo già 18 ragazzi con meno di 18 anni”. La sostanza più consumata resta l’eroina, “ma vediamo anche molti cannabinoidi, ketamina, qualche volta cocaina. Oltre all’ossicodone”.
Un ambiente informale, lontano dallo stigma che caratterizza i Serd (Servizi pubblici per il trattamento delle dipendenze) e la loro utenza, un’equipe multidisciplinare che si occupa della presa in carico a 360 gradi dei ragazzi e orari di apertura prolungati. Sono alcuni degli elementi che hanno permesso al servizio di Trieste di intercettare giovani e giovanissimi. Una fascia di popolazione che i centri tradizionali faticano a intercettare, mentre il mercato delle sostanze stupefacenti offre loro un’offerta sempre più ricca, variegata e a prezzi accessibili.
L’ultima “Relazione al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia” curata dal Dipartimento per le politiche antidroga della presidenza del Consiglio dei ministri stima in circa 60mila il numero degli studenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni (pari al 2,5% del totale) che hanno utilizzato almeno una volta nella vita farmaci antidolorifici (i cosiddetti painkillers) dieci volte più potenti della morfina.
L’ossicodone rientra in quel gruppo di stupefacenti che la Relazione indica come “Nuove sostanze psicoattive” e che comprende anche polveri e pastiglie costruite appositamente in laboratorio per ottenere una molecola formalmente nuova ma strutturalmente e farmacologicamente simile a droghe note e già vietate. E di cui spesso si ignora persino la composizione chimica precisa. “Sapere che cosa contengono sarebbe già un bel passo avanti -commenta Sabrina Molinaro, dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr e dal 2016 coordinatrice di Espad (l’Indagine europea sul consumo di alcol e droghe in ambito scolastico)-. Il rischio è che possano contenere sostanze dannose per l’organismo e anche una singola assunzione può portare a un’intossicazione o provocare gravi danni. Preoccupa molto il fatto che nel 2016 circa 50mila studenti delle scuole superiori abbiano assunto sostanze psicotrope senza sapere che cosa fossero esattamente”.
A fine 2016, il Centro europeo per il monitoraggio delle sostanze stupefacenti (Emcdda, emcdda.europa.eu) monitorava più di 620 nuove sostanze psicoattive. “Oltre il 70% di quelle individuate attraverso il sistema di allerta rapido dell’Unione europea è stato sviluppato negli ultimi cinque anni”, si legge nell’edizione 2017 del report dell’Emcdda. Nel 2016 il sistema europeo di allerta rapida ha ricevuto -in media- la segnalazione di una nuova sostanza a settimana.
“Tra il giugno 2016 e l’agosto 2017 in Italia abbiamo avuto 68 segnalazioni di varie sostanze tra cui fenetilamine, catinoni e cannabinoidi sintetici” – Roberta Pacifici
Molte di queste sostanze non hanno nemmeno un nome, ma solo una sequenza di numeri e lettere come la “25I-NBOMe” individuata ad agosto 2016 nei pressi di Arezzo: piccole pastiglie di colore giallo chiaro vendute come mescalina ma che, a un’analisi più approfondita, si sono rivelate composti di fenetilamine, molto più pericolosi dell’Lsd. L’uso di “25I-NBOMe”, infatti, ha provocato almeno 25 morti (di cui quattro in Europa) e 32 intossicazioni gravi.
Queste pastiglie sono state individuate e identificate nell’ambito del progetto europeo “Baonps” (Be aware on night pleasure safety – coopalice.net/baonps) che ha permesso di svolgere attività di “drug checking” in diversi luoghi di aggregazione giovanili per verificare la composizione di stupefacenti nei luoghi di divertimento. Nei due anni di sperimentazione, sono stati analizzati 472 campioni e, in un caso su tre, la sostanza sottoposta al “drug checking” non corrispondeva a quanto il consumatore aveva intenzione di acquistare. Il mercato delle Nuove sostanze psicoattive per stessa ammissione del Emcdda è “particolarmente complesso” e pericoloso. “Siamo molto preoccupati”, commenta Roberta Pacifici, direttore del Centro nazionale dipendenze e doping, cui il Dipartimento per le politiche antidroga ha affidato nel giugno 2016 il compito di coordinare il Sistema nazionale di allerta rapido sulle droghe. Lavora in stretto coordinamento con quello europeo: “Tra il giugno 2016 e l’agosto 2017 in Italia abbiamo avuto 68 segnalazioni di varie sostanze tra cui fenetilamine, catinoni e cannabinoidi sintetici. Nello stesso periodo abbiamo diramato 12 allerte di ‘Grado tre’, per segnalare ai Serd, ai pronto soccorso e alle comunità la presenza di sostanze che portano a gravi intossicazioni o al decesso”, aggiunge Pacifici.
L’ultima Conferenza nazionale sulle droghe si è svolta a Trieste nel 2009. Avrebbe dovuto avere frequenza triennale. Intervenne Gianfranco Fini, padre di una legge incostituzionale
Acquistare queste sostanze, inoltre, è molto più economico di quanto non si pensi. Bastano 30-40 euro per acquistare un grammo di cocaina, ma nelle grandi piazze di spaccio si possono trovare anche micro-dosi a 10-15 euro. Mentre chi cerca sostanze per accompagnare una serata può farsi bastare la paghetta settimanale (10-20 euro) per acquistare qualche pasticca. Mentre una pillola di ossicodone costa appena otto euro. Chi non se la sente di andare “in piazza”, può acquistare in relativa sicurezza su internet dove proliferano siti web che vendono “droghe legali” (651 quelli individuati dall’Emcdda nel 2013).
A preoccupare gli esperti ci sono anche la “spice”, cannabis sintetica con una concentrazione molto più elevata di Thc e quindi molto più pericolosa (l’11% degli studenti italiani ne ha fatto uso) e i fentanili. Oppiacei sintetici già molto diffusi negli Stati Uniti (circa 20mila morti nel 2016) che “pur svolgendo un ruolo minore nel mercato europeo -scrive l’Emcdda- comportano una seria minaccia per la salute pubblica e individuale”.
A fronte di questo mondo in continua evoluzione ci sono un sistema di presa in carico non adeguato ai bisogni dei più giovani e un’assenza di impegno da parte della politica. “Si fa fatica a fare i conti con fenomeni che sono molto diversi da quelli di 30 anni fa. Da un punto di vista normativo abbiamo a che fare con una legge del secolo scorso”, spiega Riccardo De Facci, vice presidente nazionale del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza) con delega alle dipendenze e presidente della cooperativa “Lotta contro l’emarginazione”. Si riferisce alla 309 del 1990, “riabilitata” dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi da parte della Consulta nel febbraio 2014. “La 309 -continua De Facci- ragiona su presupposti che non sono più attuali. Una legge tarata su sostanze totalmente diverse da quelle oggi in circolazione da risultare inefficace nella lettura del fenomeno”. La legge del 1990, ad esempio, non permette di analizzare le sostanze in tempo reale nei luoghi di consumo per capire effettivamente come siano composte e il loro reale grado di pericolosità.
“La politica non si interessa più della droga. È un tema divisivo e in questi ultimi cinque anni si è preferito non affrontare il tema”, taglia corto Leopoldo Grosso, psicologo e psicoterapeuta, presidente onorario del Gruppo Abele che stigmatizza anche la mancata convocazione -da nove anni a questa parte- della Conferenza nazionale sulle droghe, prevista ogni tre anni dalla legge 309: un momento di confronto che ha come obiettivo quello di individuare eventuali correzioni alla legislazione antidroga. Durante l’ultima edizione, che si è svolta a Trieste nel marzo 2009, l’allora presidente della Camera, Gianfranco Fini evidenziava la presenza di nuove droghe e nuovi consumi “che sollecitano la necessità di ideare nuove strategie e di ripensare radicalmente l’offerta dei servizi necessari all’utenza potenziale e ai problemi di cui essa è portatrice”.
A nove anni di distanza poco si è fatto per costruire un diverso sistema di intervento. Nel 2016, il 68,1% dell’utenza dei Serd è in carico per uso di eroina, il 17,3% per cocaina, l’11,1% per cannabinoidi. “Oggi l’età media dei pazienti in cura è di 41 anni e continua a crescere -spiega Pietro Fausto d’Egidio, presidente di Federserd (Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze – federserd.it)- continuiamo ad assistere le stesse persone, lasciando fuori tutti gli altri. I Serd non sono più in grado di prendere in carico altri pazienti, né sono in grado di elaborare offerte per nuove tipologie di pazienti perché sono sovraccarichi. Mancano le risorse e manca il personale che viene sostituito solo in minima parte al momento di andare in pensione”.
“Il sistema dei servizi di oggi è figlio della guerra alla droga di molti anni fa -riflette Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento interaziendale Area dipendenze dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano-. Non siamo riusciti a passare da una situazione di emergenza, quella dell’eroina negli anni Ottanta, alla gestione dell’ordinario. Di alcune realtà ormai quotidiane come l’abuso di farmaci non si parla nemmeno”.
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