Ambiente / Reportage
A Civitavecchia la “transizione” va dalla parte sbagliata. A caro prezzo
Il più grande polo energetico dell’Alto Lazio ospita nel suo comprensorio tre centrali termoelettriche. L’abbandono del carbone è fissato per il 2025. La proposta del metano, denunciano i cittadini e i comitati, guarda al passato
A Civitavecchia è una giornata assolata, il vento tira poco. Nella piazza del Comune alcune persone discutono, con la mascherina e distanziate. Tra loro, una donna tiene in mano una cartelletta gialla e una penna, chiedendo ai passanti di aggiungere una firma su un foglio. Oltre a essere la responsabile nazionale energia del Forum ambientalista, Simona Ricotti è un membro del comitato “Sole”, il gruppo di attivisti che si è riunito a inizio anno per consegnare 1.700 firme al sindaco di Civitavecchia, Ernesto Tedesco. “Civitavecchia rifiuta di essere ancora schiava della solita contraddizione: la salute per il lavoro”, dice Ricotti.
Civitavecchia (RM), il porto turistico al centro del più grande polo energetico dell’Alto Lazio, ospita nel suo comprensorio tre centrali termoelettriche: Torrevaldaliga Nord (Tvn), di proprietà dell’Enel, Torrevaldaliga Sud (Tvs), di Tirreno Power, e quella di Montalto di Castro, distante circa 40 chilometri, sempre di proprietà dell’Enel. Montalto di Castro è una centrale in via di dismissione, poiché poco utilizzata. Tvn è una centrale a carbone da 1.980 megawatt (MW) che è stata costruita nel primo Dopoguerra, alimentata prima a olio combustibile. L’abbandono del carbone come fonte d’energia, in base a quanto previsto dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), è fissato per il 2025. Nel piano, è stabilito che la transizione energetica può essere basata su fonti fossili alternative. Enel ha scelto il sistema delle turbine a ciclo combinato per la sua transizione a gas, proponendo una centrale termoelettrica da 1.680 MW. Tirreno Power, che ha fatto questa scelta già nel 2004, a Tvs ha costruito una centrale con un impianto a ciclo combinato, due turbine da 1.200 MW complessivi. Nel novembre 2020 ha richiesto l’installazione di una nuova unità da 900 MW. Il 17 maggio ha deciso di abbandonare il progetto.
“Troppe lungaggini burocratiche”, ha dichiarato l’azienda. Le procedure di autorizzazione ambientale, obbligatoriamente necessarie per far partire la realizzazione di tali progetti, per entrambe le aziende sono ferme alla Valutazione di impatto ambientale (Via), una procedura gestita dal ministero della Transizione ecologica (Mite). Massimiliano Varriale, consulente energetico di Wwf Italia, spiega che “la transizione a gas è una decisione dettata dal capacity market”. Terna, il gestore della rete elettrica nazionale, si approvvigiona di energia mediante contratti a termine aggiudicati attraverso aste competitive. Per coprire le punte di carico in ogni area della rete, evitando così i blackout, le aziende si impegnano a mettere a disposizione l’energia sul “mercato della capacità” secondo la loro capacità di produrre, e non per la produzione effettiva. A ogni megawatt impegnato corrisponde un premio in denaro: circa 75mila euro all’anno.
“Il gas non è solamente la soluzione più semplice. Senza il capacity Market Enel non avrebbe mai preso la decisione di passare al gas”, fa notare Varriale. C’è anche da pensare che l’energia proposta grazie al capacity market diventerà componente tariffario delle nostre bollette. I costi fissi verranno remunerati a prescindere se l’impianto funzionerà o meno al massimo delle sue possibilità. Tutto dipende dai bisogni della rete. È Terna il gestore nazionale dell’energia elettrica ed è lei a decidere. Nell’ultimo anno, rivedendo le stime al rialzo, Terna ha richiesto 5.400 MW di nuova potenza. Eppure, i progetti proposti sono nell’ordine di tre volte tanto, quasi 15 gigawatt (GW) sparsi per tutta la penisola (vedi Altreconomia 237 di maggio 2021). “È sempre stato il nostro timore -ammette Varriale- ci ritroviamo con un numero spropositato di nuovi impianti a combustibile fossile. E ormai gli obiettivi comunitari hanno superato di gran lunga quelli del nostro Pniec”. L‘Europa chiede il 55% di riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2030. Per rispettare questo limite, secondo Varriale, dovremmo installare 6.000 MW di energie rinnovabili all’anno, mentre per ora ne installiamo circa 1.200 MW, secondo gli ultimi dati del 2019.
“Il gas è un combustibile gassoso, che si controlla con l’elettronica. La nuova centrale Tvn occuperà dalle 40 alle 60 persone. Ora ne conta più di 700” – Massimiliano Varriale
Il problema che investe Civitavecchia riguarda anche altre città sparse per la penisola. Michele Governatori, responsabile energia del think tank indipendente ECCO (eccoclimate.org), cita La Spezia, Monfalcone, Brindisi, tutti luoghi dove si utilizza ancora il carbone e dove sono previste riconversioni a gas: “Le centrali a carbone sono nate in prossimità di città portuali perché il combustibile doveva arrivare più facilmente possibile. Qui sta l’assurdità, si fa il gas dove non serve farlo”. Le infrastrutture del gas sono un grande stranded asset, ormai inutilizzabilli. “A Monfalcone (vedi a pag. 28 di questo numero, ndr) devono fare un gasdotto ad alta pressione apposta, perché non c’è -continua Governatori-. Un’intera infrastruttura da costruire, che sarà poi pagata dai clienti finali dell’energia”. Il consumo di gas è in calo costante dal 2005, una tendenza che non accenna a cambiare. Investire nelle rinnovabili è l’unica soluzione.
Varriale ricorda inoltre che “il gas è un combustibile gassoso, che si controlla totalmente con l’elettronica. La nuova centrale a Tvn occuperà dalle 40 alle 60 persone, non di più. Ora ne conta più di 700”. Queste tipologie di centrali si possono accendere direttamente dalla sala di controllo, premendo semplicemente un bottone, senza bisogno di molta manodopera. Tra i sindacati c’è stato un cambio di rotta, e ora anche loro si dicono contrari alla conversione voluta dall’Enel. Roberto Bonomi, sindacalista di base dell’Usb di Civitavecchia, ci tiene a rimarcare che il dramma delle nuove centrali sarà un mare di licenziamenti. Il sindaco Ernesto Tedesco fa sapere che la sua amministrazione ha già espresso parere contrario al nuovo progetto di Tvn, anche se ciò vale a poco: il dossier è in mano alla Regione, che tergiversa, mentre Enel si dice convinta a continuare sulla sua strada.
E intanto, a Civitavecchia, si continua a morire. Il dottor Giovanni Ghirga ha parlato a lungo della mortalità a Civitavecchia. Di formazione pediatra, è referente locale dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde, isde.it) ed esperto degli effetti del carbone sulla salute. I dati nel territorio parlano chiaro. La zona è al primo posto nel Lazio per mortalità causata da tumori di ogni tipo, ai polmoni, ai reni, all’intestino, ed è lo stesso Dipartimento epidemiologia e prevenzione (Dep) della Regione a specificarlo. “Queste malattie hanno un prezzo, un costo per la sanità pubblica -osserva Ghirga-. Secondo un calcolo dell’Unione europea il prezzo assistenziale medio per caso di tumore è di circa tre milioni di euro. Moltiplichiamolo per i costi delle malattie cardiovascolari, respiratorie e, più in generale, del neurosviluppo. La spesa totale è enorme”. Per Ghirga “di fronte alla decisione dell’Enel di passare al gas, bisogna scendere al loro piano e parlare di soldi”.
Ora la pandemia ha rallentato tutte le decisioni, ma il 2021 ha visto un rinnovato attivismo contro le centrali nella città laziale. Riccardo Petrarolo, di “No Al Fossile Civitavecchia”, afferma che “le manifestazioni sono fondamentali, generano ricordi comuni e momenti di analisi collettiva”. Petrarolo ha una lunga storia di attivismo. Ha cominciato quando aveva 15 anni e ha da poco passato i 40. Non è mai mancato alle ultime mobilitazioni, nemmeno agli scioperi degli operai da Tvn che si sono avuti in questi mesi.
Giada Sannino, giovane laureata in Progettazione degli ecosistemi a Bologna, a settembre scorso ha dato il via a una pulizia volontaria delle spiagge di Civitavecchia. Da lì, è nata l’esperienza di “Verde libera tutti”, un gruppo “aperto a tutte e tutti e liberi da legami”. Proprio a una di queste iniziative Petrarolo e Sannino si sono incontrati. Con loro, i comitati ambientalisti della città si sono conosciuti, continuando a fare ancora più rete e sensibilizzazione. Simona Ricotti ricorda che “Civitavecchia è al centro di un territorio inquinato prima di tutto nello spirito, nella cultura, nella politica. Tra noi attivisti diciamo sempre che prima ancora che la terra e l’aria, Enel ci ha inquinato le coscienze”.
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