Terra e cibo / Opinioni
Chi governa la ristrutturazione del sistema alimentare globale
Non solo Monsanto o Syngenta: le filiere di approvvigionamento del cibo sono sempre di più nelle mani di pochi. Il caso dei cereali. La rubrica di Riccardo Bocci di Rete Semi Rurali
È strano come le discussioni pubbliche sull’agricoltura in Italia siano tutte costruite attorno alla retorica del Made in Italy e del prodotto tipico, da tutelare e vendere all’estero, senza entrare nelle dinamiche in atto all’interno dei sistemi agroalimentari e nel modo in cui in questi anni il potere si stia riorganizzando.
Anche il tema dell’aumento dei prezzi dei cereali parallelo alla guerra in Ucraina è stato accettato come un dato di fatto incontestabile, legato alla riduzione della disponibilità da parte di fornitori impegnati nel conflitto. Un normale effetto delle leggi di mercato, si dirà. Alcuni recenti studi però hanno messo in evidenza come il commercio di frumento non abbia subito ripercussioni in termini di quantità assolute scambiate; che a livello mondiale sono aumentate di sei milioni di tonnellate nel 2021-2022 rispetto al periodo precedente.
In altre parole, la guerra in Ucraina sembra aver avuto un effetto trascurabile sia sulla produzione sia sull’utilizzo, persino associata a un aumento degli scambi sui mercati globali. Allora a che cosa dobbiamo gli aumenti del costo dei cereali? La risposta è semplice: la concentrazione del mercato nelle mani di poche, grandi aziende. Hanno aumentato in maniera unilaterale i prezzi, sapendo che tale pratica sarebbe stata accettata e giustificata dalla guerra. Infatti, nessun governo o autorità antitrust ha punito queste pratiche sleali. Uno dei principali fattori che ha permesso tutto ciò è la poca conoscenza da parte del pubblico di questo mercato e la sua scarsa trasparenza. Quando, come cittadini, parliamo di concentrazione in agricoltura abbiamo in mente i grandi “cattivi” come Monsanto o Syngenta che controllano il mercato sementiero. Ma non abbiamo nessuna percezione di come siano organizzate le filiere di approvvigionamento alimentare.
Sono 8,2 miliardi di dollari la cifra pagata dal colosso agroalimentare Bunge per l’acquisto della società olandese Viterra, controllata dalla svizzera Glencore
Pochi sanno che dietro l’acronimo “Abcd” si nascondono le quattro aziende che controllano il 90% del commercio mondiale di cereali: Archer Daniels Midland (Adm), Bunge, Cargill e Louis Dreyfuss. Questo elevato livello di concentrazione, che potremmo definire monopolistico, ha portato queste aziende a detenere un controllo quasi totale delle filiere che ha consentito loro di avere un aumento significativo degli utili nel periodo della guerra. Nel 2022, ad esempio, Adm ha registrato un aumento dei profitti del 74% rispetto al 2021. È interessante notare che nei libri di economia un rapporto CR-4 (la quota di mercato delle quattro maggiori imprese in un settore) superiore al 40% è indice di non competitività, che porta i guadagni di efficienza derivanti dalle economie di scala a diventare profitti delle aziende, utilizzati per accelerare ulteriormente il loro consolidamento.
Nel giugno 2023 Bunge (azienda statunitense specializzata in mais, colza e soia) ha acquistato Viterra, leader nel settore del frumento e controllata dalla svizzera Glencore con i fondi pensionistici canadesi. Se nessuna autorità antitrust interverrà per fermare questa fusione assisteremo a una ristrutturazione di “Abcd”, con “B” che supererà “A”, avvicinandosi al fatturato della statunitense Cargill.
Anche la speculazione finanziaria, attraverso il mercato dei future, ha contribuito al rialzo dei prezzi, dimostrando come le nuove regolamentazioni messe in campo da Stati Uniti ed Unione europea dopo la crisi alimentare del 2007-2009 non stiano servendo a molto. Concentrazione, consolidamento, riduzione del numero degli attori sono gli assi intorno cui si sta ristrutturando e uniformando il sistema alimentare globale. L’assenza di dibattito su questi temi nella politica agricola italiana, tutta impegnata a difendersi dalla carne sintetica, denota quanto sarà difficile invertire queste tendenze.
Riccardo Bocci è agronomo. Dal 2014 è direttore tecnico della Rete Semi Rurali, rete di associazioni attive nella gestione dinamica della biodiversità agricola
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