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Carabinieri dalla parte del patrimonio

Intervista a Gianluca Ferrari, capo della sezione "Operazioni e logistica" del primo organismo di polizia specializzato nella tutela dei beni culturali, istituito in Italia nel maggio 1969. Dalle finalità al sistema di reclutamento, dall’organico ai poteri a disposizione per affiancare strutture pubbliche e private

Il capitano Gianluca Ferrari è a capo della sezione “Operazioni e logistica” del Comando dei carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale. Si tratta del primo organismo di polizia specializzato istituito al mondo, nel maggio del 1969. È compreso negli Uffici di diretta collaborazione del ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, al quale è chiamato a rispondere “funzionalmente”. Il “Comando”, come racconta Ferrari, si occupa tra le altre cose della tutela di un patrimonio vastissimo. Ad esempio, dei 4.588 musei o istituti similari, pubblici e privati, aperti al pubblico nel 2011 censiti dall’Istat (che a fine gennaio ha avviato una nuova indagine). Un’attività duplice, preventiva e repressiva, condotta con un organico di 270 militari per tutto il Paese; fiore all’occhiello è inoltre la “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti” informatizzata, database che quest’anno ha raggiunto 5,8 milioni di oggetti censiti e 600mila immagini.
 
“Il Comando ha finalità insite nella sua stessa denominazione -spiega Ferrari-. La tutela è finalizzata alla prevenzione e repressione di tutte quelle condotte che costituiscono un’aggressione al patrimonio culturale. Si tratta dunque di acquisire le notizie di reato, individuarne gli autori, assicurarli alla giustizia, evitare che i reati possano portare ad ulteriori conseguenze; tutti compiti che riguardano il nostro ruolo di Polizia giudiziaria, seppur specificamente rivolto ai beni culturali. Recuperare beni culturali illecitamente sottratti è una missione a suo modo entusiasmante: il nostro “premio”, che coincide con quello della collettività, sono opere d’arte, non droga o refurtiva varia ma beni che indipendentemente dal valore e dalla proprietà, nazionale o privata, sono tasselli unici della nostra storia e della nostra cultura”. 
 
Esistono reati tipici in questa materia?
“La sottrazione illecita ha diverse declinazioni. Dal furto all’impossessamento illecito, effettuato dai tombaroli, cioè coloro che svolgono ricerche non autorizzate e sottraggono al patrimonio indisponibile dello Stato reperti archeologici giacenti nel sottosuolo o nei fondali marini, alla truffa, alla contraffazione di opere d’arte. Ma anche i reati di Ricettazione e riciclaggio caratterizzano la filiera  dei beni sottratti il cosiddetto traffico illecito di beni culturali”.
 
Daniele Jalla, ex direttore dei Musei cittadini e oggi presidente della rappresentanza italiana dell’International Council of Museums (ICOM), sostiene che tra i limiti principali alla sicurezza dei musei italiani vi sia anche il fatto che i “consigli” e “suggerimenti” forniti dal Nucleo Comando ai gestori non siano vincolanti. Ferrari, sul punto specifico, preferisce non addentrarsi, ma specifica che, “pur non costituendo attestazione o “certificazione” del grado di sicurezza della struttura/area, le risultanze del sopralluogo effettuato dal TPC vengono inviate all’Ente da cui dipende l’installazione esaminata e questo nell’ottica di favorire una più ampia e condivisa collaborazione, assicurando un virtuoso ed efficace flusso informativo tra gli organi competenti a valutare la situazione dell’installazione culturale anche dal punto di vista della sicurezza anticrimine”.
“La componente preventiva, in ogni caso, è sempre funzionale ad evitare che i reati possano essere commessi e, in quanto tale, è un’attività che si compendia solo nel numero dei servizi effettuati; non vi può essere statistica di quante aggressioni al patrimonio culturale siano state evitate grazie alla nostra attività preventiva. Non si tratta solo di sopralluoghi nei musei e nelle installazioni culturali (statali, comunali, ecclesiastiche): l’attività preventiva si svolge anche nelle aree di interesse paesaggistico o archeologico, nei siti riconosciuti dall’UNESCO quale patrimonio dell’Umanità, cui si affianca un monitoraggio costante del commercio (anche in Rete) e sulle piattaforme classiche (gallerie, mercati di settore). Accediamo agli esercizi antiquariali e di settore con verifiche tipiche della polizia di sicurezza, verificando la documentazione prevista e verificando i beni esposti al commercio. Per poter fare tutto ciò ci affidiamo alla Banca dati, potentissimo strumento che contiene tutte le informazioni sulle aggressioni al patrimonio culturale privato e pubblico”.
 
A proposito dell’organico -circa 300 militari- il capitano Ferrari ricostruisce anche la filiera di un reclutamento così specializzato dei militari.
“L’accesso al Comando avviene innanzitutto dall’Arma -racconta-, e ciò significa che per poter essere un appartenente al Comando CC TPC è necessario prima essere carabiniere, superare prove di selezione e concorsi per entrare nell’Arma. La selezione poi avviene dall’interno, e viene operata anche attraverso il Centro nazionale selezione e reclutamento, con interpellanze interne. I militari che riuniscono i requisiti ritenuti necessari per ripianare le esigenze vengono preselezionati. La prova di preselezione è un esame scritto e orale che viene effettuato su materiali specifici, come il Codice dei beni culturali, ad esempio, che viene trasmesso ai vari candidati). I candidati si preparano presso i loro comandi mentre proseguono nelle attività dei reparti di appartenenza. Poi vengono convocati a Roma, dove una commissione ne esamina la preparazione e ne verifica preliminarmente l’idoneità. Segue un corso di specializzazione valutativo di 5 settimane, svolto da personale interno, magistrati, funzionari del ministero, rappresentanti di organizzazioni internazionali come l’UNESCO, ICOM, UNIDROIT, etc.. Infine c’è l’esame di specializzazione, con una commissione giudicatrice composta da ufficiali TPC ed un membro del Mibact. Una volta conseguita la specializzazione, il militare potrà accedere al reparto”. 
 
Quali sono i punti di forza della sicurezza del patrimonio e quali invece le priorità sulle quali intervenire?
“Un punto su cui riflettere è certamente quello della quantità e della disseminazione del patrimonio culturale sul territorio nazionale. Si tratta poi di tutelare forme molto diverse, come un archivio, un museo, una pinacoteca, una biblioteca e le relative collezioni, anch’esse con esigenze di conservazione, tutela e fruizione proprie. Anche le proprietà sono molteplici, da quella statale a quella religiosa, fino a musei con beni vincolati, di fondazioni private. Tutto è migliorabile, anche se per nostra esperienza il quadro della sicurezza anticrimine, in termini generali, può ritenersi positivo. Ritengo sia inoltre necessario considerare il bilanciamento tra le esigenze di tutela e quelle opposte della fruizione; è necessario esaminare ed adeguare il livello della sicurezza a seconda dell’interesse e della presumibile appetibilità di una determinata opera o della collezione museale da parte della criminalità. Estremizzando e sintetizzando, se tutti i beni culturali fossero in un bunker con sorveglianza armata, la sicurezza sarebbe pienamente assicurata, ma questa piena sicurezza impedirebbe la fruizione, l’accesso alla collettività, che, rammento, unitamente alla valorizzazione e alla tutela forma il trinomio che identifica la visione del legislatore sul patrimonio culturale e permea il Codice stesso dei beni culturali e del paesaggio”. 
 
Dopo i fatti del Museo di Castelvecchio a Verona e la clamorosa rapina di fine novembre scorso, il ministro Dario Franceschini ha promesso al sindaco Flavio Tosi piena collaborazione, dichiarando di aver messo a disposizione la miglior competenza in materia d’indagine.
“Trattandosi di un evento reato -spiega Ferrari- intervengono polizia giudiziaria e magistratura. Se il pm che ne viene informato lo ritiene, questi può valutare se affiancare alla polizia giudiziaria intervenuta per prima sul fatto e a cui normalmente competono le indagini, la specialità rappresentata, in questo contesto, dal Comando CC TPC”.
 
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