Economia / Attualità
“Buy nothing day”: stop ai consumi per salvare il Pianeta. Non un giorno solo
Per affrontare la crisi climatica che stiamo attraversando dobbiamo ripensare a tanti aspetti della nostra vita e cultura e ridurre i nostri consumi. L’appello di Kalle Lasn, il fondatore della rivista canadese Adbusters che ha contribuito a lanciare in tutto il mondo la giornata senza acquisti (in contrapposizione al Black Friday)
“Anche quest’anno cercheremo di convincere le persone a fare il grande passo: rinunciare agli acquisti almeno per un giorno. Abbiamo pubblicato contenuti sul nostro sito Internet, i nostri attivisti e performer saranno presenti nei mall e nei centri commerciali. L’obiettivo è sempre lo stesso: innescare una reazione capace di ispirare il mondo e generare un cambiamento positivo. La speranza è che il movimento continui a crescere perché la riduzione dei consumi è una delle possibili soluzioni per uscire dalla crisi climatica in cui ci troviamo”. Kalle Lasn, classe 1942, è uno dei fondatori di Adbusters, una rivista canadese fondata nel 1989 a Vancouver che -già nel nome- sintetizza la sua missione: Ad (da advertising, pubblicità) e busting (dal verbo to bust, ovvero rovinare). Da più di trent’anni sulle sue pagine porta avanti una critica radicale al mondo della pubblicità e a tutto il sistema socio-culturale ed economico che sta alla sua base. Una pratica che si è manifestata anche in manifestazioni concrete come “Occupy Wall Street”.
“Volevamo combattere la cultura consumista in cui eravamo immersi -racconta Lasn ad Altreconomia-. Era il 1992 quando Ted Dave, un artista locale di Vancouver, è entrato in redazione urlando: ‘Ho l’idea giusta: il buy nothing day!’. La sua proposta ci è piaciuta fin dall’inizio, abbiamo preparato un poster e lo abbiamo pubblicato sul numero successivo di Adbusters invitando le persone ad astenersi dagli acquisti per un giorno. Poi abbiamo messo tutto online. Nel giro di pochi anni l’iniziativa ha cominciato a diffondersi prima a Portland, in Oregon, poi in California. Poi il Buy nothing day ha fatto la sua comparsa a Chicago, ad Austin in Texas. E all’improvviso è apparso nel Regno Unito: il primo Paese europeo che ha rilanciato l’iniziativa ribattezzandola ‘No shop day’. Senza che ce ne rendessimo conto, in pochi anni veniva celebrato in 65 Paesi”.
Dalla redazione di una rivista di Vancouver è nata un’idea semplice ma rivoluzionaria: rinunciare agli acquisti nello stesso giorno in cui si celebra il Black friday, la giornata che i cittadini statunitensi tradizionalmente dedicano agli acquisti all’indomani del giorno del Ringraziamento. Anche grazie a campagne di marketing sempre più martellanti e aggressive il giro d’affari legato a questo appuntamento è cresciuto sempre più: secondo Forbes, nel 2019 il valore delle sole vendite digitali aveva raggiunto negli Stati Uniti quota 7,2 miliardi di dollari. E da alcuni anni l’appuntamento con il Black friday ha varcato l’oceano e viene celebrato anche in Europa e in Italia.
“I primi dieci anni del Buy nothing day sono stati fantastici: il movimento ha continuato a crescere e a diffondersi in tutto il mondo. Poi a un certo punto l’entusiasmo ha iniziato a scemare e l’appuntamento ha perso un po’ il suo dinamismo, ma noi abbiamo continuato a perseverare”, ricorda Lasn. La situazione è cambiata nuovamente nel momento in cui il cambiamento climatico è diventato un tema sempre più presente nel dibattito pubblico: “Con la consapevolezza che all’improvviso ci siamo trovati in una crisi esistenziale che forse non sappiamo risolvere, il Buy nothing day è tornato nuovamente a essere un tema rilevante. Ed è iniziata una nuova fase: i giovani hanno iniziato a manifestare, a uscire dalle scuole e scioperare per il clima: hanno iniziato a contestare anche il Black friday e a criticare il consumismo sfrenato”.
Gli slogan e le immagini scelte da Adbusters per l’edizione 2021 del Buy nothing day richiamano apertamente il nesso tra consumismo e crisi climatica: “Noi, il miliardo di ricchi, dobbiamo cambiare il nostro stile di vita se l’umanità vuole avere un futuro -si legge sul sito della rivista-. Ognuno di noi divora tre volte le risorse di un cinese, dieci volte quelle di un indiano e quindici volte quelle di un africano. Vomitiamo plastica e carbonio. Il problema siamo noi!”. L’invito è quello a “fare il grande passo” e il Buy nothing day rappresenta un’occasione “per iniziare a mettere le cose a posto. Con noi stessi e con tutta la nostra cultura del consumo”.
“Penso che il tema del consumismo sia quasi tabù. Le persone non amano parlarne eppure noi, gli abitanti della parte più ricca del mondo, consumiamo troppo -riflette Lasn-. Questo è il punto centrale: siamo noi quelli che abbiamo prodotto la quota maggiore di emissioni e siamo noi che dobbiamo imparare a vivere diversamente se vogliamo avere un futuro. La sensazione è che se vogliamo sopravvivere alla crisi che stiamo attraversando dobbiamo ripensare a tanti aspetti della nostra vita e cultura. Dobbiamo ripensare al Natale, magari anche ad Halloween, a tutti quei riti e quelle tradizioni che negli ultimi cinquant’anni sono diventati occasione di consumismo sfrenato”.
Proprio ai giovani, protagonisti delle marce per il clima, Kalle Lasn guarda con fiducia e speranza: “L’industria della pubblicità e del marketing ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi cinquant’anni. Ha un’influenza enorme sulla vita delle persone, in particolare sui più giovani, che sono cresciuti in una cultura che li bombarda con centinaia di inserzioni pubblicitarie al giorno. Ma perché in una cultura in cui già consumiamo troppo c’è bisogno di spendere centinaia di miliardi di dollari in pubblicità per spingere la gente a consumare ancora di più? -riflette Lasn-. Penso che nei prossimi anni anche il marketing e l’industria della pubblicità saranno prese di mira e a farlo saranno i giovani della cosiddetta ‘Generazione Z’: la pubblicità sarà vista come qualcosa di puzzolente. Diventerà qualcosa che non vogliamo più vedere perché ha contribuito a creare quella situazione che stiamo vivendo oggi con la crisi climatica. E penso che saranno i più giovani a portare avanti questa battaglia”.
“Diciamo spesso che non bisogna colpevolizzare gli individui per quello che sta succedendo al Pianeta -rilancia Martina Comparelli, portavoce di Fridays for future Italia-. Ma è importante ricordare che il cambiamento climatico è causato anche dalla crescita continua, dalla produzione eccessiva di beni e dal consumo che non si ferma mai: in questo anche i comportamenti dei singoli possono aiutare. Così è importante cercare di uscire da questa mentalità consumistica”. Per Comparelli giornate come il Black friday sono sintomo di una situazione più complessa: “Siamo stati abituati a legare la felicità al consumo e agli acquisti. Occorre invece rompere questo schema anche perché giornate come il Black friday arricchiscono le aziende e hanno un impatto sull’ambiente in termini di emissioni e di spreco di risorse. Non fare un acquisto è un gesto ‘ribelle’ ma fare attivismo ogni giorno, per contrastare la mentalità consumistica e il suo legame con la crisi climatica, è un gesto rivoluzionario”.
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