Altre Economie
“Bioanch’io”, un emporio per la mente
Nata da un progetto culturale, figlia della cultura cooperativa, la nuova bottega del biologico a filiera corta di Mantova poggia su basi solide e sulla fiducia dei cittadini —
L’altra economia a Mantova viaggia a pedali, su due ruote fiorite. La bici con i colori della primavera è il logo di Bioanch’io, cooperativa nata a dicembre del 2011 con l’obiettivo di favorire il consumo consapevole e la partecipazione. Dopo 3 mesi di attività, Bioanch’io -che conta 350 soci- ha aperto alla città le porte di due spazi di partecipazione democratica attraverso il consumo: una bottega di 100 metri quadri dove perdersi alla scoperta di un’alimentazione diversa, tra prodotti sfusi e biologici, e una sala da 70 posti che ospita incontri con i produttori e dibattiti sui temi della decrescita, dell’ambiente e della salute. L’idea di fondare un presidio a sostegno di un’economia solidale ha radici nell’iniziativa di 8 persone di diverse professionalità (5 medici, un architetto, una contabile e un ex-insegnante) già attive nel Movimento decrescita felice di Mantova (decrescitafelicemn.eu). Nel dicembre 2010, per coinvolgere i cittadini e le associazioni del territorio, i soci fondatori della futura cooperativa hanno organizzato un lungo percorso, costellato di incontri pubblici e assemblee, e nell’arco di un anno hanno raggiunto centinaia di persone. “La decisione di fondare una cooperativa ‘di consumo’ è frutto di questo percorso -spiega Pietro Girardi, presidente di Bioanch’io, medico ortopedico e insegnate di yoga-: la cooperativa è la forma giuridica che si adatta meglio ai nostri ideali, perché garantisce partecipazione ampia e democraticità del progetto. Bioanch’io è una cooperativa di consumo perché l’impegno prevalente dei soci consiste proprio nel ripensare gli acquisti, nel senso di un’economia frugale e solidale”. E non solo. Bioanch’io è una cooperativa a mutualità prevalente: il 50% più 1 del fatturato dev’essere dato dagli acquisti dei soci, indicatore di un progetto che rivendica l’importanza della partecipazione, pensato per gli associati.
Inserendo la proposta nel dibattito locale, i promotori di Bioanch’io sono riusciti ad allargare la base sociale della loro intuizione. Il progetto ha accolto consensi tra i cittadini, guadagnando “un credito di fiducia inaspettato”, come dice Pier Paolo Galli, socio, ex-insegnante e attivista di lunga data. Ancora prima di inaugurare la bottega, a fine marzo, Bioanch’io contava già 200 soci: 80 di questi sono “prestatori”, e hanno sostenuto il progetto con quote da 500 euro (e multipli) che vanno a formare il prestito sociale della cooperativa. I soci ordinari, invece, partecipano con quote di 30 euro, che arricchiscono il capitale sociale di Bioanch’io. In assemblea tutti hanno diritto a un voto. Fino a oggi Bioanch’io ha accumulato un capitale sociale di 100mila euro, e ha contratto un mutuo di 40mila euro con Banca Etica, per raggiungere i fondi necessari a portare avanti il progetto. Mutuo a parte, sono le entrate della bottega a garantire la sostenibilità del progetto culturale: secondo le previsioni iniziali, un incasso di 40mila euro al mese (pari a una spesa media mensile di 100 euro per 400 persone) ne garantirebbe la stabilità economica. “Nei primi due mesi il bilancio è stato inferiore alle previsioni: 33mila euro ad aprile e 29mila a maggio -dice Pietro-. In molti si sono associati per sostenere un progetto in cui credono, ma hanno mantenuto vecchie abitudini e non vengono a fare la spesa. Perciò serve continuare con l’attività culturale, contaminando la città con idee e progetti nuovi, capaci di aggregare le persone”.
Va in questa direzione l’esperienza dei gruppi di lavoro, che da un mese si ritrovano con cadenza settimanale o quindicinale. Tra questi, i più partecipati fino a ora sono la “commissione qualità”, composta da 10 persone, che segue la qualità dei prodotti e la scelta dei produttori, e il gruppo “Università del saper fare”, che promuove incontri di autoproduzione, dalle conserve alla sartoria creativa. Difficilmente c’è un posto libero nella sala polivalente in occasione delle serate organizzate da Bioanch’io: in oltre 12 iniziative nell’arco di 2 mesi si è parlato di alimentazione naturale e finanza etica, architettura sostenibile e tutela del territorio. Quattro di queste serate sono state dedicate all’incontro con i produttori: Maurizio Gritta della cooperativa agricola Iris, Elena Diversi del “Podere erba buona” e l’azienda “La fattoria della mandorla”. I frutti del loro lavoro si possono assaggiare e acquistare nella bottega accanto. L’emporio impiega 2 persone part-time e altre 3 a chiamata. C’è poi Elisabetta, che lavora nel mondo del “bio” da 25 anni e ha aiutato Bioanch’io ad avviare la bottega, curando l’esposizione e la selezione dei produttori. È lei a condurmi tra le pareti bianche e lilla dell’emporio, a curiosare tra gli scaffali di legno recuperato e i cestini di vimini, nei dispenser dei prodotti sfusi e tra le credenze colorate. I frutti e gli ortaggi freschi dalla cooperativa agricola Ca’ Magrè (Isola della Scala, Vr; camagrecoop.net) guardano la vetrina dentro grandi ceste, accanto al bancone di legno. Di lato, nel banco frigo, i formaggi hanno forme e nomi curiosi: i caprini dell’azienda “Le capre della selva romanesca” (Frassinoro, Mo; lecapredellaselvaromanesca.it), le formaggelle e il grana di Tomasoni (Gottolengo, Bs; biocaseificiotomasoni.it). Qui i profumi dei formaggi si confondono con quelli del pane: pagnotte a lievitazione naturale vengono dai forni veronesi di Ceres (panebioceres.it) e Natura e vita, e dal panificio Astori di Coccaglio (Bs), che recupera varietà di grani ormai scomparsi. “A Mantova nessun panificio lavora la pasta madre e materie prime naturali, perciò stiamo avviando un progetto per sostenere una giovane panettiera nella conversione a biologico, con l’incentivo di acquistare il suo pane” spiega Pietro. “Il bio sfuso è più ecologico” si legge sulla lavagna che sta sotto alla lunga fila di dispenser: pasta e farine di Iris (Calvatone, Cr; irisbio.com), socia prestatrice di Bioanch’io; legumi e cereali dell’azienda agricola Torre Colombaia (San Biagio della Valle, Pg; torrecolombaia.it); grani di caffè equo e solidale e tante varietà di riso. Il miele artigianale è quello de “Il favo d’oro” (Chions, Pn; agricolturafavodoro.com); mentre nell’angolo dedicato alla cura dell’igiene -della casa e del corpo- si trovano i prodotti naturali di Rebis (Persico Dosimo, Cr; rebis-cosmetici.it) e Officina Naturae (Rimini, officinanaturae.com). Il lambrusco della Corte Pagliare Verdieri e il caffè della torrefazione Salomoni (salomoni.net) sono i prodotti che meglio rappresentano il concetto di “km 0”: prodotti in territorio mantovano, ricordano l’importanza dell’economia di prossimità, che Bioanch’io vuole alimentare. Le essenze aromatiche e officinali del piccolo “Podere erba buona” (Baiso, Re; podereerbabuona.it) fanno capolino dai cassetti bianchi del mobiletto che presidia il centro del negozio: qui si trovano gli unici prodotti non commestibili della bottega, libri e riviste specializzate (tra cui Ae) per nutrire anche la mente. Infine, c’è un distributore di acqua microfiltrata, gassata e non, distribuita gratuitamente: è un presidio politico, ci ricorda che l’acqua non è una merce.
Ogni socio ha una tessera magnetica che registra i consumi, i prodotti scelti e la spesa media. Uno strumento utile per fare una valutazione sui prodotti proposti in bottega, rinnovando le forniture in base alle esigenze dei soci. “Vorremmo riuscire a quantificare gli ordini in anticipo, per accordarci con i produttori tramite un pre-acquisto dei loro prodotti per l’anno successivo, supportando così il loro lavoro”, spiega Pietro. La spesa di Bioanch’io, infine, vuole essere accessibile a tutti: la cooperativa ha deciso di applicare un ricarico minimo sui prodotti, del 30% (secondo Aiab, quello medio si attesta sul 40%). Perché tutti possano acquistare i prodotti da infilare nel cestino della bicicletta. —