Diritti / Approfondimento
“Beyond borders”, la rete che supera i confini nazionali per sostenere le vittime di tratta
Gli enti antitratta italiani e francesi uniscono le forze per garantire un sostegno migliore alle persone che si spostano tra diversi Paesi europei cercando di fare luce sulla volontarietà o meno di questi movimenti. Il rischio di “controllo” da parte delle reti criminali resta alto
“Quello della tratta di esseri umani è un fenomeno che supera le frontiere di un singolo Stato: se le opportunità che garantiamo alle persone nelle mani degli sfruttatori sono limitate ai confini nazionali è una partita già persa in partenza”. Non ha dubbi Roberta De Rosas dell’ente antitratta Autres Regards, attivo a Marsiglia, nel Sud della Francia, che sintetizza con queste parole l’obiettivo della rete informale “Beyond borders”, presentata ufficialmente il 24 e il 25 febbraio a Ventimiglia.
Associazioni attive in Italia e in Francia “specializzate” sul supporto delle vittime di tratta hanno deciso di unire le forze per garantire una risposta più efficace per le persone e fare luce sui “movimenti secondari” di persone potenzialmente sfruttate dalle reti criminali in diversi ambiti, dalla prostituzione alle attività illecite. “Da due anni a questa parte sono aumentati i rientri di donne di origine nigeriana che tornano da Germania e Francia, con vicende e storie complicate da ricostruire e ‘rileggere’ -spiega Alberto Mossino, direttore del Piam onlus-. Era difficile comprendere la paternità dei bambini, il ruolo degli accompagnatori, dei mariti, e la ragione della mobilità di queste donne senza una logica facile da ricostruire; questa rete è nata proprio con l’idea di condividere informazioni per poter aiutare al meglio queste persone”.
Come abbiamo già raccontato su Altreconomia, lo sfruttamento delle vittime della tratta è in continua evoluzione. Dai classici ambiti di sfruttamento come la prostituzione, si diversificano le attività che le vittime sono obbligate a svolgere. A questo si aggiunge l’elemento dell’estensione delle reti criminali per cui i confini nazionali non esistono: le loro attività “spaziano” da un Paese all’altro, senza limiti. E proprio per questo Ventimiglia, luogo in cui è stata presentata la rete, è diventata negli ultimi anni un punto di osservazione fondamentale.
Specialmente nelle città del Nord Italia, l’alto numero di rientri da diversi Paesi europei (soprattutto Francia) di donne di origine nigeriana ha interrogato molto le associazioni specializzate. Motivo per cui sono state interpellate le “cugine francesi”. “Tra il 2018 e il 2019 diverse donne di origine nigeriana sono arrivate sul nostro territorio per motivazioni molto diverse -spiega Vanessa Simonini, responsabile della Missione di intervento e informazione con la tratta (Mist) che opera a Parigi-. C’è chi è arrivata ‘obbligata’ dagli sfruttatori, chi per cercare una forma di regolarizzazione a seguito del ‘fallimento’ dei percorsi in Italia”. In ugual modo, anche sui rientri delle persone verso l’Italia è difficile dare una lettura unitaria del fenomeno. “Alcuni sono movimenti forzati, altri legati alla procedura Dublino, altri ancora alla mancata regolarizzazione in Francia per diversi motivi”, sottolinea Simonini.
Quel che è certo è che la rete criminale nigeriana è in continua evoluzione anche con riferimento ai cosiddetti Cults, le ormai note confraternite nate negli anni Settanta, in Nigeria, come associazioni studentesche segrete e poi “trasformate” in organizzazioni criminali. L’osservazione da Parigi, proposta da Simonini, parla di un “conflitto generazionale”. “Nascono come gruppi in cui la segretezza delle attività e dell’affiliazione ai gruppi è un ruolo centrale. Negli ultimi anni in Europa sono arrivati ragazzi giovanissimi, spesso non primogeniti e quindi senza accesso all’eredità con una scolarizzazione molto bassa. Sono stati reclutati facilmente ma hanno rotto gli schemi pubblicando video della loro vita sul web. Vogliono essere popolari e visibili e questo dà fastidio ai ‘vecchi’. In generale il ruolo degli uomini anche nello sfruttamento delle donne ha un peso sempre importante”.
I cosiddetti “movimenti secondari”, sempre di più ostacolati, tra l’altro, dalle istituzioni nazionali ed europee che limitano la mobilità interna al continente per chi è richiedente asilo, possono nascere da diverse motivazioni: la volontà di cercare un lavoro in un altro Paese, oppure il coinvolgimento delle reti nello spostamento delle “vittime”. In altri casi, queste dimensioni non sono così definite o comunque la vulnerabilità della persona nel momento di arrivo nel “nuovo” Paese può esporla a situazioni nuovamente di sfruttamento. E il movimento non è diretto solo verso la Francia. “Alfa”, un progetto sperimentale dedicato alle potenziali vittime di tratta realizzato in Piemonte tra il 2019 e il 2022 ha visto inserite in accoglienza ben 38 donne provenienti da Francia (21) ma anche Germania (13). Per questo motivo la rete Beyond borders punta a sviluppare collaborazioni anche con gli enti antitratta tedeschi che spesso seguono persone provenienti dai Paesi del Sud Europa.
“In prevalenza donne di origine nigeriana e camerunense che sono state sfruttate in Italia, Spagna e Francia e poi hanno raggiunto il nostro Paese successivamente”, spiega Luisa Eyselein del progetto The Justice Project. In Germania denunciare i propri sfruttatori spesso è l’unica via per vedersi riconosciuto un documento se le condizioni del proprio Paese d’origine non permettono di ottenere l’asilo. Ma anche la strada della denuncia garantisce una protezione debole: si diventa “irregolari” se il procedimento penale viene archiviato o non si arriva alla condanna degli imputati. Spesso, siccome le persone denunciano fatti avvenuti in un altro Paese, la comunicazione “transazionale” tra le procure non facilita la procedura. In Germania nel 2021, in totale, sono state registrate 417 denunce legate allo sfruttamento sessuale (nazionalità principali tedesca, bulgara, romena, cinese, ungherese e nigeriana) e 117 per sfruttamento lavorativo (Bosnia ed Erzegovina, Romania e Germania). Non tutte queste denunce riguardano casi che poi si “consolidano” sotto il cappello della tratta di esseri umani. Eyselein sottolinea però come si stima che solo il 10% delle vittime arrivi a denuncia.
Sempre con riferimento alla Germania, un altro tema centrale, rispetto ai rientri delle donne di origine nigeriana in Italia, è la procedura Dublino. “Prima del 2018 quando una persona veniva identificata come vittima di tratta la Germania si prendeva in carico la richiesta anche in caso di primo approdo in un altro Paese europeo -spiega l’avvocato Ulrich Steige membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)-. A partire dal 2020, invece, l’aumento del numero delle richieste d’asilo ha portato a una ‘stretta’ delle autorità che applicano Dublino anche per chi è stato vittima di tratta. In questo caso, i tempi stretti rendono molto difficoltoso bloccare il trasferimento”. Un viaggio di “rientro” che può tradursi in una nuova traumatizzazione di persone che già vivono una condizione di grande vulnerabilità. Per questo motivo, The Justice Project in collaborazione anche con progetti italiani ha dato avvio a un progetto di counselling e sostegno per le persone trasferite tramite Dublino.
Durante la due giorni di approfondimento si è anche parlato della situazione di Ventimiglia, in cui manca un centro di accoglienza per le persone in transito che garantisca alle persone un sostegno adeguato. “I passaggi sono nuovamente in crescita: nel 2022 ne abbiamo registrati più di 17mila -spiega Maurizio Marmo, presidente di Caritas Intemelia-. Rispetto alla tratta c’è spesso difficoltà nel capire cosa succede: vediamo però una media di 8 donne al giorno”.
Con riferimento alla cittadina ligure si è anche affrontato il tema dei Minori stranieri non accompagnati (Msna), un target “perfetto”, spesso, per trafficanti e sfruttatori. Motivo in più per garantire una maggior collaborazione anche su questo tema tra enti specializzati sulla tratta e coloro che si occupano invece di accoglienza di minori. Numeri importanti, che si registrano anche a Oulx, sulla rotta alpina. “Delle 3mila persone incontrate il 10% sono donne: di queste, la metà proviene da Camerun, Guinea e Costa d’Avorio e si presentano principalmente sole”, spiega Martina Cociglio, operatrice legale di Diaconia Valdese.
Proprio la Costa d’Avorio è un tema su cui diversi enti antitratta si stanno interrogando: sono un profilo sempre più importante negli sbarchi e nel giro di uno, due giorni sono già nel Nord Italia per attraversare il confine italo-francese. Le “motivazioni” di questi movimenti sono ancora da approfondire e chiarire. “Ma i numeri sono raddoppiati -spiega l’avvocato Giovanni Papotti dello studio Kriol di Torino e socio Asgi- parliamo di 1256 donne nel 2021 contro le 607 del 2020. Serve attenzionare anche la Guinea che registra un aumento del 60% con 600 sbarchi nel 2021. Anche su questo, avere collaborazioni che superano i confini nazionali aiuta. Diventa più facile ‘leggere’ certi fenomeni”.
Ed è proprio questo l’obiettivo ultimo di Beyond borders. “Questa rete nasce con l’obiettivo di collaborare per garantire il più possibile il rispetto dei diritti delle persone coinvolte: siamo consapevoli che dove questi vengono sospesi, cresce lo spazio per lo sfruttamento”, conclude De Rosas di Autres Regards. Per Pasqua De Candia del Ciss di Palermo, un altro dei partner “fondatori” della rete, serve unirsi per “non diventare esecutori di politiche che illegalmente rendono invisibili le persone trasformando i trafficanti, gli sfruttatori, nell’unica speranza possibile”. Non solo in Italia, Francia e Germania. “Vogliamo arrivare anche in Spagna e Belgio, più saremo capaci di allargare la rete, più avremo risposte più efficaci per le persone”.
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