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Al di sopra della legge, all’assalto dei numeri

I dati giusti e le competenze sono i peggiori nemici per chi occupa il potere. Perché rovinano la narrazione tossica dei governanti. Il primo tentativo, quindi, è quello di denigrarli. Poi di controllarli. Succede anche in Italia. L’editoriale del direttore di Altreconomia, Pietro Raitano

Tratto da Altreconomia 213 — Marzo 2019
© Jon Tyson - Unsplash, unsplash.com

Un regime che si rispetti cerca di porre i potenti che lo compongono al di sopra della legge, con tanto di plauso popolare. Uno sguardo rapido al mondo offre casi piuttosto evidenti, dagli Stati Uniti alla Cina senza esclusione di continenti. Anche in Italia, nel nostro piccolo, assistiamo al tentativo dei governanti di turno di confondere mandato popolare (una responsabilità) con libertà di spadroneggiare (una irresponsabilità). Il quesito che chiedeva ai militanti del primo partito di pronunciarsi in merito all’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno sul caso Diciotti -177 migranti appena salvati sequestrati su una nave dal governo- è stato esemplare: agli sparuti attivisti partecipanti al “voto” di metà febbraio -ovviamente privi di carte processuali e probabilmente di competenza- è stato chiesto non tanto di dare indicazioni ai parlamentari che li rappresentano, ma addirittura di sostituirsi al sistema giudiziario, chiedendo loro di fatto di stabilire innocenza o colpa del suddetto ministro. Il Parlamento è stato una volta di più umiliato, l’articolo 67 della Costituzione (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”) considerato carta straccia, la dignità dei parlamentari -che si vorrebbe ridotti a passacarte- è una specie estinta  e in fin dei conti la separazione dei poteri, fondamento dello Stato di diritto e della democrazia liberale, la si può archiviare, con buona pace di Montesquieu.
Eppure non basta. I regimi non si scontrano solo con la legge, fastidioso ostacolo al compimento del potere. C’è qualcosa di ben più ostico, perché non dipendente dalla volontà delle persone. Proprio sul più bello, infatti, nel pieno di una sana narrazione tossica governativa, ecco che arrivano i numeri.

I numeri hanno il potere di descrivere la realtà, dargli forma, svelare la complessità e in questo modo infrangere la narrazione -perlopiù celebrativa- di ogni regime. I numeri rovinano tutto. Per questo la contromossa più semplice e frequente di solito è mentire spudoratamente sui numeri. È stato fatto in più riprese in merito ai naufragi di migranti nel Mediterraneo, o nel presentare i conti delle varie manovre finanziarie. Non è una novità. Ma ancora, non è sufficiente. Ovunque ti giri c’è sempre qualcuno che tira fuori i numeri giusti. Qualcuno che ha le competenze, gli strumenti per farlo. Ci vogliono molte risorse per tirare fuori tanti numeri, e infatti spesso si tratta dello Stato stesso. E qui il regime si insinua, cercando di controllare chi produce i numeri. Ci sta provando con l’Istat ad esempio, l’Istituto nazionale di statistica dal quale dipende l’elaborazione dei dati sullo stato di salute dell’economia italiana, i cui vertici sono stati cambiati. Controllare l’Istat vorrebbe dire controllare la narrazione che si fa del Paese.
Se non si può controllare, si può delegittimare, o denigrare. È quanto accaduto nei confronti di Banca d’Italia (“Le stime della Banca d’Italia non è la prima volta che non si rivelano fondate, sono diversi anni che la Banca d’Italia non ci prende nelle stime che fa, solo che è strano: quando c’erano quelli di prima le stime erano al rialzo, adesso addirittura fanno stime al ribasso” ha detto il vicepremier Di Maio) o prima ancora nei confronti dell’Inps, l’Istituto nazionale di previdenza sociale (ormai non più) guidato da Tito Boeri. Il quale rispondendo all’altro vicepremier, Salvini, a dicembre aveva espresso una verità illuminante: “Io parlo con i fatti e con i dati. E i dati non si fanno intimidire”.

Dopo Istat, Bankitalia, Inps sarà forse la volta di Eurostat, Corte dei Conti, Mediobanca. Poi toccherà agli istituti scientifici, magari il CNR o l’Ispra, e poi agli osservatori indipendenti, i centri di ricerca internazionali, quelli delle associazioni di industriali, e figuriamoci i dati provenienti dalle organizzazioni non governative. Denigrare o controllare, la strategia cambia a seconda del soggetto, ma l’obiettivo è semplice: non permettere che i numeri offuschino la narrazione tossica di regime con la luce della realtà.

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