Diritti
Ancora elicotteri italiani per le operazioni turche contro i kurdi
Una nuova commessa all’orizzonte, verso una zona "calda" del medioriente
Facendo seguito alle pressioni di diversi mesi dei militari, che hanno subito diverse perdite da quando i curdi del PKK hanno ripreso con forza i loro attacchi, il Ministro della Difesa turco Gonul ha deciso di iniziare negoziati urgenti per l’acquisto di nove elicotteri da attacco. Chi li produrrà? TUSAS (Turkish Aerospace Industries) che non è altro che l’azienda locale – nel mondo delle armi le “bandierine” contano ancora – responsabile del contratto per produrre tali elicotteri in collaborazione con il colosso anglo-italiano AgustaWestland, controllato da Finmeccanica. Un gioco di schermi per tranquillizzare tutti che non cambia la sostanza: i nove A129 Mangusta da attacco si andranno ad aggiungere ai 50 T129s (la versione turca coprodotta del Mangusta) già previsti dal contratto multimiliardario sottoscritto tra il 2007 e il 2008. Gli elicotteri dovrebbero essere operativi a partire dal 2014.
Già il contratto originale aveva sollevato proteste e preoccupazioni da parte della Rete Italiana per il Disarmo (www.disarmo.org), che in un comunicato di fine 2007 aveva chiesto la moratoria di tutte le forniture italiane di armi verso il Governo di Ankara, negli uno dei migliori clienti dell’industria bellica italiana.
Vista la situazione di tensione nell’area meridionale del paese è davvero molto probabile il pericolo che le armi italiane vengano usate per la repressione nel Kurdistan sia turco che iracheno. “Un’ipotesi inaccettabile per principio e che, tra l’altro, rischia di aumentare ancora di più la tensione dell’area già problematica di per sé e scossa recentemente (coinvolgendo proprio la Turchia) dagli eventi della Freedom Flottila” afferma Giorgio Beretta tra i principali analisti di Rete Disarmo.
Va ricordato inoltre che la legislazione italiana (la 185/90) impedisce esportazioni a ‘paesi in stato di conflitto’ e ‘i cui Governi siano responsabili di accertate violazioni da parte ONU, UE e Consiglio d’Europa’. Vista la situazione in Kurdistan risulta quindi abbastanza chiaro come le vendite di armi alla Turchia siano in plateale violazione della stessa legge.
Ancora una volta armi italiane diventano strumenti attivi per alimentare i conflitti e sono coinvolte in dinamiche di repressione.