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Esteri / Reportage

Anche quest’anno le femministe argentine si sono riunite in un evento unico al mondo

© Orsetta Bellani

In 80mila hanno preso parte al 37esimo Incontro plurinazionale di donne, lesbiche, trans, bisessuali, intersessuali e non binarie, che si è tenuto a ottobre nel Paese sudamericano. Tre giorni di scambi in più di 100 laboratori-assemblee. Per dar forza al movimento che ha dato vita a Ni una menos contro il patriarcato e alla Marea verde per l’aborto e affrontare le aggressioni del Governo Milei. Il nostro reportage

Ottantamila persone hanno partecipato al 37esimo Incontro plurinazionale di donne, lesbiche, trans, bisessuali, intersessuali e non binarie, che si è tenuto a ottobre a San Salvador Jujuy, in Argentina.

Un numero di donne pari alla popolazione di città come Brindisi o Grosseto ha riempito la capitale di Jujuy, provincia del Nord del Paese che quest’anno è stata scelta come sede dell’appuntamento annuale del movimento di donne e delle dissidenze sessuali del Paese sudamericano. Un evento unico al mondo e considerato come un esempio dalle femministe di tutto il Pianeta.

Per tre giorni nelle piazze di Jujuy si sono tenuti concerti, nei centri culturali proiezioni di documentari, nelle scuole e nelle università chiuse per il fine settimana si sono svolti più di cento laboratori-assemblee, in cui si è parlato dei temi più svariati: tra loro geopolitica ed estrattivismo, sport e diritti civili, sessualità e affettività. Intanto, a margine dell’evento, durante la pausa pranzo o bevendo mate su una panchina del lungofiume, si sono tenute riunioni più o meno spontanee che hanno portato alla formazione di nuove reti e al consolidamento di alleanze politiche che esistono da decenni.

“Siamo venute per vivere in prima persona l’emozione che si respira stando qui e per condividere la nostra esperienza di lotta in Messico”, dice Claudia Torres Roux del collettivo Mujeres y la sexta di Città del Messico, che ha viaggiato per settemila chilometri per partecipare all’evento. “Quando torneremo nel nostro territorio condivideremo le strategie organizzative che abbiamo imparato. Non le copieremo, ma ci serviranno come ispirazione e le adatteremo al nostro contesto”.

Il primo Incontro nazionale di donne si è tenuto nel 1986 a Buenos Aires, all’indomani della caduta della dittatura. Presto è diventato lo spazio di consolidamento delle realtà femministe del Paese e la piattaforma di discussione di temi importanti come la violenza sulle donne o l’aborto, di cui si è iniziato a dibattere nel 1989 a margine dell’evento, quando ancora in Argentina non se ne parlava pubblicamente: alcune donne si sedettero spontaneamente in cerchio e si raccontarono le loro esperienze clandestine di interruzione di gravidanza.

Anni dopo, nel 2015, un gruppo di donne organizzò una maratona di lettura di testi sui femminicidi che fu chiamata “Ni una menos”. Fu un successo tale che, poco dopo, centinaia di migliaia di persone scesero nelle strade di tutta l’Argentina gridando “Ni una menos”, slogan che divenne poi il nome di un movimento mondiale contro la violenza sulle donne. Questo mise le basi per la nascita di un altro movimento internazionale, in questo caso abortista, nato in Argentina: la Marea verde.

Nel 2018 la Marea verde in Argentina era cresciuta tanto che dell’aborto se ne parlava dappertutto. Quando il dibattito è arrivato al Congresso, il movimento aveva già occupato le strade e, nel dicembre 2020, le femministe raggiunsero una delle loro più grandi conquiste: la legalizzazione dell’aborto.

Quasi quarant’anni di lotte hanno cambiato il movimento femminista argentino e il suo spazio d’incontro nazionale si è dovuto adattare. “Pensiamo che il femminismo debba riflettere l’identità plurinazionale del nostro continente, la presenza dei popoli indigeni e le diverse forme che esistono di affrontare il patriarcato. Qui gli Stati-nazione nascono dal colonialismo, che ha imposto frontiere che hanno frammentato i popoli originari, ad esempio la nazione mapuche è divisa tra l’Argentina e il Cile”, spiega l’argentina Claudia Korol del collettivo Feministas de Abya Yala, termine che i popoli originari usano per descrivere il continente americano. “Allo stesso tempo, negli Stati convivono nazioni indigene differenti. Per questo abbiamo proposto che l’incontro annuale venga definito come plurinazionale, e che includa le dissidenze sessuali”.

Nel 2022, le tensioni tra visioni diverse del femminismo portarono a una rottura e alla decisione di organizzare due eventi diversi: l’Incontro nazionale di donne, a cui parteciparono circa 15mila persone, e l’Incontro plurinazionale di donne, lesbiche, trans, bisessuali, intersessuali e non binarie, che ne ha riunite circa 100mila. Nell’anno successivo furono molti gli sforzi per sanare la frattura, e dal 2023 si è deciso di organizzare un solo evento che include le dissidenze sessuali e dà valore al carattere plurinazionale dell’Argentina.

Le donne e le dissidenze sessuali che ogni anno s’incontrano in questo Paese hanno ideologie e visioni politiche anche molto differenti tra loro. Alcune militano nei partiti, altre hanno una postura libertaria o sono vicine alla Chiesa. All’Incontro plurinazionale partecipano donne che vivono nelle zone urbane e rurali, o che appartengono a gruppi etnici e classi sociali diverse. Alcune di loro si considerano femministe, altre no. In ogni caso, durante l’evento cercano di mettere da parte le differenze per essere unite e coese negli obiettivi comuni, come mostra la manifestazione che si svolge ogni anno alla fine dell’Incontro.

“Anno dopo anno, l’Incontro è andato crescendo e con lui le divisioni interne”, dice Ana Maria Tapia di Jubiladas Insurgentes (le Pensionate rivoluzionarie), che ha partecipato a quasi tutti i 36 incontri precedenti. “Ma sappiamo che è necessario essere unite, soprattutto ora che sta governando Javier Milei, che non ci rappresenta e che vorrebbe che sparissimo”.

Da quando è stato eletto presidente dell’Argentina, nel 2023, l’ultraconservatore Milei ha criminalizzato il movimento femminista, accusandolo anche dei gravi problemi economici del Paese, e ha cercato di smantellare le conquiste e i diritti civili che sono stati riconosciuti grazie a decenni di lotte: nei suoi primi sei mesi di governo ha tagliato alcuni sussidi statali e ha chiuso istituzioni impegnate contro la violenza sulle donne.

Milei ha promosso un dibattito pubblico contro i diritti civili e ha reso più difficile, nella pratica, l’accesso a un aborto sicuro. “Pensavamo che la legalizzazione dell’aborto fosse la battaglia finale; sapevamo che dovevamo difenderlo, ma non potevamo immaginare quello che sarebbe venuto”, chiarisce la giornalista argentina Mariana Carbajal nel suo podcast Soberanas.

La difesa della legge sull’aborto è una delle priorità del movimento femminista argentino, che ha già iniziato i preparativi del 38esimo Incontro plurinazionale. Si terrà nell’ottobre 2025 nella città di Corrientes.

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