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Amianto, una sentenza storica
di Duccio Facchini —
Un ex lavoratore della Breda Fucine di Sesto San Giovanni ha vinto una causa in primo grado al Tribunale di Monza contro l’INAIL in merito ai tempi di accertamento di una grave patologia dovuta al suo lavoro. L’Istituto, che si rifiutava di riconoscere l’indennizzo, sosteneva che i termini di prescrizione -3 anni e 150 giorni- fossero scattati al momento della diagnosi del tumore alla laringe, nel 1996
La tenacia di Silvestro Capelli, ex operaio della Breda Fucine di Sesto San Giovanni colpito da un tumore alla laringe nel 1996, ha dato un senso nuovo alla Giornata mondiale delle vittime dell’amianto di oggi.
Capelli, la scorsa settimana, ha vinto infatti in primo grado un’importante causa “pilota” contro l’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL) dinanzi al Tribunale di Monza che riguardava proprio la sua malattia e i tempi di diagnosi.
Dal 1975 al 1992 ha lavorato alla Breda come fresatore, alesatore e saldatore. Secondo il libro “Amianto: morti di ‘progresso’”, a cura di Michele Michelino e Daniela Trollio del Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio di Sesto San Giovanni (comitatodifesasalutessg.com), Silvestro Capelli ha lavorato per oltre quindici anni “in reparti con elevate concentrazioni di fibre di amianto”. Operato 21 anni fa al Fatebenefratelli di Milano per un tumore polmonare, “scopre” una neoplasia laringea; nessuno dei medici che l’ha in cura si preoccupa di fare l’anamnesi lavorativa e quindi “la denuncia prevista per legge anche in casi di sospetta malattia professionale alle autorità competenti”, come spiega Michelino.
All’epoca, il tumore alla laringe non era ancora stato riconosciuto come una malattia professionale legata all’amianto. E, come racconta Michelino, nonostante l’ASL avesse segnalato all’INAIL la professione di Capelli, l’ex lavoratore Breda non si vide mai riconoscere l’indennizzo dovuto.
Pareva l’esito scontato dell’era buia dell’amianto, che ogni anno, in Italia, secondo l’Inail, provoca ancora 4mila vittime, e che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità coinvolge sul lavoro oggi 125 milioni di persone.
Nel 2012, però, muta lo scenario. Lo IARC -l’International Agency for Research on Cancer- inserisce la patologia di Silvestro nell’elenco delle malattie derivanti dall’amianto. Si tratta di una monografia (la numero 100) pubblicata in inglese, che gli amici di Capelli si preoccupano di tradurre. Due anni più tardi anche l’INAIL aggiorna finalmente la “tabella”, aprendo uno spiraglio di giustizia per i lavoratori come Capelli.
Ma è un’illusione: la nuova domanda di riconoscimento della malattia professionale inviata da Silvestro all’INAIL di Sesto San Giovanni nel gennaio 2014, viene respinta, nel luglio dello stesso anno. “Sono trascorsi i termini di legge per richiedere la prestazione”, sostiene l’Istituto. Per legge, infatti, il lavoratore può richiedere il riconoscimento della malattia professionale entro 3 anni e 150 giorni da quanto questa si è manifestata. Il calcolo dell’INAIL è impietoso. Tra il 1996, data della diagnosi, e il 2014, la nuova richiesta, il termine è ampiamente trascorso e la prescrizione intervenuta.
Capelli va in causa, a Monza, sostenuto dall’avvocata Laura Mara, in forza di un principio che ribalta la prescrizione e che Michelino riassume così: “il termine dei 3 anni e 150 giorni vale da quando si viene a conoscenza che la malattia è di origine professionale”.
Il Tribunale di Monza conviene, riconoscendo “l’eziologia professionale fra cancro alla laringe e l’esposizione all’amianto con il 60% di danno biologico” e condannando l’INAIL al risarcimento e alla costituzione di una rendita.
“È una sentenza storica -commenta Michelino, che attende le motivazioni- perché rappresenta un punto di partenza per migliaia di lavoratori che, come Silvestro, si ritrovano nel paradosso di soffrire di una patologia riconosciuta esser legata alla loro occupazione solo in un secondo momento”. Pensa al carcinoma polmonare, all’asbestosi, alle placche pleuriche, al tumore all’esofago. Qualcosa, forse, è cambiato, grazie alla tenacia di Silvestro Capelli.
L’intervista al Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio di Sesto San Giovanni e a Silvestro Capelli del marzo 2014
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