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Buon compleanno Altreconomia, 18 anni incontrando il mondo
Con questo numero, Altreconomia compie 18 anni. Rimandiamo i festeggiamenti a gennaio, per il numero 200. Nel frattempo, continuiamo a fare il nostro lavoro. Con sette reportage da sette Paesi diversi. Senza pregiudizi e con onestà intellettuale. Andando a incontrare il mondo, guardandolo da vicino. L’editoriale del numero di novembre del direttore di Ae, Pietro Raitano
La cronaca recente ci ha raccontato del caso di un italiano assassinato da un nigeriano a Torino. La notizia ha dato adito ai soliti pretesti anti-migranti, cui la famiglia dell’uomo ucciso ha risposto con chiarezza: “Il nostro dolore non diventi strumento per crearne altro. Non vogliamo che diventi la bandiera di qualcuno per andare sui giornali a predicare odio e razzismo. Alcuni esponenti politici hanno tentato di strumentalizzare una vicenda tragica in una battaglia politica”. Le responsabilità “sono sempre individuali e mai collettive”. Frasi di buon senso e umanità, pronunciate nonostante il dolore. Frasi da ammirare: la normalità giganteggia, di fronte alla miseria di certi soggetti.
Le pagine degli esteri, dell’economia e della politica hanno riportato altre notizie di rilievo, che sembrano però essere sfuggite ai monitor di molti “commentatori”. Incapaci ad esempio di trovare una lettura strumentale al drammatico attentato che ha colpito Mogadiscio a metà ottobre, nel quale sono rimasti uccisi 300 innocenti e feriti a centinaia. A quel punto, il passaggio è stato ignorare l’accaduto e relegarlo alla parte bassa dei siti di informazione.
Stessa sorte, o quasi, per due notizie tra loro molto legate: la prima è che i dati confermano che il 10% più ricco della popolazione nell’area Ocse -i Paesi più ricchi del Pianeta- ha un reddito medio disponibile che vale nove volte quello del 10% più povero. E in Italia è anche peggio, con un divario pari a 11 volte. La seconda notizia è che, secondo il Fondo monetario internazionale, aumentare le tasse per i ricchi contribuirebbe a ridurre la disuguaglianza all’interno dei Paesi più sviluppati e globalmente, “senza avere un impatto negativo sulla crescita economica”. Un cortocircuito che i profeti del mantra stantio del libero mercato non sanno come affrontare. Se non facendo finta di niente, ignorando i segnali. Di apertura al mercato ha parlato anche Xi Jinping, Segretario generale del partito comunista cinese (era il 15 novembre 2012) e presidente della Repubblica popolare cinese (dal 2013), durante l’inaugurazione del Congresso di partito. Uno degli uomini più potenti del mondo ha chiarito che l’economia di una delle nazioni più potenti del mondo è pronta a “non chiudere le porte al mondo”. Precisando però che tutto questo non vuol dire “imitare i sistemi politici stranieri”, ovvero rinunciare al totalitarismo, alla dittatura del partito unico. Il mercato può fare tranquillamente a meno della democrazia.
Con questo numero, Altreconomia compie 18 anni. Abbiamo deciso di rimandare i festeggiamenti a gennaio, quando pubblicheremo il numero 200 -non perdetevelo, e per non perderlo non c’è che abbonarsi o rinnovare l’abbonamento-, ma ci piace pensare ai nostri primi 18 anni come a un passaggio importante, quasi simbolico: quello della maturità. Per noi maturità vuol dire fare sempre meglio il nostro lavoro, lavoro che consiste nel fornire ai nostri lettori un servizio nel modo migliore che ci riesca. Si tratta però di un servizio particolare: quello di raccontare elementi per capire il mondo (e per quel che è possibile, cambiarlo per il meglio). Un lavoro che cerchiamo di fare con tutta la nostra professionalità e con l’umiltà di chi si pone davanti ai fatti con voglia di ascoltare, comprendere, e non di sentenziare. In questo numero -che è in gran parte dedicato all’universo femminile, in vista del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne- abbiamo raccolto reportage da sette Paesi diversi (Australia, India, Siria, Tunisia, Francia, Finlandia, Oman), oltre all’Italia, in quattro continenti. Lo abbiamo fatto, grazie al lavoro straordinario dei nostri giornalisti, perché siamo convinti che, per capire il mondo, bisogna incontrarlo, guardarlo da vicino (e non da una pagina Facebook), senza pregiudizi e con onestà intellettuale. Non è un lavoro facile, e a essere sinceri se ne fanno carico sempre meno testate, perlomeno nel nostro Paese. Ma a noi piace farlo così: è questa la maturità che cerchiamo.
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