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Alta velocità, “illusione” di un successo. I casi di Italia e Spagna
Infrastrutture progettate in maniera “eccessiva e ridondante”, con costi altissimi per nuove stazioni “monumentali” e in alcuni casi la tendenza a sovrastimare la domanda. Uno studio scientifico ha messo a confronto i due “mega-progetti”, tra luci e ombre. Intervista al professor Paolo Beria, uno dei curatori
I progetti di rete dell’Alta velocità dell’Italia e della Spagna sono un plastico esempio di “illusione di successo”, perché a fronte dell’estensione e dell’efficacia del progetto (in Spagna), o dell’evoluzione più che positiva della domanda (in Italia), le due mega-infrastrutture si ritrovano oggi gravate da “fenomeni negativi” che sono il frutto di scelte deliberate, lungo più versanti.
A queste conclusioni sono giunti gli autori di un interessante studio comparativo pubblicato sulla rivista “Transport Policy” (“Delusions of success: Costs and demand of high-speed rail in Italy and Spain”) e dedicato proprio ai progetti di rete AV di Italia e Spagna. Il lavoro di ricerca sui due Paesi è stato condotto a più mani dal professor Paolo Beria del Laboratorio di politica dei trasporti TRASPOL presso il dipartimento Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano (http://www.traspol.polimi.it/), dal ricercatore indipendente Raffaele Grimaldi e dai professori Germà Bel e Daniel Albalate della School of Economics dell’Università di Barcellona.
Come è stato possibile in Spagna realizzare 2.712 chilometri di rete Alta velocità e registrare in seguito una domanda di passeggeri inferiore rispetto a quella italiana, che è estesa poco più di un terzo? Oppure, per quanto riguarda l’Italia, come si è potuto spendere mediamente qualcosa come 32 milioni di euro per ogni singolo chilometro di rete, facendo così registrare costi inediti in qualunque altro Paese europeo, e toccando la punta complessiva di oltre 32 miliardi di euro?
Il cuore della ricerca pubblicata su “Transport Policy” sta proprio nella risposta a queste due domande. Che non nasconde i citati aspetti positivi delle reti ma giunge a un traguardo molto semplice: le previsioni progettuali di quei mega-progetti non sono state semplicemente parziali, insufficienti, limitate, talvolta irrazionali, come la letteratura in materia ha sempre posto in evidenza, ma si è trattato di effetti dovuti a precise decisioni deliberate e consapevoli, e che possono essere classificate in tre categorie.
La prima è quella dell’overdesign, e cioè la tendenza a progettare le infrastrutture con caratteristiche funzionali “eccessive e ridondanti”. Un esempio è quello degli standard Alta Capacità in Italia per far viaggiare sulla rete anche le merci, che di fatto non stati mai utilizzati ma intanto hanno fatto “aumentare significativamente i costi di realizzazione”. Poi c’è l’overinvestment, e cioè la tendenza “a dimensionare l’offerta in maniera eccessiva rispetto alla domanda potenziale”. È il caso della rete spagnola, “evidentemente sovradimensionata per la popolazione e per la struttura urbana, con il risultato di avere una rete estesissima ed in buona parte vuota”. Infine c’è l’overquality, che ha a che fare con la progettazione di infrastrutture e manufatti “con performance e costo eccessivi rispetto alla loro reale funzionalità”. Si pensi alle “monumentali” stazioni AV spagnole ma anche italiane. Quella di Reggio Emilia “Mediopadana” (4 binari, 600mila passeggeri), disegnata dall’architetto Santiago Calatrava, è costata 79 milioni di euro. Quella di Napoli Afragola (6 binari), firmata Zaha Hadid, 61 milioni. Per non parlare di Torino Porta Susa (79 milioni) o quella prevista di Firenze Belfiore, con i suoi 350 milioni di euro.
Il professor Beria, come detto, lavora nel laboratorio TRASPOL ed è tra i curatori dello studio. Prima di raccontarne i contenuti parte dal titolo, dall'”illusione di successo”.
PB La letteratura sui megaprogetti si è soprattutto occupata dell’aumento dei costi e degli errori nella stima della domanda, che rappresentano ovviamente un tema importante e corretto. Ma nel nostro caso, ovvero nei due progetti AV considerati, ci si trova di fronte a quella che abbiamo definito appunto un’illusione di successo.
In che senso?
PB L’aumento costi in Spagna non è stato significativo e in Italia c’è stato ma di un tipo particolare che vedremo più avanti. E in tema di errori di stima della domanda nel caso italiano potremmo quasi dire che si è verificato l’opposto, nel senso che la domanda oggi è elevata e per certi aspetti inattesa. Abbiamo quindi provato a formulare meglio il problema ed elaborato le tre categorie di overdesign, overinvestment e overquality.
A proposito di overdesign, e cioè di una progettazione eccessiva per la sua funzionalità, citate il caso italiano dell’Alta capacità. Perché?
PB Perché la scelta di far andare le merci sulla rete AV, con l’introduzione di numerose interconnessioni o la progettazione con pendenze più basse, ha comportato un “disegno” completamente diverso e in parte risultato assolutamente ridondante. E finora nessun treno merci ha utilizzato le nuove linee.
Accanto a questi esempi eclatanti ci sono anche altri casi. In un passaggio dello studio parlate esplicitamente di “spreco di denaro”.
PB Un caso di overdesign certamente più “minuto” rispetto all’Alta capacità è la costruzione di una barriera anti-rumore che separa l’AV dall’autostrada, ad esempio. Ma l’esempio lampante che faccio sempre è quello della tratta Milano-Torino, una di quelle che è costata peraltro più di tutte (7.653 milioni di euro, 54 milioni a chilometro). È quasi tutta su un manufatto di cemento armato, e la scelta di farla in affiancamento all’autostrada ha comportato il dover rifare l’autostrada. Tutti gli scavalchi sono stati ricostruiti molto più alti del normale poiché avendo una piattaforma di autostrada e AV più larga, e con l’AV che è più alta come quota della linea aerea, questo ha fatto sì che i ponti non solo li abbiano rifatti tutti ma li abbiano dovuti rifare enormi. Ecco questo è un caso di overdesign.
Quali sono i principali punti di confronto con rete AV della Spagna?
PB Dal punto di vista costruttivo la Spagna ha fatto un’operazione mediamente molto interessante perché le reti sono costate poco e sono andate a sostituire linee che erano quasi tutte disperate, garantendo quindi enormi risparmi di tempo. Hanno fatto un progetto molto più leggero del nostro in un territorio certamente più semplice -in buona parte vuoto e quasi tutto di pianura-, che è costato quindi un terzo rispetto a quello italiano. I nostri coautori dell’Università di Barcellona sottolineano però che si tratta di una rete “Madrid centrica”, con una funzione politica -cosa che in Italia invece non è accaduta-, e che si è scontrata con la geografia spagnola. La Spagna ha molti meno abitanti di noi (46,5 contro 60,5 milioni), con distanze molto più lunghe e con territorio molto più vuoto. Quindi si sono ritrovati con una rete di 2.700 chilometri che ha una domanda inferiore rispetto ai nostri 1.000. Per intenderci Saragozza è a 300 chilometri circa da Madrid, e la popolazione dell’area urbana è comparabile a Bologna, ma in mezzo non c’è assolutamente nulla come abitanti. Quindi la rete costa poco farla ma poi si hanno treni piccoli e con meno passeggeri rispetto ai nostri.
A proposito di passeggeri. Nella ricerca date conto di una difficoltà nel reperire dati certi sugli utenti serviti da Trenitalia. Qual è la situazione e quali sono le stime?
PB Su questo aspetto le uniche fonti sono i comunicati stampa, che di solito, per fare un esempio, danno conto dei risultati del mese di “ottobre” con “x” milioni di passeggeri “sulle Frecce”. Però “sulle Frecce” vuol dire tutto, non solo l’AV. Non ho notizia di dati pubblici utilizzabili che non siano molto aggregati. Ovviamente i passeggeri/chilometro della lunga percorrenza a mercato Trenitalia li diffonde, però sono i passeggeri/chilometro di tutta Italia e su tutte le Frecce, comprendendo per dire Bari e Foggia, che in questo senso non sono utili.
Com’è possibile allora valutare la risposta a una domanda in assenza di dati ufficiali messi a disposizione dal vettore?
PB Noi abbiamo utilizzato una nostra stima modellistica del 2011 e un’altra per il 2013. E poi il resto dei numeri sono tutti aggregati. Con Italo invece è più facile perché tutto quello che viene dichiarato dalla società NTV è su Alta velocità. Però poi confrontare la quota di mercato di Italo con quella di AV non è facile, non avendo i dati per singola relazione.
È una mancanza grave?
PB Non mi aspetto che un’azienda che opera nel mercato mi dica il numero di biglietti venduti al giorno tra Bologna e Firenze, però avere una statistica più segmentata di quello che passa sui binari AV, per tipologia di mercato, sarebbe utile.
La scorsa settimana, Il Sole 24 Ore ha dato conto di “dati riservati” interni a Ferrovie dello Stato per i quali la “puntualità reale” con massimo cinque minuti di ritardo delle Frecce e di Italo sarebbe intorno al 50%. Al 90% circa nel caso dei treni regionali. Come leggere questi dati?
PB Non ho visto quei dati e non posso quindi esprimermi nello specifico. Posso però dire che la puntualità andrebbe misurata, soprattutto rispetto ai treni regionali, in una maniera diversa. Oggi si misurano i minuti di scostamento da un orario previsto di arrivo, punto. Ma non è infrequente che alcuni orari vengano costruiti con dei “buffer”, soprattutto sull’ultima stazione, che permettano di recuperare parte della puntualità. Faccio un esempio: la puntualità di un treno Como-Milano, che scarica buona parte dei passeggeri a Monza, a Sesto San Giovanni o a Bicocca, viene misurata nelle stazioni di Milano Centrale o Garibaldi, cioè nella sua ultima fermata, dove magari ha cinque minuti di tempo di recupero che utilizza tutte le volte. Dunque può capitare che buona parte dei passeggeri abbia sofferto un ritardo peggiore di quello riportato negli indicatori. Questo secondo me sarebbe il vero dato di puntualità, perché non sempre l’ultima stazione è quella di arrivo.
E a proposito dei ritardi dei treni ad alta velocità?
PB Da quello che mi è parso di capire vengono imputati principalmente oltreché ai nodi anche alla tratta Firenze-Roma, con l’argomento che è satura, che non è vero. È vero semmai che quel tratto ha tanti treni regionali veloci e che le Regioni (tolto il Lazio) non vogliono riportare quei treni sulla linea storica perché troppo lenta, e quindi vogliono mantenerli sulla AV, più soggetta a ritardi per la presenza di treni con materiale diverso, caratteristiche e velocità diverse, che usano la stessa linea. Siccome già su quella tratta ci sono quasi 200 treni al giorno, solo di AV, più i regionali, chiaramente la situazione è piuttosto carica.
Che cosa insegna questa operazione di confronto con la Spagna?
PB Guardando all’Italia spicca senza dubbio l’enorme aumento di domanda dovuto alla concorrenza, e non solo all’infrastruttura. Quello che insegna la Spagna è che se noi avessimo avuto dei costi più contenuti, con una progettazione meno monumentale, oggi avremmo potuto fare un’analisi costi-benefici ex post scoprendo che il nostro era un progetto con ottimi indicatori, e cioè che avremmo speso molto bene i nostri soldi. In realtà siamo al margine perché la nostra rete è costata tantissimo e non perché non ci sia domanda.
Quali sono gli scenari per il futuro dell’AV in Italia?
PB In termini di nuovi progetti posso dire che questi non sono la Torino-Salerno e non sono la Milano-Roma. Perché più ci si allontana dai grandi centri di attrazione della domanda, meno passeggeri si avranno e minore sarà la redditività socio-economica di questi progetti. Che non significa che non bisogna farli, però rispetto a un progetto che costa 50 milioni di euro a chilometro e che collega aree molto lontane, magari con delle montagne in mezzo, direi che non ci si può certo attendere indicatori costi-benefici alti, anzi, è molto difficile che vengano. Gli spagnoli e i francesi se ne sono resi conto. Più si estende la rete verso aree meno centrali, più basso è il traffico e più basso è il beneficio. È in questo contesto che si inserisce la visione “Alta velocità rete”, e cioè l’idea sensata di portare l’AV in tutta Italia ma non è detto che questa sia un “binario” ad alta velocità ma semmai un “servizio” ad alta velocità, evidentemente non sempre a 300 chilometri all’ora. Ad esempio tra Reggio Calabria e Roma potremmo garantire un servizio in quattro ore e mezza già oggi, se saltassimo le fermate e da Salerno in su utilizzassimo la rete AV. Che è poi quello che accade a Brescia, Reggio Calabria stessa, Bari, Trento, Bolzano, con servizi AV abbastanza buoni, investimenti molto limitati e l’utilizzo della rete AV solo nella parte in cui c’è.
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