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Altre Economie

Acqua, i sentieri della ripubblicizzazione

A tre anni dal referendum, una infografica su Altreconomia 161 fa il punto su un Paese "in movimento" per difendere l’acqua bene comune raccontando sei storie esemplari, dalla Liguria all’Emilia, dalla Toscana alla Campania, passando per la Calabria e il Lazio, dove a inizio giugno il governo Renzi ha impugnato la legge regionale approvata a marzo 2014

Tratto da Altreconomia 161 — Giugno 2014

A tre anni dal referendum sui servizi pubblici locali, promossi dal Comitato “2 sì per l’acqua bene comune” (di cui ha fatto parte anche Ae) raccontiamo che cos’è successo a Imperia, Reggio Emilia, in toscana, nel Lazio, a Napoli e in Calabria, sei storie da un Paese (ancora) in movimento per chiedere l’acqua pubblica. Purtroppo, a volte si tratta di passi indietro, come quello “richiesto” dal governo, che a inizio giugno ha impugnato la legge regionale del Lazio, la prima a ispirarsi compiutamente ai principi referendari, che era stata approvata nel marzo del 2014.
Completano il dossier, su Altreconomia 161 (leggi qui il sommario, acquista qui in PDF), un reportage dall’entroterra ligure, dove alcuni piccoli Comuni hanno deciso di riprendersi la gestione del servizio e un approfondimento su Torino, dove gli attivisti dovranno pagare 30mila euro di spese legali dopo che il TAR e Consiglio di Stato hanno bocciato un ricorso contro le delibere pro-privatizzazione del Comune di Torino.

Rivieracqua, e via il privato
A metà maggio il TAR della Liguria ha accolto il ricorso di Rivieracqua –www.rivieracqua.it-, società consortile per azioni formata dalla quasi totalità dei Comuni della provincia di Imperia, stabilendo la decadenza della concessione a favore delle società AMAT e AIGA, partecipate da IREN, che gestiscono il servizio a Imperia e a Ventimiglia. I due enti hanno la possibilità di appellarsi al Consiglio di Stato, ma il Coordinamento imperiese per l’acqua pubblica ha chiesto loro di non farlo, accettando una decisione che rispetta il referendum del 2011.

Reggio Emilia o Parigi?
A febbraio 2013 Reggio Emilia pareva indirizzata verso la ri-publiccizzazione del servizio idrico, scegliendo il “pubblico” per sostiuire il gestore in scadenza, Iren. Ae 146 titolò “Reggio Emilia come Parigi”, descrivendo il processo in corso, che però si è arenato. Solo a maggio 2014 il PD reggiano -della cui segreteria fanno parte quasi tutti i sindaci della Provincia- ha risposto a un sollecito del Comitato acqua pubblica (acquapubblicare.wordpress.com) dicendosi disposto a valutare l’ipotesi di un’azienda speciale, non “spa”.

Il laboratorio Toscana
Fin dalla approvazione della Legge Galli, che nel ‘94 ha ri-organizzato il servizio idrico integrato, la Toscana fa scuola. È stata la prima regione ad aprire al capitale privato, e oggi -secondo Federconsumatori- 7 città toscane figurano ai primi 10 posti tra quelle con la bolletta idrica più cara d’Italia. Ora la Toscana studia la creazione di un “gestore unico”, una holding nel quale confluirebbero le 7 società che gestiscono gli acquedotti in regione. Il tutto nell’interesse del socio privato -quasi ovunque Acea-, cancellando i legami col  territorio.

Lazio, l’acqua è pubblica
La gestione pubblica e partecipata dell’acqua nella Regione Lazio è legge. Il testo approvato nel marzo del 2014 è il primo a “realizzare” i due quesiti referendari. Per dar seguito ai principi espressi, frutto di un’iniziativa legislativa popolare sottoscritta da 37mila cittadini laziali e da 40 Comuni, dovranno essere elaborati nuovi atti legislativi, come una legge sugli ambiti di bacino idrografico. Oggi il “gestore dominante” nel Lazio è Acea, società quotata partecipata da Comune di Roma, Suez e Caltagirone.

Napoli non riconosce l’ABC
A Napoli c’è ABC, Acqua Bene Comune è il nome dell’azienda speciale del Comune di Napoli, che ha preso il posto di ARIN, una società per azioni a totale capitale pubblico. ABC gestisce -in regime di proroga- il servizio idrico integrato nel Comune di Napoli, ma l’Ambito territoriale ottimale Napoli-Volturno, di cui fa parte il capoluogo campano, ad aprile ‘14 ha negato l’affidamento. La Regione lavora a una nuova legge, e la giunta pare preferire i gestori pubblico-privati presenti, come Gori spa.

Mal d’acqua in Calabria
Il “Libro bianco sugli acquedotti calabresi” condensa -in 30 pagine, che trovate su www.abccalabria.org– dieci anni di lotta contro Sorical, società pubblico-privata partecipata dalla Regione che dal 2004 gestisce l’approvvigionamento e la fornitura all’ingrosso dell’acqua potabile in tutta la Calabria. Tra i problemi emersi c’è quello relativo alla salubrità dell’acqua raccolta nella diga dell’Alaco. Il Coordinamento calabrese ha promosso una legge d’iniziativa popolare, non ancora discussa.

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