Economia / Attualità
A proposito della donazione di Airbnb a sei organizzazioni non profit italiane

La piattaforma degli affitti brevi ha comunicato di aver “premiato” sei organizzazioni impegnate nel sociale al dichiarato scopo di “servire la community e fare del bene nei luoghi in cui gli host vivono”. Risorse preziose anche per la propria reputazione, segnata dagli effetti distorsivi della sua massiccia diffusione nelle città e dalle inchieste sulle sue politiche fiscali
La piattaforma per affitti brevi Airbnb ha annunciato a fine febbraio di aver selezionato sei organizzazioni non profit italiane tra le beneficiarie di una donazione dell’Airbnb community fund, un fondo creato dal colosso statunitense con l’obiettivo di distribuire 100 milioni di dollari entro la fine del 2030. “È parte del nostro impegno a servire la community e a fare del bene nei luoghi in cui gli host vivono”, ha dichiarato Airbnb.
Nell’edizione attuale i contributi complessivamente distribuiti a oltre 160 organizzazioni nel mondo ammonterebbero a 8,5 milioni di dollari. La scelta delle realtà a cui vengono destinate le donazioni avviene tramite la collaborazione con i proprietari degli alloggi (gli host) che aiutano a individuare sia le problematiche che ritengono più importanti sia le stesse organizzazioni non profit candidate.
Più nello specifico, il “Consiglio degli host” composto da 23 persone a livello globale ha identificato le cause di quest’anno. Si tratta dell’emancipazione economica, della sostenibilità ambientale e della lotta contro abusi e sfruttamento. Mentre gli “Host club” locali hanno nominato e votato le organizzazioni a cui destinare il finanziamento.
Le realtà italiane individuate, come detto, sono sei. È una sorta di “prima volta”, considerato che dal 2022 sono solo quattro le non profit che hanno ricevuto dalla multinazionale una qualche forma di liberalità. Le organizzazioni “premiate” sono La Grande Casa (Sesto San Giovanni, MI) che supporta donne, minori, giovani, migranti e persone vulnerabili promuovendone l’integrazione sociale e professionale, la Fondazione Asilo Mariuccia Onlus (Milano) che supporta donne con figli e minori non accompagnati che hanno subito violenza, offrendo percorsi mirati al recupero dell’autonomia e all’inserimento lavorativo, D.i.Re Donne in rete contro la violenza (Roma) che unisce 89 organizzazioni di donne che gestiscono 117 Centri antiviolenza e oltre 60 case rifugio su tutto il territorio nazionale. E poi la Cooperativa sociale vite vere down DADI (Padova) che fornisce servizi socio-educativi a persone con sindrome di Down e altre disabilità intellettive, attraverso progetti innovativi volti al benessere individuale e al raggiungimento dell’autonomia; la Cooperativa sociale incontro onlus (Mandello del Lario, LC) che aiuta persone con disabilità fisiche o mentali nella ricerca di un impiego tradizionale e Giacimenti urbani (Milano), che promuove l’economia circolare, la riduzione degli sprechi di risorse, il consumo di energie rinnovabili e l’efficienza energetica, oltre a diffondere la cultura del riuso, del riciclo e della riparazione.
Con i fondi ricevuti La Grande Casa ha deciso di ristrutturare una delle sue case rifugio e supportare percorsi di formazione per donne in condizioni di vulnerabilità in collaborazione con l’impresa sociale Spazio3R a Milano. La Fondazione Asilo Mariuccia sosterrà la ristrutturazione della sede di Porto Valtravaglia (VA), che accoglierà giornalmente circa 90 ragazzi italiani e stranieri, e D.i.Re Donne in rete contro la violenza le sue attività di advocacy.
Risorse preziosissime per le organizzazioni scelte ma anche per la reputazione della piattaforma. Da tempo infatti l’immagine di Airbnb è segnata dagli effetti distorsivi della massiccia diffusione del suo modello per le città italiane ed europee che determina fenomeni come l’overtourism, lo svuotamento dei centri storici, l’aumento dei prezzi delle locazioni, la scomparsa degli affitti di più lungo periodo e quindi l’esclusione sociale, soprattutto delle categorie più vulnerabili, contro cui si battono i comitati cittadini e anche numerose amministrazioni locali.
È del 7 marzo di quest’anno, ad esempio, la notizia dell’impugnazione da parte del Governo Meloni della legge della Regione Toscana sugli affitti brevi che prevedeva la possibilità per le amministrazioni comunali di individuare zone o aree in cui definire criteri e limiti per lo svolgimento delle attività di locazione breve di immobili per finalità turistiche. A fine anno a Firenze, nel cui centro storico le abitazioni dedicate agli affitti brevi sono il 6,1% di quelle disponibili, un valore più alto di quello di Roma e Venezia secondo una rilevazione Nomisma proprio per Airbnb, il collettivo cittadino Salviamo Firenze ha preso di mira le key box, “sigillandole” con adesivi rossi dalla scritta “Salviamo Firenze per viverci”.
Le organizzazioni beneficiarie della donazione, sentite da Altreconomia su questo delicato aspetto, hanno riportato di aver riflettuto sull’opportunità dell’operazione e di aver infine deciso di accettarla. D.i.Re a cui è stata offerta la possibilità di accedere ad appartamenti della piattaforma, ha acconsentito scegliendo di non utilizzarli per l’ospitalità delle donne accolte dai centri antiviolenza -c’è da tutelarne l’anonimato e la sicurezza-, utilizzandoli invece per sostenere l’attività di advocacy. La Fondazione Asilo Mariuccia Onlus, pur riconoscendo le differenze nel modello di accoglienza portato avanti da Airbnb rispetto al proprio, ci ha detto di aver valutato positivamente il fatto che il contributo viene elargito in seguito a una decisione non calata dall’alto della direzione centrale di Airbnb ma di un gruppo di host, “persone che vivono il territorio, lo conoscono e hanno scelto di dare fiducia al lavoro portato avanti fino ad ora dall’organizzazione”. Un discorso simile vale per La Grande Casa che si è soffermata anche sull’importanza di sensibilizzare rispetto alle tematiche di cui si occupa, nel caso specifico creando con le host strumenti di comunicazione dedicati al contrasto alla violenza di genere, raggiungendo così anche nuovi pubblici.
Airbnb non ci ha voluto comunicare l’importo della donazione italiana anche se La Grande Casa riporta di aver ricevuto 25mila dollari. Facendo però un calcolo approssimativo e dividendo l’intero importo stanziato a livello globale quest’anno (8,5 milioni di dollari) per le organizzazioni selezionate (160) il risultato è di circa 55mila dollari a ciascuna. In Italia vorrebbe dire complessivamente un investimento di poco più di 300mila dollari.
Tanto o poco per le finanze del colosso? Qualche freddo dato di bilancio aiuta a orientarsi. Dall’ultimo rendiconto depositato in Camera di commercio dalla succursale italiana di Airbnb -la Airbnb Italy Srl-, relativo al 2023, a fronte di 28,3 milioni di euro di ricavi, ne risultano accantonati 28,2 milioni “a seguito di un accertamento fiscale relativo al 2017 e di ricezione, da parte della Guardia di Finanza, di un processo verbale di constatazione riguardante il periodo dal 2018 al 2022, entrambi ricevuti nel primo trimestre 2024” (le parole sono degli amministratori della succursale).
Quello fiscale è da tempo un tema sensibile per la piattaforma, che vede nella triangolazione con l’Irlanda un elemento identitario. A novembre 2023 la Airbnb Ireland Unlimited Company è stata infatti oggetto di un maxi-sequestro, poi revocato, di 779 milioni di euro a seguito di un’inchiesta della Procura di Milano che ipotizzava che la società domiciliata in Irlanda, Paese a fiscalità agevolata, non avesse versato le ritenute sui canoni di locazione breve corrisposti nel periodo 2017-2021 dagli ospiti delle strutture ricettive che ammontavano a 3,7 miliardi di euro. La vicenda si è poi conclusa nell’estate 2024 con un accordo tra Airbnb e l’Agenzia delle entrate e un versamento complessivo di 576 milioni di euro da parte del colosso. Perché anche pagare le tasse sarebbe “fare del bene nei luoghi in cui gli host vivono”.
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