Diritti / Intervista
“A Gaza l’imperatore è nudo, la sua malevolenza è chiara. Chi tace è complice”
La scrittrice palestinese Susan Abulhawa, autrice di “Ogni mattina a Jenin”, richiama ciascuno alle proprie responsabilità di fronte a una “disumanità da mozzare il fiato”, trasmessa in “live streaming”. Prendere posizione in una prospettiva decolonizzante è più che mai necessario. Per porre fine all’occupazione israeliana e alla carneficina
Susan Abulhawa è una scrittrice palestinese-americana nata in Kuwait da genitori resi profughi dalla Guerra dei sei giorni. Da bambina ha vissuto in un orfanotrofio di Gerusalemme prima di trasferirsi negli Stati Uniti, dove vive tutt’oggi. Attivista per i diritti umani, è saggista, scrittrice, poetessa oltre che fondatrice di un’organizzazione non governativa, Playgrounds for Palestine, che costruisce parchi giochi in Palestina e nei campi profughi in Libano. È inoltre coinvolta nella campagna per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (Bds) ed è relatrice per Al Awda, la coalizione per il diritto al ritorno.
Il suo primo romanzo, “Ogni mattina a Jenin” (Feltrinelli, 2006), è stato tradotto in 32 lingue e ha venduto più di un milione di copie rendendo Abulhawa l’autrice palestinese più letta di sempre. Quel romanzo è riuscito a colmare il vuoto, lamentato da Edward Said, di un’opera letteraria capace di rappresentare -soprattutto su un pubblico occidentale- la tragedia sofferta da diverse generazioni di palestinesi a partire dal 1948, anno della costituzione di Israele, a oggi. Per Abulhawa il romanzo rappresenta un potente mezzo di decolonizzazione e su questa direttrice interpreta la motivazione di autori come James Baldwin e Tina Morrison sull’immaginario della tradizione letteraria araba di autori come Ghassan Kanafani e Elias Khoury.
Da attivista, nel corso degli anni, sempre in chiave decolonizzante, ha esortato i palestinesi a ricambiare la solidarietà ricevuta sottraendosi a una dialettica esclusivamente euro-anglocentrica, ritenendo le lotte indigene e per la giustizia sociale più forti e autorevoli se condotte insieme, in quanto la liberazione si raggiunge in modo più completo quando si è impegnati in quella degli altri. L’impegno del Sudafrica, che ha intentato la causa per genocidio contro Israele presso la Corte internazionale di giustizia al di fuori di alleanze meramente geopolitiche, sembra darle pienamente ragione.
Abbiamo intervistato Susan Abulhawa dopo quattro mesi di guerra, mentre il governo israeliano di Benjamin Netanyahu respingeva la proposta avanzata da Hamas di 135 giorni di tregua con scambio reciproco di prigionieri in vista di un accordo per porre fine alla guerra. Hamas aveva anche chiesto che durante la tregua l’esercito israeliano si ritirasse completamente dalla Striscia di Gaza, proposta giudicata inaccettabile dall’esecutivo di Tel Aviv. Nello stesso giorno il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha lasciato il Medio Oriente spiegando alla stampa che Israele non ha “la licenza per disumanizzare gli altri”. Dal 7 ottobre le vittime palestinesi sono oltre 28.400 e 60mila i feriti.
In “Ogni mattina a Jenin” la biografia di Amal e della sua famiglia condensa tutta la storia contemporanea della Palestina: la guerra, l’esilio, l’appropriazione della terra, il divenire rifugiati. La strategia di Israele su Gaza dopo il 7 ottobre sembra riprodurre tutti questi eventi nella quiescenza delle potenze occidentali, alcune delle quali hanno anche revocato il sostegno all’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite che assiste i rifugiati palestinesi. Come giudica il comportamento di Israele e degli Stati occidentali, Italia compresa?
SA Non c’è nulla di complicato in questa formula. Fin dalla sua nascita, Israele è stato un’iniziativa coloniale genocida nata in Europa tra le élite di ebrei europei che volevano accaparrarsi una fetta della torta coloniale. Indipendentemente dalle loro ragioni, che si tratti di una risposta all’antisemitismo o di semplice avidità, resta il fatto che sono degli stranieri venuti in Palestina con l’intento di allontanare gli indigeni dalla terra e rubare loro tutto quello che avevano. Questi sono i fatti. La narrazione biblica romanticizzata è pura fantasia che non ha alcuna rilevanza nella realtà o nella testimonianza storica e forense. Siamo un popolo indigeno che lotta per liberarsi da questo stato di apartheid basato sulla supremazia ebraica fascista e la storia ci darà ragione. Ci rifiutiamo di andare incontro al destino di altri popoli indigeni del mondo che sono stati vittime di genocidio, spinti ai margini delle loro terre d’origine, delle loro storie e del loro patrimonio. Gli Stati Uniti e gli altri alleati di questo Stato sionista fascista sono stati smascherati per quello che sono: dei mostri imperialisti. Abbiamo sempre saputo che le loro infinite guerre contro l’“altro” non avevano nulla a che vedere con gli alti ideali della democrazia e dei diritti umani. Ma ora l’imperatore è nudo, la loro malevolenza è chiara, affinché tutto il mondo possa vederla sullo sfondo di un genocidio trasmesso in live streaming.
“Siamo un popolo indigeno che lotta per liberarsi da questo stato di apartheid basato sulla supremazia ebraica fascista e la storia ci darà ragione. Ci rifiutiamo di andare incontro al destino di altri popoli indigeni del mondo che sono stati vittime di genocidio, spinti ai margini delle loro terre d’origine, delle loro storie e del loro patrimonio”
La Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha ordinato a Israele di adottare tutte le misure possibili per prevenire atti di genocidio, di prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico al genocidio e di adottare misure immediate ed efficaci per garantire i servizi di base e gli aiuti umanitari ai civili a Gaza, ma non è riuscita a dichiarare Israele colpevole di genocidio né a ordinare un cessate il fuoco immediato, come invece aveva chiesto il Sudafrica. Qual è la sua opinione sulla decisione?
SA Il senso della decisione della Corte internazionale di giustizia non è mai stato quello di dichiarare Israele colpevole o meno. Questo pronunciamento doveva essere una misura provvisoria per valutare se vi fosse fondatezza nella causa avanzata dal Sudafrica affinché il processo potesse procedere e in secondo luogo per ordinare misure immediate per proteggere la popolazione palestinese. La decisione della Corte è stata positiva sotto entrambi i punti di vista. I giudici hanno stabilito che le prove indicano un genocidio e che il processo contro Israele procederà. Ci vorranno anni per arrivare a un giudizio e si sapeva fin dall’inizio. Nel frattempo, la Corte ha di fatto ordinato a Israele di fermare i bombardamenti indiscriminati e di smettere di utilizzare il cibo e l’acqua come arma contro i civili. Quindi, questa è stata una vittoria a tutti gli effetti per i palestinesi e per l’intero mondo colonizzato e oppresso.
Oltre a prendere deliberatamente di mira gli ospedali di Gaza, abbiamo assistito a raid ed esecuzioni sommarie anche nell’ospedale di Jenin, senza processo o sentenza alcuna…
SA Questa non è una novità. È solo che i media non hanno mai considerato l’uccisione dei palestinesi degna di nota, a meno che questi non siano riportati come numeri quando sui “giornali” mostrano in maniera puntuale la morte degli israeliani.
“Tutti devono prendere posizione. Non esiste una via di mezzo. Chi tace è complice di genocidio”
Rispetto a vent’anni fa, gli autori palestinesi vengono finalmente tradotti e distribuiti dalle grandi case editrici, anche qui in Italia. Se gli scrittori hanno un palcoscenico e una legittimità internazionale, non si può dire lo stesso dei leader politici o della solidarietà con i movimenti politici. Che cosa deve accadere nella società palestinese e nei movimenti di sostegno affinché tutti possano prendere parte con successo a un processo di decolonizzazione e liberazione?
SA Questo è un momento diverso da qualsiasi altro nella storia umana. Una disumanità da mozzare il fiato è sotto gli occhi di tutti, affinché tutti possano vederla e ascoltarla, e ha portato a galla altri orrori nella consapevolezza popolare, inclusa la tragica situazione di luoghi come Congo, Sudan, Yemen, Iraq, tra gli altri, dove le multinazionali e gli eserciti occidentali stanno scatenando violenze e devastazione per rubare le risorse di altre persone. Tutti devono prendere posizione. Non esiste una via di mezzo. Chi tace è complice di genocidio.
© riproduzione riservata