Ambiente / Attualità
“Venice Climate Camp”: quattro giorni per la giustizia climatica al Lido
Negli stessi giorni in cui la Laguna è illuminata dai riflettori della Mostra del cinema, dal 4 all’8 settembre, centinaia di attivisti per il clima da tutta Europa si danno appuntamento per approfondire i temi del “climate change” e confrontarsi sulle pratiche da mettere in atto per fermarlo. A partire da tre ambiti di discussione: grandi opere, ecofemminismi e migrazioni
Quattro giorni per approfondire i temi della crisi climatica e confrontarsi sulle mobilitazioni necessarie alla giustizia ambientale: l’appuntamento è dal 4 all’8 settembre, al Lido di Venezia, proprio accanto ai riflettori della 76esima Mostra internazionale d’arte cinematografica. Il “Venice Climate Camp” è nato dalla collaborazione dello storico comitato No Grandi Navi con i giovani di Fridays For Future Venezia, per dare seguito alle grandi mobilitazioni contro il cambiamento climatico che ci sono state in Italia, e nel resto del mondo, i mesi scorsi.
E Venezia è sembrato il luogo giusto nel quale ridarsi appuntamento questo settembre, non solo per l’occasione della Mostra del cinema che già richiama l’attenzione sul Lido, ma anche per la particolare condizione di questa “città costiera in cui acqua e pietra si compenetrano” -come spiegano i promotori del campeggio internazionale-, che subirà fortemente gli effetti del clima che cambia e dell’innalzamento del mare. Una città nella quale, nonostante questo, “sono stati investiti miliardi di fondi pubblici in una grande opera come il Mose”, ricordano gli attivisti: opera incompiuta costata oltre 6 miliardi di euro, a favore dell’idea di “continuare a violentare la Laguna e poi rimediare meccanicamente, con una gigantesca valvola che provi a chiudere le porte al mare”, come ha scritto Tomaso Montanari. E una città ormai sacrificata al turismo, dove pure “le grandi navi da crociera, inquinanti e devastanti per l’ambiente, continuano a transitare a pochi metri da piazza san Marco” (Venezia è la terza città portuale tra le cinquanta europee più inquinate).
Così al Climate Camp -dove sono attesi almeno 700 attivisti da tutta Europa- si proverà a costruire una riflessione condivisa a partire dagli spunti offerti da ospiti internazionali, e non, nelle giornate da mercoledì 4 a venerdì 6 settembre. La rotta è quella di “un cambiamento radicale in almeno tre direzioni”, come spiega Marco Baravalle del comitato No Grandi Navi: “Serve una rivoluzione che trasformi il nostro modello energetico -uscendo dal fossile-, il nostro modello di gestione territoriale -fermando le grandi opere e il consumo del suolo- e il nostro modello di produzione alimentare -mettendo in discussione il ciclo della carne”.
Il programma delle giornate si articola in tre approfondimenti tematici, che rappresentano “i tre terreni di prova della battaglia sulla giustizia climatica”, spiega Baravalle: mercoledì 4 settembre il primo, dedicato alle grandi opere e al capitalismo estrattivo, con ospite il norvegese studioso di ecologia politica Alexander Dunlap, del “Center for Development And Environment” dell’Università di Oslo; giovedì 5 settembre il secondo focus sugli ecofemminismi e la relazione tra corpi e territori, che sarà approfondita -tra le altre- dall’argentina Moira Millàn, portavoce Mapuche del “Movimiento Mujeres Indigenas por el Buen Vivir”; e venerdì 6 settembre il terzo approfondimento sulle migrazioni, con la testimonianza del nigeriano Nnimmo Bassey, direttore della “Health of Mother Earth Foundation”.
“Il caso nigeriano è esemplare per mostrare quale sia la facciata green del capitalismo, che abbiamo sempre rifiutato e smentito -spiega Baravalle-. Basti pensare alle responsabilità di Eni nella distruzione del Delta del Niger; la stessa multinazionale che nel nostro Paese mostra invece un volto pulito” (è recente la campagna di comunicazione ‘Eni +1’).
“Mentre l’Amazzonia brucia con il benestare del presidente brasiliano e la Siberia è in fiamme nel totale disinteresse di quello russo; mentre l’Onu ci avverte che la desertificazione del Sud globale avrà costi sociali e umani altissimi e i vertici mondiali sul clima dimostrano, anno dopo anno, solamente il fallimento delle politiche di mitigazione, al Lido vogliamo rimettere al centro la radicalità dei discorsi e delle pratiche -continua-. Il movimento contro i cambiamenti climatici sta crescendo in tutta Europa: speriamo che si consolidi anche in Italia e che questa sia un’occasione per nutrirlo”.
Si arriverà così a sabato 7 settembre, quando nel pomeriggio gli attivisti del Climate Camp raggiungeranno il red carpet della Mostra del cinema con una marcia climatica, per “ricordare a tutte tutti che il cambiamento climatico non è un soggetto da film di fantascienza, ma è la realtà che stiamo già vivendo” e quindi “continuare a sensibilizzare le persone e creare consapevolezza, costruire massa critica e ascoltare la scienza che ci fornisce dati e innumerevoli soluzioni alternative”, come si legge nell’appello di Fridays For Future Venezia/Mestre.
“Sappiamo che molti artisti e protagonisti del mondo del cinema sono sensibili alle tematiche ambientali e saranno presenti al Lido: a loro ci siamo rivolti con un appello invitandoli ad aderire alla nostra mobilitazione e a portare questi temi sotto i riflettori della Mostra del cinema”, conclude Baravalle.
Le quattro giornate si chiudono domenica 8 settembre: alle ore 11.00 sarà presentata la campagna “Giudizio universale”, per “invertire il processo” e chiedere all’Italia di attuare misure più stringenti in risposta ai cambiamenti climatici; nel pomeriggio, invece, un approfondimento dedicato all’impatto ambientale del turismo con la rete SET (Sud Europa di fronte alla Turistificazione). Per tutto il campeggio cucina vegana, energia alimentata da pannelli solari e plastiche monouso bannate, con un’attenzione speciale al tratto di spiaggia che ospiterà l’evento. Perché anche nei gesti del quotidiano -uniti all’analisi globale- sta la radicalità che potrà salvare il clima.
© riproduzione riservata