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Diritti

F35, quel che il ministro non dice

Mauro, titolare della Difesa, in audizione al Senato "giustifica" l’investimento negli F35 spiegando che l’Italia ha già acquistato le portaerei necessarie ad ospitare i caccia. Una giustificazione che secondo Rete disarmo e campagna "Taglia le ali alle armi" non regge alla prova dei numeri

Il ministro della Difesa Mario Mauro, in audizione ieri al Senato, ha parlato di F35, spiegando che anche se "si dice che se ci ritiriamo dal programma per i caccia F35 non avremo penali" -e noi di Ae siamo stati i primi a scoprirlo, nel dicembre 2011-, l’Italia ha "già speso 3 miliardi e mezzo di euro per la portaerei Cavour -ce ne sono solo due in Europa, l’altra è la francese Charles de Gaulle- che dovrebbe ospitare gli F35 a decollo verticale". Secondo il ministro di fronte a una rinuncia all’investimento, "non capiremmo per quale ragione abbiamo speso quei soldi", ma secondo la Rete italiana per il Disarmo "è importante sottolineare alcuni aspetti: le vere ‘notizie’ derivanti dalle dichiarazioni di oggi sono tre". Le riportiamo, pubblicando il comunicato stampa della Rete, il cui portavoce Francesco Vignarca è autore del libro "Armi, un affare di Stato" (Altreconomia/Chiarelettere) e curatore del blog "I signori delle guerre" su altreconomia.it

Per prima cosa si conferma quanto la campagna “Taglia le ali alle armi” dice da tempo: per la struttura del programma F-35 attualmente non sono previste penali in quanto gli accordi e i contratti (sottoscritti con il Governo degli Stati Uniti e non con Lochkeed Martin e per questo motivo soggetti ai cicli di acquisto USA) vengono definiti annualmente. Per questo motivo basta bloccare la decisione di acquisto per ciascuno dei lotti successivi, anche se iniziati con pre-acquisti di alcuni pezzi, per azzerare qualsiasi onere futuro sui velivoli. Un elemento da sempre sottolineato dalle campagne che si oppongono al cacciabombardiere, ma che è stato addirittura ancora utilizzato da diversi esponenti parlamentari nel corso delle recenti discussioni alla Camera ed al Senato sulle mozioni “NO F-35”.

In secondo luogo, emerge chiaramente la scarsa considerazione in cui è tenuto il Parlamento costretto in questi anni (e numerose volte, di recente) a sorbirsi numeri fasulli e non completi relativamente al programma F-35 ed alle situazioni ad esso connesse. Come è accaduto oggi nel conteggio dei costi sostenuti per la Portaerei Cavour – i 3,5 miliardi sono una cifra molto al di sopra del prezzo di produzione della stessa e probabilmente comprendono anche le spese sostenute per la gestione, l’esercizio e l’addestramento – e come già successo nei giorni scorso proprio a riguardo del caccia F-35.
Lo stesso ministro Mauro ha infatti dichiarato pubblicamente che i 90 caccia in previsione costeranno 12 miliardi di euro (confermando le stime di “Taglia le ali alle armi”) dicendo però che i primi esemplari costeranno circa 100 milioni di euro con un presso in discesa (60 milioni) per i successivi esemplari. Come sia possibile con un costo totale che, con una semplice operazione di algebra elementare, comporta una media di costo a velivolo di oltre 130 milioni di euro resta un mistero che il ministro dovrebbe chiarire meglio…

Infine, la terza sottolineatura è sull’affanno con cui il ministero della Difesa e i fautori del programma Joint Strike Fighter (F35) continuano e cercare di giustificare questa scelta difendendo l’indifendibile. Non potendo addurre motivazioni strategiche, militari ed operative serie (se non il reiterato “sono indispensabili” che dovrebbe chiude ogni possibile replica e che fa sembrare altamente ridicola l’accusa di “ideologia” avanzata verso i gruppi pacifisti e disarmasti) si continuano a cercare le motivazioni più disparate e inconsistenti. Dalle penali, ormai smentite, al ritorno occupazionale che non regge più nemmeno con previsioni ridotte ai minimi termini. Dalle possibili ricadute tecnologiche, assolutamente scarse e che avremo semmai fra diversi anni, fino al ritorno industriale che secondo il ministro dovrebbe addirittura superare in valore assoluto la spesa totale del nostro Paese. Sarebbe un vero e proprio “miracolo italiano” per un progetto di cui siamo solo subfornitori in percentuali basse e senza nemmeno una spinta utile in direzione di ricerca e sviluppo. Fino ad arrivare al tentativo (continuo, di recente) di giustificare l’acquisto dei caccia F-35 come mera conseguenza della precedente scelta di varare la portaerei Cavour. Un “effetto domino” costoso e insensato che non reggerebbe in qualsiasi altro contesto (voi giustifichereste l’acquisto di nuovi treni ultraveloci con i costi già assunti per la costruzione e la gestione delle stazioni in cui si fermeranno?).

Nelle sue dichiarazioni il Ministro Mauro ha anche sottolineato come: "La Difesa nei Paesi europei è inefficiente perché ciascuno va per la propria strada. I dati del 2011 indicano che i Paesi europei hanno speso nel complesso 29,2 miliardi di euro per l’acquisizione di sistemi d’arma ed equipaggiamenti ma di questi, solo 7,3 miliardi sono andati a programmi di acquisizione condotti in cooperazione tra due o più Paesi dell’Unione".
E la domanda sorge immediatamente spontanea: tra i Paesi europei che stanno andando per la propria strada privilegiando una coproduzione extra-UE e succube invece delle indicazioni strategiche ed operative di Washington non c’è proprio l’Italia con la sua ostinata decisione di proseguire nell’acquisto dei caccia F-35? Qualcuno (in Parlamento o nel Governo) lo può spiegare al ministro Mauro?

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