Altre Economie
Una questione agraria
Accesso alla terra e democrazia educativa sono la “ragione sociale” del Movimento Sem Terra, nato in Brasile nel 1984. Intervista al leader João Pedro Stédile, che ad Altreconomia dice: "Il problema non è l’impresa, né la tecnologia, ma la redistribuzione dei frutti di ogni processo produttivo. L’unica forma di distribuzione giusta delle ricchezza è una forma cooperativa" —
“Il capitalismo è un modello di produzione che domina tutto il pianeta ed è egemonizzato dal capitale finanziario e dalle multinazionali. Ma il problema non è l’impresa, né la tecnologia, ma la redistribuzione dei frutti di ogni processo produttivo”. Le parole di João Pedro Stédile sono figlie di una riflessione forte di trent’anni di impegno come leader e coordinatore del Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (MST, www.mst.org.br) in Brasile, il movimento contadino nato nel 1984 che occupa aziende agricole abbandonate e latifondi improduttivi per permettere a famiglie povere di coltivare una terra e nutrirsi.
Sostiene che il potere economico ha sequestrato gli Stati: come tornare a un maggiore equilibrio tra poteri?
Tutto il lavoro che produce la ricchezza nel mondo, in tutti i Paesi, è dominato da 300 aziende multinazionali, che gestiscono la ricchezza prodotta: i movimenti sociali e tutta la società devono combattere questo modello, che rappresenta un monopolio del capitale sugli Stati.
Esistono tante forme di lotta: la prima è la statalizzazione del sistema finanziario, perché lo Stato possa assumere il controllo di questo processo di accumulazione che oggi le banche sequestrano a tutta la società; un’altra esigenza è rompere con il dollaro come moneta internazionale, perché gli Stati Uniti d’America lo usano per controllare altri Stati e per finanziare e pagare i loro stessi debiti: la moneta internazionale deve essere un meccanismo di regolamentazione del commercio, non di sfruttamento dei popoli.
Esistono però altre forme di azione. Ad esempio, quando un contadino adotta un modello agro-ecologico al posto dell’agro-business, guardando alla terra come luogo di lavoro, certo, ma anche come bene di tutti, di cui prendersi cura, coltivando alimenti sani e preservandone la biodiversità. Smettendo di comprare pesticidi e fertilizzanti chimici, inoltre, a lungo termine metteremmo in crisi Syngenta, Bayer, Basf, Monsanto e tutte le grandi multinazionali che ne producono.”
Molti, però, ritengono fallimentare la gestione delle banche da parte dello Stato, -più in generale- temono uno strapotere dello Stato?
È una valutazione ideologica. Non è possibile risolvere i problemi della popolazione, come costruire una casa, avere la scuola, i trasporti accessibili, gli alimenti, senza un’intervento dello Stato. Il problema è che lo Stato è stato sequestrato dalle imprese capitaliste. Servono nuove regole di controllo sociale, cosicché sia la popolazione a poter controllare l’operato dello Stato.
Ecco perché, in Brasile, stiamo organizzando un grande movimento popolare per la riforma del sistema politico, per creare nuovi meccanismi e strumenti di partecipazione popolare. La destra difende la posizione opposta, dicendo che è il mercato che deve risolvere i problemi. Il mercato, in realtà, è un’ipocrisia, perché non esiste un mercato come ente, ma esistono le imprese capitaliste che organizzano la produzione in funzione del lucro. Ad aver fallito non è lo Stato, ma è l’aver organizzato l’economia con l’unica funzione del profitto.”
A 30 anni dalla nascita del Movimento Sem Terra (MST), come giudica il vostro cammino, tra rivendicazioni di diritti, occupazioni di terre e proposte di riforma agraria?
In questi trent’anni abbiamo ottenuto molto, a partire dal fatto che siamo riusciti a conquistare la terra per 800mila famiglie.
Certo, anche le difficoltà sono state tante: ad esempio, la riforma agraria in Brasile è ancora paralizzata. Ma abbiamo imparato molto dai nostri errori, e oggi ci troviamo con una visione più chiara a lavorare per una nuova riforma agraria, che chiamiamo “riforma agraria popolare.”
Nell’ambito di questa proposta, chiediamo di eliminare il latifondo, e di democratizzare l’accesso alla terra attraverso un controllo sociale del popolo: attualmente, secondo le nostre stime, 30 milioni di ettari di terra in Brasile sono controllati da 117 imprese straniere, che contribuiscono, inoltre, a finanziare la politica locale. Oltre alla terra, propone una tutela dell’acqua, delle fonti di energia e dei semi locali contro la privatizzazione. Per quanto riguarda la produzione, propone una riorganizzazione del lavoro, e che il controllo delle tecnologie e della ricchezza prodotta siano dei lavoratori stessi.
Un ultimo punto, tocca il tema della cultura e dell’educazione, che deve essere gratuita, di qualità e accessibile a tutti.
Tra le attività che il MST porta avanti ci sono anche esempi di agro-industria cooperativa, ovvero la collaborazione tra contadini e industria. Come funziona?
Esiste un grande preconcetto contro le industrie, perché i capitalisti usano una tecnologia industriale per andare contro i diritti delle persone. Il problema riguarda la proprietà delle tecnologie, e a chi resta il ricavo di questa produzione. Ecco perché proponiamo un’alternativa: invece di avere grandi fabbriche della Nestlé con mille, duemila, cinquemila operai, possiamo avere piccole cooperative comunitarie distribuite su tutto il territorio, che continueranno a produrre formaggio, yogurt, latte. I “frutti” di questo processo industriale saranno ripartiti tra i lavoratori che lavorano nelle fabbriche e i contadini che forniscono le materie prime. L’unica forma di distribuzione giusta delle ricchezza è una forma cooperativa.
Oltre al lavoro, il MST ha tra i suoi obiettivi anche l’accesso ai beni culturali e all’educazione. In Brasile pratica la “metodologia dell’alternanza”. Ci spiega che cos’è?
Abbiamo fatto delle grandi conquiste in questi 30 anni, anche nell’educazione: abbiamo costituito, ad esempio, le scuole elementari itineranti, e ottenuto che fossero riconosciute dalla legge brasiliana. Così, se c’è un accampamento di contadini senza terra, che deve trasferirsi da una parte all’altra, anche la scuola si trasferisce con loro e i bambini non perdono l’istruzione.
Per quanto riguarda l’università, invece, generalmente è in città, e la gente va là, per poi rimanere a studiare durante tutto l’anno accademico.
Questo sistema favorisce chi abita in città, ma non serve a chi abita in campagna. Di conseguenza, abbiamo consolidato in Brasile una metodologia che si chiama “metodologia di alternanza”, che prevede di alternare il tempo nelle aule di università con il tempo di comunità e di lavoro pratico. Dopo aver frequentato l’università per due mesi, si torna a casa per altri 2 e si applica quello che si è imparato nella propria comunità. Questa esperienza è risultata molto produttiva: all’inizio è stata una lotta, perché gli insegnanti dicevano che per i ragazzi provenienti dalla campagna non c’era un posto dove stare. Loro però non si sono fatti problemi, e spesso rimanevano a dormire nelle aule. Oggi è un’esperienza felicemente consolidata e abbiamo una convenzione con più di 50 università in tutto il Brasile, che hanno accettato il modello dell’alternanza: abbiamo formato tanti studenti in pedagogia, geografia, agronomia, diritto, veterinaria. L’unico ambito che la borghesia non accetta è medicina. Ecco perciò che i nostri alunni medici vanno a Cuba, dove sono accettati.
Il MST collabora con altri movimenti sociali in Brasile e oltre i confini nazionali. Come nasce questa collaborazione, e che dimensioni ha?
È frutto della stessa internazionalizzazione del capitale, è una contraddizione positiva: gli stessi nemici dei contadini brasiliani sono in Perù, in Colombia, in Cile, in Africa e sono, ad esempio, la Monsanto, Syngenta, la Basf, la Nestlé.
Nel 1994 ci siamo incontrati, eravamo diversi rappresentanti dei movimenti sociali dell’America Latina, e abbiamo creato la CLOC (Coordinadora Latinoamericana de Organizaciones del Campo, www.cloc-viacampesina.net), la confederazione latinoamericana delle organizzazioni contadine. Nel 1995 ci siamo incontrati con gli europei, in Belgio, e abbiamo visto che i problemi in Europa erano gli stessi in America Latina. Nel 1996 abbiamo fatto un incontro mondiale in Messico e durante il nostro meeting è avvenuto -il 17 aprile- il massacro di Eldorado dos Carajas nello stato brasiliano del Pará, dove 19 contadini Sem Terra sono stati ammazzati dalla polizia.
Ecco perché la Via Campesina, il movimento internazionale dei contadini che si stava costituendo in Messico, ha dichiarato il 17 aprile la giornata della lotta contadina in tutto il mondo. Cento anni dopo la giornata della donna e dei lavoratori, anche noi contadini abbiamo una giornata internazionale di lotta come reazione al dominio internazionale del capitale. —