Diritti
Sulla tortura il compromesso è stato un boomerang, ricominciamo daccapo
La manifestazione di Sap e Lega Nord occupa il centro della scena e dimostra, una volta di più, che non serve una legge purchessia, bensì un processo riformatore vasto e rigoroso. Nella Giornata internazionale contro la tortura, le vittime degli abusi si sono ritrovate sole. Sarebbe il momento di ripartire e rilanciare l’azione su nuove basi
A essere onesti, la Giornata internazionale contro la tortura, che si celebra oggi, dovrebbe escludere l’Italia, o forse – dipende dal senso che vogliamo darle – concentrarsi sull’Italia, vista la nostra evidente incapacità di affrontare con gli strumenti dovuti una questione così delicata.
Arriviamo a questa Giornata con i giornali che danno notizia della manifestazione di un sindacato di polizia (il Sap, che è piuttosto screditato, ma tuttora forte) contro la legge sulla tortura in gestazione in parlamento, una legge – com’è noto a tutti – largamente al di sotto degli standard internazionali.
Il Sap ha trovato importanti appoggi politici, sia espliciti (la Lega Nord che è scesa in piazza con gli agenti, più altre forze della destra), sia impliciti, con i silenzi e i distinguo di altre forze politiche, dei parlamentari attivi sulla materia, dei commentatori che scrivono sui quotidiani. La discussione si è svolta con toni e su contenuti che definire impropri è un eufemismo.
Le sparate del Sap e dell’onorevole Salvini non sono state trattate per quel che sono, ossia affermazioni che si pongono fuori del perimetro della democrazia costituzionale, ma come un avvertimento e un segnale d’insofferenza da tenere in considerazione e quindi un buon motivo per blandire e rassicurare ancora una volta le forze di polizia in quanto tali. E in effetti il Sap, se pur sguaiatamente, esprime un sentimento largamente diffuso in polizia, fino ai suoi vertici: basta rileggersi l’intemerata del capo della polizia Pansa appena qualche settimana fa, durante un’audizione al Senato, in merito al testo di legge sulla tortura approvato alla Camera.
È possibile, come teme il senatore Manconi, che una legge sulla tortura non sia approvata nemmeno in questa legislatura, ma ci sarà poco da rammaricarsi: il testo in discussione è così minimalista, farraginoso e pieno di equivoci che creerebbe più imbarazzi che altro. Meglio non avere una legge, tenere aperta la "questione polizia" e lottare per una legge giusta, piuttosto che chiudere un capitolo senza avere in realtà affrontato i nodi più problematici.
Diciamolo chiaramente: il percorso della legge in parlamento, la pochezza della discussione pubblica, l’inerzia seguita alla sentenza della Corte europea di Strasburgo sul caso Diaz, le azioni del capo della polizia (la sparata in Senato, la richiesta di azione disciplinare contro Enrico Zucca, pm nel processo Diaz), l’intervento del duo-Sap-Lega Nord dimostrano che abbiamo bisogno, non già di una legge sulla tortura purchessia, bensì di un impegno civile, sociale, politico intenso e rigoroso affinché siano comprese le ragioni per le quali è necessario introdurre nel nostro ordinamento una legge ad hoc che sia coerente con i dettami della convenzione dell’Onu e con gli standard internazionali.
La polizia italiana sta dimostrando d’essere a disagio con gli standard normativi internazionali e perciò ha pressato il parlamento al fine di svuotare la legge dall’interno e renderla più digeribile.
La scelta del compromesso, compiuta dalle forze di centrosinistra e dal M5S e, fuori dal parlamento, dalle organizzazioni per i diritti umani più rappresentative, non è stata un atto di ragionevolezza, bensì un arretramento che ha prodotto solo effetti negativi: non c’è stato alcun dibattito serio sugli abusi compiuti dalla forze di polizia e sulla difficoltà degli apparati ad affrontarli a viso aperto e con spirito di trasparenza; non si è reagito alla sentenza della Corte di Strasburgo con lo spirito riformatore che sarebbe necessario; non sono stati creati anticorpi, nella polizia e nell’opinione pubblica, in grado di reagire con forza agli estremismi del Sap e di altri soggetti. Una caporetto.
Chi ha subito atti di tortura e i familiari delle vittime di tortura, da noi del Comitato Verità Giustizia per Genova fino a Ilaria Cucchi, in questa Giornata si sono sentiti molto soli. La nostra avversione alla legge-beffa non è stata considerata, come sono stati ignorati gli espliciti no dell’avvocatura penale, del pm Zucca, del giudice Roberto Settembre (processo per le torture a Bolzaneto). La strategia del "male minore" si è rivelata un boomerang: il campo è stato occupato da Sap e Lega; la legge in gestazione è pessima e forse non sarà nemmeno approvata; le buone ragioni della riforma sono state escluse dalla discussione.
C’è da sperare che da oggi cominci una fase nuova e che tutti ci impegniamo, d’ora in poi, col rigore necessario per una buona legge sulla tortura e una generale riforma democratica delle nostre forze di polizia. Le quali, giorno dopo giorno, dimostrano d’avere urgente bisogno di un intervento del genere.