Diritti / Opinioni
La crisi dimenticata del Gran Kasai
La regione nel cuore della Repubblica Democratica del Congo è stravolta da una guerra scoppiata nel 2016. A farne le spese sono i bambini. La rubrica di Luigi Montagnini
La malnutrizione infantile (che vuol dire mangiare in maniera insufficiente, sia per scarsa quantità, sia per mancanza di apporti nutrizionali essenziali) è da sempre l’immagine emblematica (e stereotipata) delle emergenze umanitarie. Le fotografie di bimbi con la pancia gonfia e gli occhi spenti, incuranti delle mosche che li ricoprono e dei tubi per l’alimentazione che gli entrano nel naso, sono ancora molto efficaci ai fini di raccolta fondi, come insegnano le agenzie pubblicitarie di alcune Ong. Ho sempre detestato (e combattuto) l’utilizzo di simili fotografie per le nostre campagne, anche quando non pretestuose ma necessarie per raccontare una realtà. Il rispetto dei bimbi viene prima di tutto. Sono tanti i posti però dove i bambini, ancora oggi, muoiono per fame, o contraggono malattie infettive come diarrea o polmoniti perché il loro organismo non è forte a sufficienza a causa della malnutrizione.
38.300.000, è la stima del numero di bambini sovrappeso nel 2017; nello stesso anno, quelli sottopeso erano 50.500.000 (fonte Unicef)
Ho già parlato in questa rubrica di alcuni di questi Paesi: Sud Sudan, Yemen, Iraq, Bangladesh, solo per citarne alcuni. Come sempre sono luoghi dimenticati dai mass media e che qualche volta scopro, tristemente, di non sapere neppure localizzare su di una mappa, come nel caso del Gran Kasai. È una regione composta da tre province (Kasai, Kasai centrale e Kasai orientale) nel mezzo della Repubblica Democratica del Congo (Paese dell’Africa subsahariana che a scuola molti noi hanno studiato con il nome di Zaire). Vi si combatte una guerra scoppiata nell’agosto del 2016 dopo l’uccisione del leader locale Kamwina Nsapu (nome tribale di Jean-Pierre Mpandi) da parte dell’esercito congolese. La crisi che ne è derivata tra milizie, gruppi armati e forze di sicurezza, copre una zona grande quanto la Germania con il risultato di un’emergenza umanitaria di proporzioni enormi: 3,8 milioni di persone necessitano di assistenza, 1,5 milioni sono sfollati e 400.000 bambini sono affetti da malnutrizione severa. Le nostre équipe hanno visitato villaggi completamente devastati, dove le case sono state date alle fiamme, le scuole distrutte e i centri di salute saccheggiati. I livelli di violenza sono stati terribili, con numerose fosse comuni da cui affiorano mani e piedi tagliati. È in queste aree che si concentrano soprattutto i casi di malnutrizione infantile grave, con punte che arrivano al 10% tra i bambini di età inferiore ai 5 anni. Gli aiuti umanitari hanno raggiunto solo le città principali della regione, ma faticano a soccorrere la maggior parte dei villaggi. Migliaia di persone sfollate sono prive di riparo e di assistenza, solo alcune riescono a trovare aiuto nella comunità locali, dato che non esistono campi formali per accoglierli. Anche coloro che riescono a fare ritorno al loro villaggio vivono situazioni di estrema difficoltà: manca tutto, dai mattoni per poter ricostruire gli alloggi ai semi per poter ricominciare a coltivare. L’Unicef ha definito la crisi in Kasai come una “children’s crisis”: i bambini infatti sono vittime della malnutrizione, delle epidemie dovute all’interruzione delle campagne vaccinali, dell’impossibilità di frequentare una scuola e anche della piaga dei bambini soldati. A migliaia sono reclutati per uccidere o per essere usati come scudi umani e si stima che fino al 60% delle milizie regionali siano composte da bambini.
Tra i vari progetti necessari per donare sollievo ai bambini del Kasai, insieme al cibo e alle cure mediche, bisogna prevedere anche impegnativi programmi di sostegno e recupero perché, poco alla volta, possano dimenticare di essere stati adulti e imparare di nuovo a giocare, accogliere e perdonarsi.
Luigi Montagnini è un medico anestesista-rianimatore. Dopo aver vissuto a Varese, Londra e Genova, oggi vive e lavora ad Alessandria, presso l’ospedale pediatrico “Cesare Arrigo”. Da diversi anni collabora con Medici Senza Frontiere
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