Altre Economie
Un argine all’idroelettrico
Le dighe producono energia rinnovabile, ma spesso questi interventi vengono realizzati senza rispettare la naturalità di fiumi e torrenti. In Italia sono pendenti l’autorizzazione circa 1.500 interventi, che i firmatari dell’"Appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua" -presentato il 28 ottobre alla Camera- chiedono di stoppare. Per garantire che l’Italia possa rispettare la Direttiva quadro sulle acque (2000/60)
L’energia elettrica generata dagli impianti idroelettrici proviene da fonti rinnovabili ma non è necessariamente un’energia pulita. Per questo, oggi a Roma è stato presentato un “appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico” (in allegato).
I primi firmatari sono oltre cento associazioni e comitati locali, tra cui ci sono il CIRF (Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale) con Legambiente, WWF Italia, Mountain Wilderness Italia, FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee), Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Comitato bellunese acqua bene comune, presenti alla Sala stampa di Montecitorio in rappresentanza di tutti i promotori.
“Nonostante le oltre 3mila centrali idroelettriche già esistenti in Italia -spiegano in un comunicato stampa-, i pochissimi corsi d’acqua che mantengono condizioni di naturalità elevata sono soggetti a una pressione senza precedenti a causa degli incentivi statali alle rinnovabili. Si è scatenata una rincorsa alla costruzione di nuove centrali idroelettriche, con oltre 1.500 istanze attualmente pendenti nelle regioni alpine e centinaia nelle Regioni del Centro-Sud, che riguardano spesso corsi d’acqua piccoli e a quote più elevate, il più delle volte all’interno di aree protette o comunque in contesti di particolare pregio e fragilità”, come Altreconomia ha avuto modo di raccontare in più occasioni.
I soggetti firmatari, estremamente preoccupati per questa situazione, avanzano al Governo, al Parlamento e alle Regioni una serie di richieste urgenti per evitare l’ulteriore degrado dei corsi d’acqua, e per promuovere un impegno serio e concreto per una più efficace mitigazione degli impatti sugli ecosistemi fluviali da parte degli impianti esistenti.
Tra le richieste c’è “l’immediata sospensione del rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici su acque superficiali, comprese quelle attualmente in istruttoria, a cominciare dai procedimenti in itinere che ricadono nei ‘siti non idonei’ individuati nelle varie Regioni”, e che i corsi d’acqua -e in particolare quelli di montagna- “vengano considerati un patrimonio di biodiversità, di valori ambientali e paesaggistici da tutelare piuttosto che una semplice risorsa da sfruttare in modo intensivo e indiscriminato”.
La stella polare dell’appello è la Costituzione, e in particolare l’articolo 9, sulla tutela del paesaggio, che si accompagna a un recente pronunciamento del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222), “che ribadisce come il ‘paesaggio’ sia bene primario e assoluto e che la sua tutela sia quindi prevalente su qualsiasi altro interesse giuridicamente rilevante, sia di carattere pubblico che privato”.
L’esigenza di questo intervento è legata anche al “ritardo da parte del Governo italiano, delle Autorità di Bacino e delle Regioni nel completo recepimento della Direttiva Quadro sulle Acque, 2000/60/CE, che sostiene la necessità di ristabilire la buona qualità dei corsi d’acqua e comunque di non degradarne le condizioni ecologiche”, cui Ae ha recentemente dedicato un approfondimento intervistando proprio Andrea Goltara, direttore del CIRF, uno degli esperti chiamato a presentare l’appello in Parlamento. Goltara ha parlato anche del recente rapporto CIRF sui conflitti tra idroelettrico e tutela dei corsi d’acqua, e insieme a lui hanno preso parola Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, Andrea Agapito, responsabile acque del WWF Italia, Ugo Claudio Matteoli, presidente FIPSAS, Paolo Carsetti, Segreteria Operativa del Forum italiano dei movimenti per l’acqua e Lucia Ruffato, presidente del Comitato Bellunese Acqua Bene Comune.