Altre Economie / Varie
Lo zucchero amaro delle Filippine
Rischiano di restare irrisolti i casi di omicidio di 2 operatori del Fair Trade -Romeo Capalla e Dionisio Garete-, avvenuti nella provincia di Iloilo nel corso del 2014: le istituzioni locali non cercano giustizia, secondo quanto ha potuto appurare una missione internazionale d’inchiesta e solidarietà. L’ha coordinata Rudi Dalvai, presidente dell’Organizzazione mondiale del commercio equo, che firma questo reportage dall’Asia per Altreconomia —
Romeo Capalla è stato ucciso a metà marzo nella piazza principale di Oton, una cittadina della provincia di Iloilo, nelle Filippine. Romeo, 65 anni, era il presidente del Panay Fair Trade Center (PFTC), un’organizzazione attiva nella commercializzazione di zucchero di canna biologico nell’ambito del commercio equo e solidale, e -secondo il racconto di chi c’era- il suo omicidio sarebbe stato una vera e propria esecuzione. Questo è quanto abbiamo potuto ricostruire visitando Oton a metà agosto, con una missione internazionale d’inchiesta e solidarietà (vedi box a p. 21) che ha portato nel Paese asiatico membri di organizzazioni del commercio equo e per la difesa dei diritti umani. Due mesi dopo la morte di Capalla, a Janiuay, sempre nella provincia di Iloilo, è stato assassinato anche Dionisio Garete, un contadino associato a KAMADA, una delle cooperative che commercializzano lo zucchero di canna integrale prodotto tramite PFTC, ed era necessario portare un segnale concreto, far capir all’organizzazione filippina che non è sola, con la speranza che questo possa contribuire a proteggere chi è ancora in vita. Anche per questo, oltre alle interviste ufficiali -con il governatore e i sindaci delle due cittadine, formalmente responsabili di coordinare la task force di forze di polizia che dovrebbe indagare sul caso- abbiamo incontrato i familiari delle due vittime, la sorella e la suocera di Romeo Capalla e le sette figlie di Dionisio Garete. Purtroppo, da quando nel 2010 Benigno Aquino è diventato presidente delle Filippine le esecuzioni extragiudiziali nel Paese sono diventate comuni, tanto che presso il Dipartimento di giustizia esiste un comitato dedicato ad investigare “extra-legal killings, enforced disappearances, torture and other grave violationes of the right to life, liberty and security of persons”.
Padre Shay Cullen, fondatore di PREDA, un’altra storica organizzazione del Fair Trade nelle Filippine, ricorda che “Romy (così era chiamato Romeo dagli amici, ndr) è stata la settima vittima di un’esecuzione in perfetto stile militare avvenuta quest’anno”, ma che “ci sono altre 169 vittime documentate, uccise in modo analogo negli ultimi anni”, e che queste persone sono “pastori della chiesa, preti, contadini, lavoratori impegnati nella difesa dei diritti sociali, persone indigene che protestavano contro l’espropriazione dei terreni (land grabbing) che abitavano da secoli”. “Nessun ‘ribelle’ ucciso sul campo di battaglia -ricorda Padre Shay-: la maggioranza è stata colpita in modo vile e codardo, da assassini che sono poi scappate in moto, come nel caso di Romeo Capalla”.
Un omicidio che rischia di restare irrisolto: le indagini sull’assassinio di Capalla sono state chiuse pochi giorni dopo la conclusione della nostra missione. La polizia, però, non ha fatto una vera inchiesta, anche perché la dinamica dei fatti rende impossibile che nessuno abbia visto: chi ha pianificato l’omicidio di Romeo conosceva alla perfezione le sue abitudini, e sapeva che ogni sera, a meno che non si trovasse all’estero, alle 17.30 andava a prendere la suocera, una signora di 92 anni che gestisce un emporio al mercato centrale di Oton, per accompagnarla a casa.
Eppure, nessuno avrebbe visto niente: “Nessuno è venuto a denunciare” ci ha spiegato il sindaco, nell’incontro che abbiamo avuto come delegazione, aggiungendo che “i contadini non vengono a dirci niente”. Stando alle ricostruzioni della polizia locale, però, il commando che lo ha assassinato sarebbe stato formato da cinque persone. E una lettera redatta il 20 maggio scorso dal Dipartimento di Giustizia di Manila spiega che il responsabile dell’ufficio di Polizia municipale di Oton avrebbe indicato già il 28 marzo, a meno di due settimane dai fatti, il nome di uno degli appartenenti. Per questo abbiamo voluto ricordare ai rappresentanti istituzionali che abbiamo incontrato che avrebbero dovuto avviare delle indagini, perché l’opinione pubblica internazionale è attenta al loro comportamento. La chiusura del caso, però, non deve stupirci: l’obiettivo principale della missione che ho coordinato, in qualità di presidente dell’Organizzazione mondiale del commercio equo (WFTO, www.wfto.com), cui PFTC è associata, era quello di incontrare le autorità locali per chiedere loro che venisse fatta giustizia. Intervistando le autorità, però, ci siamo trovati di fronte un “muro di gomma”.
Romeo e Dionisio sono stati uccisi perché doveva essere colpita l’attività del Panay Fair Trade Center, una rete forte di 5 cooperative, le cui attività beneficiano tra le otto e le 10mila famiglie sulle isole Panay. La colpa del PFTC è aver tolto molti piccoli contadini dalla dipendenza dei latifondisti, cancellando una morsa figlia della storia del Paese -al momento dell’indipendenza dalla Spagna, alla fine dell’Ottocento, le terre vennero ripartite tra poche famiglie- e delle fine di un modello di agricoltura “di comunità”. Negli anni Settanta del secolo scorso, quando vennero costruiti “mulini industriali”, in grado di processare la canna da zucchero, i produttori si sono trasformati in semplici conferitori di materia prima, pagati sempre di meno. Ecco perché, per molti, oggi PFTC rappresenta una minaccia: lo zucchero di canna bio “Mascobado”, quello distribuito in Italia da Altromercato, che dal 1991 è partner dell’organizzazione (vedi box a sinistra) e oggi importa 800mila euro di zucchero da Panay, è il simbolo di un’indipendenza che dev’essere cancellata. Non a caso, subito dopo l’omicidio di Romeo Capalla qualcuno ha tentato di incendiare il centro di trasformazione della canna da zucchero di KAMADA, la cooperativa cui era associato Dionisio Garete, l’altra vittima: il fuoco è stato appiccato a uno dei camion al servizio del piccolo stabilimento, che poi è stato lanciato all’interno del capannone; per fortuna la struttura -che abbiamo potuto visitare- è in cemento armato e acciaio, e ha subito danni lievi, tanto che due settimane dopo ha potuto riprendere la produzione.
Questo volontà di “riprendersi il mercato” l’ho compresa appieno quando abbiamo incontrato il sindaco di Janiuay, che secondo alcuni sarebbe vicino al gruppo paramilitare cui apparterrebbe il presunto omicida di Romeo, ovvero il Revolutionary Proletarian Army-Alex Boncayao Brigade (RPA-ABB). Di fronte alle mie rimostranze su un possibile danno commerciale per Ctm e per l’economia locale, qualora PFTC si fosse trovata nella condizione di sospendere l’esportazione di zucchero di canna, il sindaco ha risposto che se avessimo avuto difficoltà a procurarci del mascobado, lui sapeva consigliarci un altro fornitore.
Le istituzioni non accettano che quest’organizzazione nata nel 1991, che è figlia di GABRIELA, cioè della General Assembly Binding Women for Reforms, Integrity, Equality, Leadership, and Action, una organizzazione filippina per la promozione dei diritti delle donne, oggi sia il primo esportatore di zucchero mascobado dell’isola di Panay. Non è “accettabile”, cioè, che i contadini conferiscano la propria canna ai mulini cooperativi, che restituiscono a ognuno dei soci l’80% del prodotto finito, perché lo venda direttamente nel circuito del Fair Trade. Il resto viene commercializzato, sempre attraverso la rete del commercio equo e solidale, direttamente dalla cooperativa, garantendo così le entrate che servono a sostenere i costi di gestione del mulino stesso. Ma non solo: le cooperative investono. KAMADA, ad esempio, sta costruendo un secondo mulino, con l’obiettivo di arrivare a raddoppiare la produzione, da 150 fino a 300 tonnellate annue.
In tutto, sono 5 i mulini di proprietà della cooperative associate al PFTC, e un sesto è -appunto- in costruzione.
Durante le interviste ufficiali ci è stato fatto capire che la scelta di non procedere alle indagini è stata presa “più in alto”, a un livello che non è quello municipale. Nemmeno la lettera inviata dal ministero degli Esteri tedesco, che ha mostrato preoccupazione per la vicenda, è servita a niente. In Italia, Ctm altromercato ha scritto al ministro degli Esteri, Federica Mogherini (oggi nominata High Representative of the Union for Foreign Affairs and Security Policy) senza ottenere per il momento alcuna risposta.
Per noi, però, è impossibile ignorare la voglia di giustizia che c’è nelle Filippine: alla conferenza stampa conclusiva della missione hanno partecipato circa 500 persone, rappresentanti di organizzazioni dei diritti umani di tutto il Paese e non solo dell’isola di Panay. Sono cittadini abituati a lottare: molti, anche tra gli esponenti delle realtà partner del Fair Trade, sono stati in carcere durante la dittatura di Marcos, presidente dal 1965 al 1986, e hanno visto molti amici sparire, morire.
Ogni mese, il Panay Fair Trade Center continua a tornare con una manifestazione nel luogo in cui Romeo Capalla è stato ucciso, chiedendo giustizia per lui e per Dionisio Garete. Questo comportamento fa senz’altro arrabbiare le istituzioni, e sono convinto che alla fine cambierà qualcosa, anche se non è chiaro quanto sia alto il prezzo da pagare. È come nell’Italia di cento o 150 anni fa, quando i contadini lottavano per l’indipendenza e i diritti sociali, e morivano. Di solito, si attaccano i leader, come Romeo, o come Dionisio, che oggi era un capo villaggio e 30 anni fa -durante la dittatura- faceva parte dei gruppi rivoluzionari, e viveva in clandestinità. Chiedeva, allora come oggi, la riforma agraria, che non è ancora arrivata. La maggior parte dei contadini continuano ad essere mezzadri, a pagare un affitto per le terre dove coltivano la canna da zucchero. L’esempio del commercio equo e solidale indica che è possibile cambiare le regole del gioco. Un affronto che il potere non accetta.
Partner CTM dal ’91
La relazione tra PFTC e l’Italia inizia nel 1991, quando Ctm altromercato -attraverso la Provincia autonoma di Bolzano- finanzia la realizzazione di un laboratorio di produzione di “banana chips”, che verrà completato -dopo il 1994- grazie anche a un prestito concesso da Ctm-Mag (oggi Ethimos), il primo a un’organizzazione residente all’estero. La mancanza di mercato per le fette di banane fritte fece svanire il sogno di creare lavoro per gruppi di donne a Iloilo. Durante una missione sull’isola avvenne pero l’incontro con la cooperativa PITAFA (Pisan Tamuang Farmers Association), che era in cerca di mercato per le 9 tonnellate di “mascobado” prodotto nel mulino costruito con i fondi della cooperazione. Altromercato era in cerca di un fornitore di questo tipo di zucchero di canna integrale, e le donne di Iloilo iniziarono a confezionare il mascobado per Ctm. Dal 1994 ad oggi la produzione è decuplicata, passando da 75 a 750 tonnellate. Tre dei 5 mulini cooperativi che funzionano sull’isola sono stati costruiti con fondi di cooperazione della Provincia di Bolzano, che ha finanziato anche il progetto di conversione al biologico dello zucchero integrale “Mascobado”, distribuito da Ctm (www.altromercato.it).
Obiettivi solidali
Erano quattro gli obiettivi della missione di solidarietà internazionale che tra il 13 e il 15 agosto si è recata nelle Filippine:
1) chiedere alle autorità locali che venga fatta giustizia;
2) “Fact finding”, attraverso una visita dei luoghi dei delitti e l’incontro con persone nei dintorni, per capire come sono avvenute le esecuzioni e a che punto sono le indagini (la missione ha riscontrato che queste non sono state nemmeno avviate);
3) far percepire la presenza internazionale ai contadini, intimiditi dall’uccisione di Dionisio Garete, avvenuta nel suo campo;
4) far capire alle istituzioni l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, per evitare altri attacchi omicidi e proteggere chi è ancora in vita.
* Rudi Dalvai è presidente della World Fair Trade Organization. È stato, nel 1988, uno dei tre fondatori di Ctm altromercato, e oggi è il responsabile dell’Unità di Cooperazione Produttori del Consorzio
La foto è di Beatrice De Blasi, responsabile per l’educazione e la comunicazione della cooperativa Mandacarù di Trento. Il suo reportage completo dalle Filippine, dove ha accompagnato la missione di solidarietà internazionale, è visibile a questo link