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Tre anni fa iniziava l’Expo di Milano. Il futuro dell’area però non è scritto
“MIND” è il nome del “parco della scienza del sapere e dell’innovazione” che dovrebbe sorgere nel sito espositivo alle porte della città. Nonostante i comunicati, tuttavia, non esiste ancora un “masterplan” definitivo
A tre anni dall’avvio dell’Expo di Milano, il primo maggio 2015, la “rigenerazione urbana” dei terreni dell’Esposizione universale riesce a viaggiare nel tempo. In un istante, lo schizzo diventa un capolavoro e l’idea è trasformata in progetto. Stiamo al racconto dominante, ovvero quello della società proprietaria dell’area estesa un milione di metri quadrati, Arexpo spa, che a fine marzo di quest’anno ha scelto e divulgato nome, logo e contenuto del “parco della scienza del sapere e dell’innovazione” che dovrebbe sorgere nell’ex sito espositivo: si chiamerà “MIND”, “Milano innovation district”.
Il “parco” è già predisposto. C’è Human Technopole, il centro di ricerca concepito solo nell’ottobre 2015 -a Expo agli sgoccioli- e chiamato a fungere da “polo di attrazione per i migliori talenti nazionali ed internazionali” nel campo della biomedica, genomica e “per il futuro della medicina” (i virgolettati sono di Arexpo). C’è l’Università degli Studi di Milano con i suoi dipartimenti scientifici trasferiti dal quartiere Città Studi. C’è il nuovo complesso ospedaliero accreditato Galeazzi del Gruppo San Donato.
100 ettari: la superficie dove si è tenuto l’Expo 2015, di proprietà di Arexpo spa
Lo stato di avanzamento di queste tre colonne indicate formalmente come “funzioni pubbliche e di interesse pubblico”, però, non è lo stesso. Il Galeazzi ha già sottoscritto il contratto preliminare di compravendita con Arexpo nell’agosto 2017 di un’area in prossimità di Cascina Triulza. Occuperà una superficie complessiva di 150mila metri quadrati, si alzerà per 16 piani, ospiterà 550 posti letto e un flusso giornaliero stimato di 9mila persone. Risale al settembre 2017 l’istanza di rilascio del permesso di costruire e all’inizio del 2018 il via libera della Conferenza dei servizi del Comune di Milano. Sono già stati diffusi i rendering del progetto: edifici scintillanti e una mongolfiera in cielo.
Poi c’è Human Technopole. Se ne parla da quasi tre anni ma la fondazione pubblica chiamata a realizzarlo e condurlo ha approvato il proprio statuto solamente nel 2018 ed è ancora in attesa della sottoscrizione decisiva del presidente del Consiglio dei ministri (vacante). All’inizio dell’anno le persone occupate al Technopole nel Palazzo Italia non superavano quota 20. Ma anche in questo caso il progetto è cosa fatta: 22mila metri quadrati di area occupata complessivamente interessando tre edifici esistenti -uno è Palazzo Italia- e tre da realizzare ex novo.
Infine c’è l’Università Statale. La decisione definitiva degli organi amministrativi dell’ateneo di realizzare il campus delle facoltà scientifiche sull’area di Arexpo, 135mila metri quadrati, orientativamente a Est del Cardo e a Nord del Decumano, vicino allo Human Technopole, è recentissima: 6 marzo 2018. Quindi Statale, Galeazzi e HT, insieme, non arrivano a 300mila metri quadrati. Che ne sarà di tutto il resto della superficie dei terreni che complessivamente raggiunge i 100 ettari?
Attenzione alle date e alle superfici. Il 5 e 6 marzo di quest’anno, nei giorni in cui la Statale sta per pronunciare il suo “Sì” (ancora da definire il “come”, ma è un’altra storia), Arexpo firma due contratti fondamentali per il futuro di tutta l’area. Uno è il contratto quadro di aggiudicazione del bando per l’ideazione, lo sviluppo e la gestione del progetto di “rigenerazione urbana”. L’altro è il contratto di consulenza tecnica per la stesura del progetto definitivo del cosiddetto “masterplan” dell’area, cioè il piano complessivo di sviluppo dei 100 ettari che ospitarono per 184 giorni l’Expo e che dovrà essere recepito nel Piano integrato degli interventi. Dall’altra parte del tavolo è seduto il vincitore della gara internazionale bandita proprio da Arexpo all’inizio del gennaio 2017 e aggiudicata a novembre dello stesso anno, dopo una serie di proroghe: si tratta del colosso Lendlease, a capo di un’associazione temporanea di imprese che annovera tra le altre anche la società di revisione e consulenza Pricewaterhousecoopers (Pwc), autrice delle “Linee programmatiche” che avrebbero dovuto guidare proprio l’elaborazione del masterplan.
115,5 milioni di euro: l’ammontare attualizzato del canone di concessione di 99 anni
Ad ogni modo, Lendlease dovrà fare due cose, in estrema sintesi. La prima consiste nell’affiancare Arexpo nel disegno progettuale, economico e finanziario dei terreni (masterplan e business plan). La seconda si traduce nella gestione in concessione per 99 anni di 250mila metri quadrati di area, estensibili a 480mila.
Sorge un dubbio: quanto è cristallizzata l’annunciata soluzione del parco MIND se non esiste ancora il masterplan definitivo dell’area? In forza di quale strumento urbanistico complessivo -ovvero Piano integrato degli interventi- sono state individuate le superfici, le localizzazioni, gli impatti, i dettagli dell’insediamento delle “funzioni pubbliche”? Chi ha deciso che cosa?
La risposta a questa domanda è la fotografia più riuscita della gestione del “post-Expo”, dove il simbolo conta più della realtà.
Bisogna fare un altro viaggio nel tempo, questa volta all’indietro. È il 30 marzo 2017, la gara di Arexpo per il masterplan (su tutta l’area) e la concessione (di una parte) è appena iniziata. Qualcuno però ha fretta: il collegio di vigilanza dell’“Accordo di programma Expo” -composto tra gli altri dai sindaci di Milano e Rho e dal presidente della Regione- dichiara che la riqualificazione e l’insediamento nel sito delle funzioni pubbliche e di interesse pubblico è di “importanza strategica” e di “preminente interesse pubblico”. Risultato: la progettazione e la realizzazione di Human Technopole, campus universitario e IRCCS Galeazzi viene “anticipata”, “nelle more della definizione del Piano integrato degli interventi”.
Quattro mesi dopo, a metà luglio, il Comune di Milano avvia il procedimento Valutazione ambientale strategica (VAS) che però riguarda tutta l’area e non soltanto le parti “pubbliche”. La pianificazione dunque scatta prima del masterplan definitivo, che verrà (forse) adottato solo nelle prime settimane di maggio 2018 dal consiglio di amministrazione di Arexpo, non prima.
Il documento di partenza della VAS è quindi un Rapporto preliminare (o documento di “scoping”) di 140 pagine depositato a dicembre 2017 e costruito solo su una “prima proposta di Masteplan”. I dettagli arriveranno.
Proprio sul Decumano dovrebbe sorgere un “corridoio verde” esteso quanto il (dimenticato) grande parco votato dai milanesi in un referendum del 2011
È una scommessa. Nel marzo 2017, infatti, la presenza della Statale, bollata come “strategica”, non era affatto certa. Lo dimostra una nota del 21 dicembre 2017 firmata da Arexpo e indirizzata all’ateneo. Chiedeva di sciogliere “entro il prossimo mese di febbraio ogni riserva rispetto alla presenza del proprio Campus all’interno del progetto di rigenerazione urbana dell’ex sito di Expo Milano 2015”. Una “tempestiva adesione” che era “necessaria per consentire l’avvio del procedimento urbanistico di approvazione del Programma integrato di intervento dell’area e permettere, quindi, l’utilizzo delle risorse del ‘Patto per la Lombardia’ messe a disposizione dal Governo e dalla Regione Lombardia per l’insediamento del Campus nell’area”. Eppure, appena un mese prima di quella nota, il rettore uscente dell’Università aveva partecipato alla presentazione pubblica di Arexpo della proposta di masterplan della “Città del futuro”, dove la Statale era data per sicura.
Nel frattempo, come detto, il consorzio guidato da Lendlease ha vinto la gara (la determina è del 9 novembre 2017). Incasserà 1 milione di euro per il servizio di advisory tecnica, economica e finanziaria a supporto di Arexpo (bando masterplan) e verserà un canone di concessione milionario per 99 anni per lo sviluppo di 250mila metri quadrati. Arexpo ha annunciato un affare da due miliardi di euro. In realtà, l’importo aggiudicato indicato in Gazzetta Ufficiale ammonta a 115,5 milioni di euro che diventano 671 a valori attualizzati.
Nel “business plan” presentato in gara -e che Altreconomia ha consultato- Lendlease per le “sue” aree, tolti i parcheggi (60.700 metri quadrati), prevede tra le altre destinazioni d’uso prevalentemente “direzionale” (140mila metri quadrati), di “student housing” (54.100), residenziale privato (23.900), commerciale (15.800) e hotel (6.800). Poi ha immaginato la destinazione dei 260mila metri quadrati che dovrebbero per il momento rimanere in dote direttamente ad Arexpo: “produttivo” (91.550), “direzionale” (62.900) “formazione/culturale/svago” (42.300), housing sociale (30mila), hotel (22.850) e così via.
L’operatore privato ha le idee chiare: “La distinzione tra le ancore pubbliche, l’area destinata alla concessione e l’area destinata al piano di acquisizione, sviluppo e dismissione verrà dimenticata e il tessuto urbano crescerà in un unico distretto dall’identità unificata”.
A Nord del Decumano la parte “pubblica”, a Sud quella privata. In mezzo, proprio sul Decumano, dovrebbe sorgere un “corridoio verde” esteso quanto il (dimenticato) grande parco votato dai milanesi in un referendum del 2011. Lo spazio dovrebbe essere scandito da cinque piazze: “del benessere”, “del mercato contadino”, “Italia”, “della collina mediterranea”, “sull’acqua”. E il primo piano di tutti i grattacieli sarà “permeabile”, dicono i progettisti, per garantire fruibilità pubblica dell’intero sito.
23,9mila metri quadrati: l’area che dovrebbe essere destinata a “residenziale privato”
A rischiare di rovinare l’idillio ci si è messo il consorzio di imprese guidato da Stam Europe e sconfitto da Lendlease alla gara. Dopo l’aggiudicazione del novembre scorso, i “vinti” hanno fatto ricorso al Tar Lombardia sostenendo, tra le altre cose, che Pwc avesse svolto il doppio ruolo di autore delle linee guida e poi concorrente, traendone un vantaggio competitivo. Tesi respinta a fine gennaio 2018 dai giudici amministrativi perché il precedente incarico e gli obiettivi “non avevano alcuna attinenza con il successivo bando per il masterplan”. Stessa sorte per la contestata non fattibilità del parco lungo il Decumano. Per Stam Europe, la “fitta ed articolata rete di sottoservizi attivi” posta sotto al viale di cemento avrebbe pregiudicato qualunque aree verde. Falso, secondo il Tar, “in ragione dell’elaborazione di un progetto che prevede di sovrapporre terreno di coltivazione con altezze variabili sul quale piantare piante che possano sviluppare radici in orizzontale, mentre al di sotto del terreno sarà posto un massetto drenante”. La “rigenerazione” può continuare. A una condizione: l’approvazione definitiva del Piano integrato di intervento. Dopo tre anni di annunci.
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