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Altre Economie / Opinioni

La miopia dei sostenitori del “capitalismo dal volto umano”

Lo “sviluppo sostenibile” è una mano di vernice che si è dato un capitalismo decrepito e aggressivo. Che festeggia il “superamento della crisi” in base a un decimale di Pil. Ma i tempi sono maturi per organizzare una nuova società. Le idee eretiche di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 197 — Ottobre 2017

L’ideologia dello “sviluppo sostenibile”. È quella che sempre più viene utilizzata dagli apologeti, dagli economisti conformisti, dai collaboratori di vario genere del capitalismo globale e da tanta gente in buona fede per convincersi e convincere del fatto che possiamo “aggiustare” gli effetti del sistema economico sul Pianeta. Con grande disinvoltura si saltano completamente la questione del mutamento radicale di paradigma nel concepire la società e l’economia, la questione della giustizia, la questione della cooperazione solidale tra i popoli (anche quelli ancora sottomessi al neocolonialismo), la questione del risanamento del debito storico verso gli sfruttati, i dominati, le vittime sulla cui sofferenza si è edificato il sistema vigente.

Non a caso la “sostenibilità” auspicata è parziale, miope, smemorata e acritica. Parziale perché riguarda a malapena la limitazione dell’impatto delle attività economiche e dei consumi sulla natura. Miope perché non si vede che non c’è sostenibilità nel rapporto con il mondo naturale finché non si lavora per la sostenibilità antropologica. Smemorata e acritica perché non ci si ricorda del fatto decisivo che prima di tutto occorre scegliere di riconoscere il valore delle persone e del mondo naturale come superiore a quello del denaro, che è solo un mezzo. Per giunta lo “sviluppo” evocato è puntualmente concepito come l’effetto della cosiddetta “crescita” materiale tendenzialmente perseguita all’infinito, come se non esistessero limiti e vincoli che la rendono impossibile, oltre che insostenibile. I sostenitori del capitalismo dal volto umano, quando dicono di impegnarsi per lo sviluppo sostenibile, non fanno altro che riverniciare in maniera più accattivante il vecchio capitalismo con i suoi trucchi tecnologici e le sue furberie finanziarie sempre nuove, ma con la medesima logica decrepita e mortale di sempre.

Chi spaccia tutto questo per “modernità” è un ignorante, un superstizioso, un collaborazionista con la necronomia globale, l’economia di morte e una mentalità nichilista per la quale solo il denaro conta perché nulla vale davvero. Questa ideologia persuasiva è rafforzata dall’annuncio recente che, con sfrontatezza, dice “siamo usciti dalla crisi” perché il Pil ormai ha il segno positivo e i numeri sono incoraggianti, come se quei numeri misurassero davvero la sofferenza e l’eventuale riscatto delle persone, delle comunità, delle istituzioni e del mondo vivente della natura.

Nel frattempo che cosa sta accadendo davvero? Che il capitalismo globale si riorganizza per le sue interminabili speculazioni tra spinte globalizzanti e spinte protezioniste. Che la Siria, l’Iraq, la Palestina e tutto il Medio Oriente restano sommersi nel delirio della violenza generalizzata, così come l’Afghanistan e tanti altri Paesi nel mondo. Che in Asia torna l’incubo concreto della guerra atomica. Che non è affatto vero che la fame e la miseria siano diminuite per i poveri della terra, se non in alcuni casi a sé stanti che non hanno prodotto una tendenza generale. Che la democrazia nel mondo è sempre più erosa, minacciata e mortificata. Che in tutta Europa e nei Paesi più ricchi del mondo l’unica tendenza condivisa è la repulsione contro i migranti, all’insegna di parole d’ordine ipocrite e ottuse del tipo “prima noi” e “aiutiamoli a casa loro”, per esempio raccogliendoli nei campi di concentramento della Libia. E, nelle situazioni quotidiane che noi affrontiamo, succede che la scuola, la sanità, i servizi di trasporto pubblico vengono smantellati senza alcun riguardo per i diritti e per il futuro della vita comune.

La spirale dell’insostenibilità aumenta su ogni versante, ecologico e sociale, mentre il capitalismo diventa ancora più aggressivo. Allora, tutto questo vuol dire che il tempo è maturo: i movimenti, le reti, le comunità democratiche devono trovare una capacità nuova di presenza nella vita comune. Un progetto e una strada, con l’energia per costruire un modo differente di organizzare la società.

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