L’attuale e il precedente ministro della Cultura, Alessandro Giuli e Gennaro Sangiuliano, hanno una cosa in comune, oltre alla professione (entrambi giornalisti) e alla fede politica (destra-destra, sia pure con sfumature diverse): una certa attrazione per il pensiero di Antonio Gramsci, o meglio per il suo concetto di egemonia culturale. L’idea, cioè, che il potere si eserciti non solo con le leve istituzionali ed economiche, ma anche attraverso il dominio di classe nel campo delle idee.
Gramsci pensava al ruolo contro rivoluzionario dell’egemonia borghese; la destra italiana, naturalmente, pensa a tutt’altro, e cioè a come scalzare “la sinistra”, cui attribuisce un ruolo egemone, dall’industria culturale privata e pubblica.
Siamo dunque in realtà ben lontani dal vero Gramsci, che resta tuttavia -un vero paradosso- più citato dalla destra, sia pure in modo strumentale, che dalla sinistra. Bisognerebbe invece rileggere Gramsci e valutare l’attualità di altre parti del suo pensi
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