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Diritti / Attualità

I diritti negati e il trattamento dei cittadini stranieri all’hotspot di Pantelleria

Pantelleria © Paolo Chiabrando - Unsplash

Sull’isola, in una condizione di totale invisibilità, è attivo un centro utilizzato come primo soccorso e identificazione. Ogni anno sbarcano quasi 5mila persone, soprattutto di nazionalità tunisina. L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione ha visitato la struttura identificando una serie di gravi criticità: dal sovraffollamento alla mancanza di comunicazioni con l’esterno

Privazione della libertà personale, sequestro dei cellulari, impossibilità di presentare la domanda d’asilo. Sono solo alcuni dei diritti violati delle persone che sbarcano sull’isola di Pantelleria (Trapani) e che vengono trattenute nell’hotspot presente sull’isola per primo soccorso e identificazione.

Prassi che presto potrebbero ulteriormente rafforzarsi in tutta Europa data la recente approvazione del Parlamento europeo del Patto per le migrazioni e l’asilo dell’aprile 2024. “Nelle modifiche previste nei nuovi Regolamenti sembrano recepite le più importanti e illegittime prassi viste nel centro e quindi la sistematica detenzione in frontiera, la sospensione delle garanzie costituzionali in termini di libertà personale, diritto alla libera comunicazione con l’esterno, di controllo giurisdizionale e reclamabilità immediata dei propri diritti e accesso alle procedure di asilo”, denuncia l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che, in collaborazione con Spazi Circolari, nell’ambito del Progetto InLimine, ha pubblicato a luglio un report sulle criticità della struttura visitata a metà maggio.

“L’esperimento Pantelleria’ si conferma di estremo interesse -scrivono i curatori dell’approfondimento-. Nell’ambito del nuovo assetto normativo e di fatto, riteniamo possibile che queste esperienze conosciute in Italia ormai da anni saranno implementate sempre più in altri luoghi”. 

A Pantelleria è attivo come detto un hotspot utilizzato per il primo soccorso e l’identificazione dei cittadini stranieri, quasi esclusivamente tunisini, che fanno ingresso sul territorio italiano sbarcando sull’isola. Ogni anno arrivano in media nel centro cinquemila cittadini stranieri e, in particolare, tra l’11 agosto del 2023 e il 18 marzo 2024 vi hanno fatto ingresso 3.234 migranti di cui 2.918 uomini e 316 donne, 228 nuclei familiari e 663 minori stranieri non accompagnati.

Tutti i soggetti intervistati dall’Asgi hanno confermato che le persone ospitate nell’hotspot non possono uscire, salvo per motivi sanitari, nonostante non vi sia alcun provvedimento di arresto o di limitazione della libertà personale. Secondo quanto riportato dalla prefettura di Trapani il tempo di permanenza medio dei “trattenuti” è di due o tre giorni, tranne in caso di condizioni meteo avverse che non rendessero possibile il trasferimento via mare.

La delegazione ha effettuato l’accesso all’hotspot, vuoto al momento del sopralluogo. La struttura, che secondo la prefettura di Trapani ha una capienza di 40 posti, è divisa in due ambienti separati da una cancellata. Nel primo spazio si trovano gli alloggi per gli uomini, la mensa, i bagni e le docce e alcuni uffici. Il secondo è invece dedicato a ospitare donne e minori non accompagnati. Il centro è inoltre in fase di ampliamento per un totale di 60 posti, che si prevede siano destinati a donne e minori. Una scelta dovuta alla necessità di combattere il sovraffollamento della struttura che il 20 settembre 2023 è arrivata a ospitare 416 persone.

Secondo l’Asgi, le condizioni dei cittadini stranieri, in particolare dei minori, appaiono allarmanti. Nel periodo esaminato i minori non accompagnati ospitati nell’hotspot sono stati 663 per periodi anche lunghi nei casi in cui le condizioni del mare non ne permettevano un rapido trasferimento. Inoltre, secondo quanto riportato dalla prefettura, i loro spazi sono separati da quelli degli adulti solo quando le condizioni di affollamento lo consentono. Non vi sono, infine, procedure di verifica della minore età neppure in caso di dubbio, visto che gli accertamenti dell’età vengono svolti solo una volta trasferiti a Trapani.

Un’altra criticità riguarda l’accesso ai servizi: allo sbarco le persone ricevono una prima visita da parte di personale medico dell’azienda sanitaria provinciale che serve a verificare l’idoneità a vivere in comunità ma non vi è una valutazione rispetto a eventuali vulnerabilità psicologiche. I colloqui di assistenza psicologica si tengono solo su base volontaria.

Secondo l’Asgi, poi, il diritto alla corrispondenza è regolarmente compromesso: la struttura non dispone di telefoni fissi e i cellulari dei migranti sono sequestrati all’ingresso (senza che venga rilasciato alcun verbale). Le comunicazioni telefoniche possibili con l’esterno avvengono solo tramite un telefono gestito da un mediatore culturale e di conseguenza le conversazioni sono costantemente ascoltate e possono avvenire solo in orari prestabiliti.

Una volta giunte a Trapani le persone migranti (incluse donne e minori) sono fotosegnalate o direttamente sul molo di sbarco o presso i locali del Cpr di Milo, in attesa di essere trasportati in centri di accoglienza o strutture di trattenimento. Il centro di permanenza per il rimpatrio è chiuso ormai da mesi a causa delle rivolte dei trattenuti di inizio anno che hanno reso inagibile la struttura e il trasferimento verso i centri di accoglienza non ha una durata prestabilita. Una procedura che lascia i migranti senza tutele per un periodo anche lungo.

Ciò viene confermato dalla prefettura di Trapani laddove le manifestazioni di volontà vengono registrate solo dopo la completa identificazione, successiva al trasferimento a Trapani, con conseguente grave mancanza di protezione per un tempo variabile- riporta l’Asgi-. Sembrerebbe che presso l’hotspot venga solo annotato, a fianco del nome, un simbolo con il quale riportare la volontà espressa di richiedere protezione internazionale, senza però riscontri effettivi sul recepimento di tali indicazioni a Trapani, dove al contrario alle persone viene fatto compilare un secondo foglio notizie. La procedura non è standardizzata e per questo risulta del tutto incontrollabile ed esposta al rischio di omissioni e ritardi”. 

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