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L’asfalto, l’intruso inventato nel “Panorama” di Venezia
Nella città storica, a trecento metri da piazza San Marco, un nuovo spazio culturale indipendente dà voce a giovani artisti emergenti, ospitando iniziative culturali, laboratori e progetti condivisi. Tra le ricerche in mostra c’è anche un’insolita mappatura dell’asfalto, elemento di modernità spesso ignorato nell’immagine fiabesca e commerciale di una Venezia eterna, ferma nel tempo
Tra i 25 milioni di turisti che ogni anno visitano la città di Venezia c’è un intruso che finora non avevamo considerato: l’asfalto veneziano. Per orientarsi con una nuova consapevolezza nella città della pietra, “Guida incompleta all’asfalto veneziano” è il libro giusto, un progetto di Andrea Ceresa e Federico Broggini, edito dalla casa editrice veneziana El Squero e nato nel 2023 da un’insolita mappatura dei due autori, amici dall’infanzia, entrambi nati a Varese nel 1995.
Andrea Ceresa, curatore, dopo una laurea in Filosofia a Bologna ha proseguito gli studi in Arti visive all’Università Iuav di Venezia, mentre Federico Broggini è dottorando in Architettura del paesaggio all’Università Roma Tre e partecipa al collettivo Latitude. “All’inizio l’idea di Federico di mappare l’asfalto veneziano mi è sembrata molto strana, ma poi mi sono unito a questa bizzarra impresa cartografica che ci aiuta a riflettere sull’essenza di Venezia e della sua Laguna”.
Il libro, infatti, ha le sue radici in quella mappatura e in una critica all’immagine -molto potente, da un punto di vista commerciale- di una Venezia ferma nel tempo, città eterna. “C’è questo immaginario veneziano romantico, costruito attorno all’assenza di modernità, a partire dal fatto che Venezia è probabilmente l’unica città occidentale che non ha e non ha mai avuto le automobili”, spiega Andrea.
Da un punto di vista materico, questo immaginario è associato alla pietra; per lo stesso motivo, l’asfalto viene percepito come assolutamente estraneo alla città. Così, mappando l’asfalto veneziano, Broggini e Ceresa ci ricordano che “Venezia è una città moderna a tutti gli effetti, non fiabesca, e che invece deve fare i conti con i problemi e i peccati della modernità”.
Nella “Guida incompleta all’asfalto veneziano” il lavoro di Ceresa e Broggini è affiancato da quello di due fotografi -Giacomo Bianco (1994) e Tommaso Mola Meregalli (1995)-, che rappresentano l’asfalto secondo una visione materica e una paesaggistica. E ora il libro ha trovato un’ulteriore evoluzione nella mostra “L’intruso inventato cioè l’asfalto veneziano”, aperta fino al 31 agosto di quest’anno nello spazio Panorama, in campiello San Zulian, a trecento metri da piazza San Marco.
Uno spazio di venti metri quadrati dalla forma triangolare, con tre grandi vetrine che facilitano il dialogo con i passanti, che è stato a lungo occupato da diverse attività commerciali e che dall’estate 2023 è diventata la casa per iniziative artistiche e culturali indipendenti, laboratori e progetti condivisi.
È stata l’iniziativa del curatore Giovanni Paolin, del ristoratore Filippo Zammattio della vineria artigianale Ozio -la cui famiglia è proprietaria dello spazio- e dell’agenzia di comunicazione per l’arte May a dare vita a questo nuovo progetto. “San Marco è un sestiere funestato da intenti commerciali -spiega Paolin-. Da quando questo spazio è rimasto sfitto ai proprietari sono arrivate diverse proposte, come l’installazione di uno sportello automatico Atm o l’apertura dell’ennesimo negozio di maschere o di oggetti in vetro. Hanno rifiutato con il desiderio di portare un contributo culturale e parlando insieme è nata l’idea di Panorama”.
Oggi Panorama è un’associazione culturale che ha l’obiettivo di alimentare uno spazio indipendente di lavoro e condivisione -oltre che espositivo- per i giovani artisti locali, e allo stesso tempo di dialogare e collaborare con progetti internazionali indipendenti. Si sono dati alcune regole etiche che nel mondo dell’arte non sono mai scontate, spiega Giovanni, come il pagamento di un compenso ai giovani artisti e alla produzione, e la presa in cura dello spazio stesso.
Così, tra i progetti sperimentali avviati nel primo anno di apertura, c’è stata “Descondòn” (che in dialetto veneto significa di nascosto), un’esposizione dedicata al sidro realizzato con le ultime mele coltivate nell’isola veneziana di Sant’Erasmo da Lorenzo Barbasetti di Prun di Prometheus open food lab e The Tidal Garden, e da Filippo Zammattio (Ozio), il cui processo è stato documentato dalla fotografa Camilla Glorioso e illustrato da Paola Momentè. Al momento quel sidro sta ancora rifermentando in bottiglia. “A seconda dell’umore ha il colore dei fanghi della laguna e dei tramonti sulle Dolomiti. Non è commercializzabile perché fatto di nascosto. Non se ne conosce la gradazione alcolica, sono solo 60 bottiglie e l’etichetta disegnata da Paola Momentè sarà l’unica prova della loro esistenza”, spiegano gli artisti-artigiani.
Anche il progetto “Freccia Azzurra” è stato documentato da una fotografa, Giulia Fassina (1990), e riguarda il lavoro dell’associazione “Batipai”, fondata a Venezia nel 2018 da un gruppo di ragazzi e ragazze che vuole far rivivere il rapporto sinergico tra acqua ed esseri umani. Freccia Azzurra è l’ultimo burcio navigante, una grande imbarcazione tradizionale in legno in fase di restauro a Chioggia (VE), che presto diventerà un laboratorio culturale galleggiante e itinerante.
Con “La parabola della montagna. Una piattaforma di scrittura per scenari salmastri”, del video maker Matteo Stocco (1986), Panorama ha invece voluto tornare su una ricerca già affermata, Metagoon -un archivio di filmati e interviste sulla vita in Laguna-, da una nuova prospettiva, attraverso un laboratorio di scrittura per futuri cortometraggi, guidato dal regista Christopher Roth.
“Arche” è stata la mostra di Ornella Cardillo (1993), in cui le vesti del fastoso teatro cittadino lagunare si sono trasformate in sculture in grado di muoversi ed essere attivate: “come una grande arca, la città può quindi essere considerata contenitore del mondo, palcoscenico della parola contemporanea”. E in “Aguas Negras” il viaggio immaginario attraverso diversi paesaggi -collegati tra loro dall’elemento idrico- è stato restituito dell’artista Byron Garo -nato in Ecuador nel 1994 e attualmente residente a Berna in Svizzera- sotto forma di opera video-grafica nello spazio di Panorama.
È evidente la giovane età di chi ha partecipato finora al progetto Panorama: dietro a questo c’è il pensiero di Giovanni Paolin di mettere a disposizione un luogo per valorizzare i tanti artisti che si formano a Venezia, dandogli visibilità. “Mi piace pensare che, fra qualche anno, dieci artisti indipendenti che oggi sono emergenti, potranno dire di essere stati valorizzati da Panorama all’inizio del loro lavoro”, dice.
Nella mostra “L’intruso inventato cioè l’asfalto veneziano” sono presenti anche gli interventi di altre tre giovani artiste -Erica Toffanin, Marina Marques (con Alessia Ugolin e Chiara Alexandra Young) e Valentina Goretti- e dell’artista Francesco Fazzi.
“In prospettiva, ci piacerebbe portare queste riflessioni collettive sulla presenza imprevista dell’asfalto a Venezia in un’altra città -conclude Ceresa-, dove forse quell’immaginario fiabesco e immutabile di Venezia è radicato in modo più forte e la presenza di questo ‘intruso’ potrebbe essere ancora più dirompente”.
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