Crisi climatica / Intervista
“Intesa Sanpaolo ritiri gli investimenti sui mega-terminal di gas fossile in Texas”
Juan Mancias è il portavoce della popolazione nativa americana Carrizo Comecrudo, minacciata dai progetti di gas liquefatto Texas e Rio Grande. Proprio questo è finanziato dalla banca italiana per 1,08 miliardi di euro. Da Torino, ospite di ReCommon in occasione di una conferenza parallela a quella conclusiva del G7 Ambiente, Mancias chiede un passo indietro all’istituto di credito
“Spero che Intesa Sanpaolo non si renda complice del genocidio in corso nelle nostre terre. Vorrei sedermi a un tavolo con loro e spiegargli che cosa potrebbero provocare con i loro investimenti. Ma non mi vogliono parlare”. Juan Mancias è il portavoce della popolazione di nativi americani Carrizo Comecrudo, che si trova in Texas nella Rio Grande Valley ed è minacciata da due progetti per la costruzione di mega-terminal per il Gas naturale liquefatto (Gnl): il Texas Lng e il Rio Grande Lng. È su questa seconda infrastruttura che il principale istituto bancario italiano con sede a Torino ha investito 1,08 miliardi di euro. “Mi piacciono molto i torinesi, sinceramente non so quanto io piaccia a loro e siano felici di avermi qui”, dice sarcastico Mancias.
Lo incontriamo il 30 aprile poco prima della conferenza organizzata da ReCommon al Campus Einaudi, una delle sedi dell’Università di Torino che si trova a pochi chilometri di distanza da dove si sta svolgendo la giornata di chiusura del G7 sul Clima, energia ed ambiente. Accanto a Mancias siede Cyndi Valdes, direttrice esecutiva dell’Ingleside on the bay coastal watch association, arrivata con Mancias a Torino per portare la voce dei 600 abitanti di Ingleside on the Bay, dove ha sede Chenrnier energy, colosso dell’energia e primo esportatore di Gnl del Nord America. Da lì passerà il Gnl estratto dai due nuovi terminal in costruzione. “Dal canale navale di La Quinta abbiamo visto transitare nel 2023 ben 500 passaggi di navi -racconta-. Lo Stato federale ha già dato l’approvazione per portare questo numero a 400 imbarcazioni, quindi il doppio dei passaggi attuali anche per le pressioni di Chenrnier energy. Dicono che non c’è alcun impatto ambientale: dovreste venire a vedere le nostre spiagge e gli effetti che il transito di queste navi hanno sul nostro territorio”.
Le conseguenze di queste infrastrutture le conosce bene anche Mancias, che utilizza consapevolmente il termine “genocidio”. “Cinquecento anni fa le nostre terre sono state invase e occupate -spiega-. Ci sono state rubate le risorse, dall’oro all’argento, per essere portate in Europa. Oggi succede la stessa identica cosa: il genocidio -questo è il termine corretto- non si è fermato. E i governi, sia statali sia locali, non lo vedono perché non vogliono riconoscere che noi siamo nativi del Texas. Questo è il punto centrale”.
Come detto, sono due i progetti relativi ai mega-terminal per il Gnl: il Rio Grande Lng, di proprietà di NextDecade con sede a Houston e al prezzo di 15,6 miliardi di dollari, e il Texas Lng, di proprietà del Glenfarne Group con sede sempre a Houston. Nei pressi dell’ipotetico sito di costruzione di Rio Grande si trova la base spaziale SpaceX di Elon Musk, elemento che pone dubbi sulla sicurezza, oltre che sui sicuri impatti socioambientali legati alla realizzazione dell’opera. Mancias, supportato dal Sierra Club, una coalizione di leader indigeni e organizzatori locali, ha viaggiato in giro per l’Europa facendo pressione sui clienti e sui finanziatori di cui necessitano per la loro costruzione nella Valle del Rio Grande. Dove sorge anche il Garcia Pasture, uno dei più antichi siti archeologici dell’America. “Per iniziare la preparazione del sito hanno distrutto e saccheggiato buona parte dei resti. Vogliono togliere le prove -spiega-. E nascondere il più possibile ciò che succede. Pochi giorni fa c’è stata una terribile esplosione. Stanno danneggiando tutta l’area e chiedono abbattimenti fiscali per poter iniziare a fare quello che stanno facendo: niente tasse per la contea, e quindi nessuno aiuto per scuole e i servizi della città dal distretto scolastico o dalle città. Che cosa succederà quando chiuderanno? Tutta questa roba sarà lì. E non posso chiamarla ‘roba’ perché per loro le infrastrutture sono sacre. Per noi, invece, lo sono l’acqua, l’aria, la terra, gli esseri umani e l’ambiente”.
Una causa legale relativa ai permessi rilasciati dalla Federal energy regulatory commission (l’agenzia federale che regola, autorizza, monitora e indaga su progetti e condutture di elettricità, gas) per ora ha bloccato l’avanzamento della costruzione dell’infrastruttura del Texas Lng. “Le agenzie non controllano adeguatamente. Prendono i due progetti come ‘singoli’ ma l’impatto ambientale va considerato su entrambi. Si sommano. Ed è quello che sta succedendo anche a Ingleside”. A confermarlo è proprio Valdes. “La Texas commission on environmental quality, l’ente regolatore, è una farsa -racconta-. Sulla nostra città insiste, oltre a Chenrnier energy, che tra l’altro esporta anche in Italia, anche la Enbridge energy dock, il primo esportatore di petrolio del Nord America. Ecco: le analisi vengono svolte indagando queste due aziende separatamente. E dicendo che va tutto bene perché non sommano le emissioni. Invece i monitoraggi dell’aria realizzati dalla nostra organizzazione raccontano un’altra storia. Il particolato fine (PM2.5) sta raggiungendo soglie pericolose”.
La Glenfarne energy transition, proprietaria di Texas Lng, si è difesa dicendo che il suo sarà uno degli impianti di Gnl a più basse emissioni del mondo e che creerà 1.500 posti di lavoro nel settore edile e cento permanenti a tempo pieno per gestire il sito. “Un falso marketing. Per ora i posti di lavoro sono appena 75. E anche se ci fossero effettivamente questi 1.500 nuovi impieghi si verificherebbe una gentrificazione che porterà ulteriori danni al territorio. Ci saranno più McDonald’s, per intenderci”. Una “falsa promessa” che conoscono bene i cittadini e le cittadine di Ingleside. “Salvo nel periodo di costruzioni di questi siti -spiega Valdes- il lavoro nel sito poi è per pochi esperti, che spesso vengono da fuori, e quindi non c’è un impatto positivo da questo punto di vista per la comunità locale”.
La battaglia di Mancias ha portato, fino a oggi, a diversi risultati. Alcuni istituti di credito si sono sfilati dal progetto: BNP Paribas, Societe Generale, Crédit Mutuel, UniCredit e La Banque Postale. Non invece, come detto, Intesa Sanpaolo. “Togliersi da questo progetto significa non rendersi complici di un genocidio, la cancellazione della nostra popolazione dal Pianeta -conclude Mancias-. Ecco perché è fondamentale che tutti facciano un passo indietro. Noi diciamo che quando si scava nel terreno ‘viene su’ la morte. Ed è per questo che ce ne è sempre di più nel mondo”.
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