Ambiente / Attualità
La Regione Lombardia e il rischio di un nuovo “saccheggio” dei fiumi
La Giunta Fontana a metà febbraio ha disposto l’estrazione di sabbia e ghiaia dall’alveo di diversi fiumi, tra cui l’Adda e il Mera, e torrenti. Con la scusa di rimuovere materiali in eccesso e prevenire esondazioni dà il la a nuove concessioni per cavare. Un errore, denuncia il Centro italiano per la riqualificazione fluviale
“Siamo di fronte all’ennesimo episodio di saccheggio dei fiumi: quello approvato da Regione Lombardia è in realtà un ingiustificato programma di ‘disalveo’”, denuncia Andrea Goltara, direttore del Centro italiano per la riqualificazione fluviale (Cirf) commentando la delibera con cui la giunta regionale ha approvato, a metà febbraio, a un “programma di regimazione idraulica mediante escavazione di materiali litoidi” per l’anno 2024. “Il susseguirsi di più eventi di piena negli ultimi anni ha determinato la formazione di accumuli significativi di materiale litoide in alveo, tali da rendere necessaria la loro rimozione mediante un Programma di interventi di regimazione idraulica mediante escavazione di materiali litoidi”, si legge nel testo del documento.
In altre parole, Regione Lombardia rilascerà delle concessioni per l’estrazione di sabbia e ghiaia dai letti di una dozzina tra torrenti e fiumi, a partire dall’Adda e dal Mera, giustificando questo intervento con la necessità di rimuovere l’eccessiva quantità di materiali che si è depositata in alcuni punti degli alvei a causa degli eventi alluvionali estremi degli ultimi anni.
Il programma verrà attuato, prosegue la delibera, “mediante il rilascio di concessioni per l’asportazione del materiale eccedente secondo un progetto definitivo/esecutivo, approvato dall’Ufficio Territoriale Regionale competente per la gestione del corso d’acqua”. Tra quelli in elenco figurano appunto corsi d’acqua importanti come l’Adda (dove sono previsti nove interventi, l’Oglio e il Mera (cinque gli interventi previsti); ma anche torrenti come il Federia nel Comune di Livigno, il Mallero a Chiesa Valmalenco in provincia di Sondrio o il Tidone in provincia di Pavia e il torrente Re in Valle Sabbia (BS).
“La motivazione indicata da Regione Lombardia è la riduzione del rischio di possibili esondazioni a causa degli accumuli di sedimenti -spiega ad Altreconomia Andrea Goltara, direttore del Centro italiano per la riqualificazione fluviale (Cirf) -. Tuttavia, né la delibera né i suoi allegati contengono dati, risultati di modellazioni o alcuna valutazione che giustifichino la necessità di questo tipo di intervento per ridurre il rischio. Anche le immagini contenute nei documenti mostrano perlopiù normali forme e processi fluviali”.
Interventi di questo tipo, che si limitano ad estrarre materiali dagli alvei, continua Goltara, risultano ancora più anacronistici se si pensa che dal 2015 è entrato in vigore per le Autorità di bacino distrettuali e le Regioni l’obbligo di elaborare i Programmi di gestione dei sedimenti (Pgs): strumenti conoscitivi, gestionale e di gestione dei sedimenti relativi all’assetto morfologico dei corsi d’acqua finalizzati a mitigare il rischio alluvioni, oltre che a tutelare e migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi d’acqua.
“Non dovrebbe più essere possibile realizzare estesi interventi di questo tipo, in assenza di dimostrate situazioni di emergenza e senza un piano che definisca per ogni corso d’acqua stato di fatto, obiettivi e azioni conseguenti, come previsto dal Pgs”, sottolinea il direttore del Cirf. Anche l’obbligo di intervenire per ridurre i rischi, previsto dalla Direttiva alluvioni dell’Unione europea, non chiede di “regimare” i corsi d’acqua. “Non siamo più negli anni Sessanta -conclude-. Inoltre, è importante ricordare che la Lombardia, in ottemperanza con quanto previsto dalla Direttiva acque, è tra le poche ad aver realizzato una classificazione idro-morfologica dei propri fiumi e torrenti. Viene da chiedersi se e come vengano utilizzate queste informazioni”.
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