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Il latte umano è essenziale per i neonati prematuri, ma scarseggia

Attraverso il latte materno i neonati acquisiscono fattori immunitari, proteine ed enzimi che non sono presenti in altri sostituti © Giovanna Borrelli

In Italia sono 42 gli ospedali che hanno attivato le banche del latte per metterlo a disposizione dei bambini più fragili. Ma la raccolta non è sufficiente e manca un sistema centrale coordinato che garantisca un accesso equo a tutti i nati

Tratto da Altreconomia 268 — Marzo 2024

Il turno di Mariana inizia intorno alle sette di mattina. Nel veicolo per la raccolta del latte donato da neomamme c’è già tutto il materiale da distribuire: biberon, sacchetti monouso e quelli termici, etichette da applicare ai contenitori, guanti e disinfettanti. “Nei periodi buoni andiamo anche da dieci, undici mamme al giorno; altre volte sono di meno, sei o sette. Copriamo tutta la zona del Mugello ma anche Empoli. Circa un quarto della Toscana”, spiega ad Altreconomia. 

Mariana è un’operatrice sanitaria dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Tre giorni a settimana gira per la Regione su un mezzo appositamente attrezzato con cella frigo per raccogliere latte umano che viene trattato e conservato in una delle sei banche attive in Toscana. Quella del Meyer è stata la prima a essere istituita in Italia nel 1970 e a prevedere, l’anno dopo, la raccolta a domicilio che ha permesso di raggiungere un numero maggiore di donne che avevano difficoltà a recarsi in ospedale. Da quando è nata ha fornito latte a oltre 16.500 bambini. 

Queste banche sono punti di raccolta di latte donato da neomamme e distribuito gratuitamente a neonati prematuri e ricoverati in terapia intensiva, piccoli con problemi di salute come insufficienza renale, cardiopatie, difetti del metabolismo o che hanno subito un intervento chirurgico nei primi giorni di vita. Piccoli pazienti particolarmente vulnerabili a complicazioni come infezioni, difficoltà respiratorie, complicanze della retina e, soprattutto, enterocolite necrotizzante (Nec): un’infiammazione dell’intestino potenzialmente letale.

Per loro il latte materno è la migliore opzione di alimentazione, come indicato anche dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Ma quando non è disponibile -perché la mamma non può allattare oppure ha un ritardo e difficoltà a iniziare l’allattamento- il latte donato è l’alternativa da preferire. 

“Donare non significa togliere il latte al proprio bambino. Ma è una pratica che ha bisogno di tempo e assistenza, così come ne ha bisogno l’allattamento in generale” – Elisa

“Da questo alimento i bambini acquisiscono fattori immunitari, proteine ed enzimi che non sono presenti in altri sostituti”, spiega Laura Chiesi, responsabile dell’Unità dietetica che gestisce la banca del latte del Meyer insieme a Maria Luce Cioni, responsabile medico. “Inoltre, viene tollerato meglio dai neonati, anche prematuri, per cui è possibile aumentare la quantità giornaliera più velocemente e ridurre la durata del ricovero in ospedale. Una delle principali limitazioni al suo uso, attualmente, è la scarsa disponibilità”.

Secondo gli ultimi dati del Rapporto sull’evento nascita in Italia, realizzato dall’ufficio di statistica del ministero della Salute, nel 2022 circa 1.400 bambini sono nati tra le 28 e le 31 settimane (molto pretermine), e circa 800 tra le 22 e le 27 settimane (estremamente pretermine). 

La distribuzione delle banche del latte è estremamente diseguale lungo la penisola. Intere Regioni -come Sardegna, Molise, Basilicata e Valle d’Aosta- ne sono sprovviste. Mentre Trentino-Alto Adige, Liguria, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo e Campania ne hanno solo una © Giovanna Borrelli

Inoltre lo 0,9% dei circa 393mila nati nel 2022 aveva un peso inferiore a 1.500 grammi e il 6,2% pesava tra i 1.500 e i 2.500. Sono tutti bambini che, potenzialmente, potrebbero dover usufruire del latte messo a disposizione dalle banche, ai quali si aggiungono quelli con patologie e complicazioni. 

La rete toscana è un’eccellenza: copre il territorio regionale e ha creato un sistema di interscambio grazie al quale, se un ospedale è in carenza di latte, le altre strutture intervengono. In tutta la Regione le donne possono trovare nelle Asl, nei consultori e negli ospedali materiale informativo sull’allattamento e sulle banche del latte. 

La banca del latte dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, la prima in Italia, è stata fondata nel 1970. L’anno dopo è stata avviata anche la raccolta a domicilio che ha permesso di raggiungere un numero maggiore di donatrici

È così che Elisa ha deciso di diventare donatrice, superando i dubbi di parenti e amici e un pregiudizio ancora abbastanza diffuso: “Donare non significa togliere il latte al proprio bambino -spiega-. Ma è una pratica che ha bisogno di tempo e assistenza, così come lo necessita l’allattamento in generale”.

L’Associazione italiana banche del latte (Aiblud) ne ha censite 42, che raccolgono circa 13mila litri di latte all’anno da 1.500 donatrici. Ma la distribuzione sul territorio nazionale è fortemente sbilanciata, sia per numero di strutture sia per disponibilità di personale e mezzi. Ci sono sei banche del latte in Toscana, sette in Lombardia, quattro in Emilia-Romagna, cinque in Veneto, tre in Piemonte, due in Friuli-Venezia Giulia. Ma Sardegna, Molise, Basilicata e Valle d’Aosta non ne hanno neanche una. 

Inoltre, mentre all’ospedale Meyer c’è una persona che ha il compito di raccogliere il latte e ha a disposizione un pulmino attrezzato, a Messina è la dietista responsabile del servizio, con la sua macchina personale e la strumentazione necessaria, a fare il giro delle mamme donatrici. 

Nel 2022 in Italia sono nati 393mila bambini. Di questi lo 0,9% aveva un peso inferiore ai 1.500 grammi alla nascita e il 6,2% pesava meno di 2.500. Tutti, potenzialmente, potrebbero dover usufruire del latte messo a disposizione dalle “banche”

Da Roma, l’ospedale pediatrico Bambino Gesù serve tutto il territorio del Lazio e la raccolta è svolta da volontarie che si spostano a bordo di un’auto attrezzata con vani frigo donata nel 2019 dalla Centrale del latte di Roma, l’azienda produttrice di latte vaccino partecipata dal Comune. 

“Le mamme vengono a conoscenza della nostra banca tramite passaparola, sui social network oppure direttamente in ospedale perché il bambino è ricoverato -spiega ad Altreconomia Guglielmo Salvatori, responsabile dell’Unità di educazione nutrizionale neonatale e della Banca del latte umano donato del Bambino Gesù-. Durante un colloquio preliminare spieghiamo di che cosa si tratta, come viene trattato il latte, a chi viene donato e poi forniamo tutte le raccomandazioni necessarie per raccoglierlo in maniera sicura”.

Prelevato attraverso l’uso di tiralatte e conservato dalle mamme nel freezer di casa in appositi biberon, il latte viene poi raccolto dall’ospedale. Per garantirne la sicurezza, viene analizzato, pastorizzato a 62 gradi per trenta minuti e conservato a -20 gradi per un massimo di sei mesi. Ogni anno il Bambino Gesù riesce a trattarne circa 1.000-1.100 litri, ma secondo Salvatori “non è mai abbastanza”.

Non tutte le donne poi sono idonee alla donazione: dipende dal loro stile di vita o dalla presenza di patologie e dall’utilizzo di farmaci. E anche per questo le mamme che si candidano a diventare donatrici devono sottoporsi a specifici esami di screening che però non sono sempre gratuiti. In Sicilia, ad esempio, queste spese non sono coperte dal Servizio sanitario nazionale e regionale. 

“In molte Regioni l’attivazione e la gestione di questo servizio avvengono solo grazie all’impegno volontario di persone che se fanno carico” – Alessandro Arco

A quattro anni dall’apertura della banca del latte, Alessandro Arco, neonatologo del Policlinico di Messina, spiega ad Altreconomia che la criticità principale del sistema è che ancora non viene davvero gestito a livello nazionale: “In molte Regioni l’attivazione e la gestione di questo servizio avvengono esclusivamente grazie all’impegno volontario di persone che se fanno carico, oltre a tutte le mansioni che già hanno. Con un sovraccarico lavorativo non indifferente”. In Sicilia, Arco sta provando a replicare il sistema della Toscana e a realizzare una rete di banche interconnessa e coordinata che possa coprire il fabbisogno di tutta l’isola.

Nel 2022 un decreto regionale ha formalmente istituito la Rete regionale siciliana del latte umano donato (Rers Blud) di cui fanno parte gli ospedali di Catania, Messina e Palermo.

Ma la necessità di coordinare le banche, secondo Salvatori, dovrebbe essere affrontata anche a livello nazionale: “C’è la necessità di razionalizzare le banche del latte. Bisognerebbe prendere una cartina dell’Italia, implementare un’attività di monitoraggio e analisi del fabbisogno sia regionale sia nazionale e creare un sistema in cui le banche si parlano e si scambiano il latte in base alle necessità. E poi, in quasi tutti gli ospedali chi si occupa di questo servizio è un po’ un tuttofare, mentre andrebbe finanziato e formalizzato personale ad hoc. Non si tratta di un’attività che può essere svolta secondariamente ad altro”. 

E aggiunge infine l’aspetto economico: “Anche se la banca del latte ha dei costi non trascurabili, per via dei macchinari utilizzati, dei congelatori, dei materiali di consumo e ovviamente dei dipendenti che ci lavorano, in un’ottica di spesa sanitaria generale è comunque più conveniente. È, a tutti gli effetti, prevenzione sostanziale”. 

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