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Crisi climatica / Attualità

I media italiani e la crisi climatica: tra tiepidi passi avanti e tanto spazio al negazionismo

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Gli eventi estremi che hanno colpito l’Italia nell’estate 2023 hanno aumentato l’attenzione verso la crisi climatica, come mostra l’analisi aggiornata di Greenpeace e Osservatorio di Pavia. Ma gli interessi fossili -e le loro inserzioni- restano ingombranti. Le pagelle di quotidiani, telegiornali e testate d’informazione più diffuse su Instagram

Durante l’estate 2023, la più calda mai registrata secondo le rivelazioni del sistema satellitare europeo Copernicus, i media italiani hanno dato maggiore spazio al dibattito sulla crisi climatica rispetto a quanto fatto nei primi mesi dell’anno. Allo stesso tempo, però, si è però assistito a un ritorno di posizioni negazioniste, anche per voce di importanti esponenti del Governo Meloni. È quanto emerge dal nuovo rapporto sui media italiani pubblicato il 15 novembre 2023 e realizzato da Greenpeace Italia e dall’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione, che aggiorna il monitoraggio avviato nel 2022.

La ricerca ha preso in esame le modalità con cui, tra maggio e agosto 2023, il tema del cambiamento climatico è stato presentato dai cinque quotidiani nazionali più diffusi per tiratura (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire e La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7. Rispetto all’attività svolta nel 2022, è stato sottoposto a monitoraggio anche un campione formato da 20 testate d’informazione con più di 50mila follower selezionate sia tra i profili social di testate tradizionali (Domani, Fanpage, Il Post) sia quelli di realtà come Torcha o Will Media.

Nel secondo quadrimestre 2023 i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media 3,3 articoli al giorno in cui si faceva almeno un riferimento alla crisi climatica: un aumento significativo rispetto ai quattro mesi precedenti (che aveva registrato una media di appena due articoli al giorno) che, secondo Greenpeace, è riconducibile al dibatto mediatico e politico relativo all’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna tra maggio e giugno, oltre alle ondate di calore estivo che hanno interessato il nostro Paese. La “qualità” del dibattito, però, non è aumentata. Al contrario si è assistito al ritorno di posizioni negazioniste: il 18% degli articoli esaminati, infatti, conteneva argomenti e posizioni che negano in modo palese la crisi climatica o si oppongono a politiche e pratiche pensate per contrastarla.  

“È paradossale che nell’estate più torrida di sempre importanti esponenti del governo, talvolta con la complicità degli stessi media, possano limitarsi ad affermare che ha sempre fatto caldo, ignorando i rischi della crisi climatica e il legame con le ondate di calore, ampiamente accertato alla comunità scientifica”, ha dichiarato Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia, secondo il quale dietro queste dichiarazioni vi sarebbero i finanziamenti e gli interessi delle aziende fossili italiane e internazionali. “Se persino davanti alle vittime e ai danni degli eventi estremi, nei palinsesti trovano tanto spazio il negazionismo e l’opposizione alla transizione energetica, è anche perché gran parte dei media italiani sopravvive grazie ai finanziamenti di Eni e delle altre aziende fossili, i principali responsabili della crisi climatica. In Italia non c’è libertà di stampa sul clima e questo è un pericolo per il Pianeta e per le nostre vite”. 

L’analisi delle pubblicità sui quotidiani mostra chiaramente il peso delle aziende inquinanti. Le inserzioni delle compagnie dell’Oil&Gas, quelle del settore crocieristico, aereo e automobilistico hanno uno spazio elevato sulle pagine dei primi cinque quotidiani: sul Corriere e la Repubblica, infatti, si arriva a una media di sei a settimana. Nel periodo esaminato il Corriere ha pubblicato 102 inserzioni di queste aziende, seguito da Repubblica (99), Il Sole 24 Ore (69) e La Stampa (65). In controtendenza Avvenire, con solo tre pubblicità “fossili”. Tra le inserzioni pubblicitarie prese in considerazione figurano anche le sponsorizzazioni di Eni a eventi come Il Giffoni film festival e il Ravenna festival oltre alle iniziative di A2A come le “giornate dell’acqua” in Valtellina e Valchiavenna in Lombardia.

L’influenza del mondo economico fossile sui media emerge anche dall’analisi dei soggetti chiamati a raccontare la crisi climatica sui giornali: la voce più ascoltata proviene da aziende ed esponenti dell’imprenditoria (17,5%), seguiti da politici e istituti nazionali (13%) e internazionali (12%), tecnici e scienziati (11%) e organizzazioni ambientaliste (7%). 

In base ai risultati ottenuti, Greenpeace ha stilato una pagella dei giornali che ha tenuto conto del numero di articoli dedicati alla crisi climatica, del fatto di aver indicato o meno i combustibili fossili come i responsabili, dello spazio dedicato alle aziende inquinanti, delle inserzioni pubblicitarie e della trasparenza relativa ai loro finanziamenti. Unica testata a ottenere la sufficienza è Avvenire (6,8 punti su dieci) seguita da la Repubblica (5), La Stampa (4,8), Corriere della Sera (4) e Il Sole 24 Ore (3,6). Una classifica sostanzialmente invariata rispetto all’edizione precedente.

Nei telegiornali la situazione non è diversa. L’analisi di Greenpeace e dell’Osservatorio di Pavia mostra come in quattro mesi nessuna delle sette trasmissioni esaminate abbia indicato un responsabile della crisi climatica, narrata quindi come un delitto “senza colpevoli”. Anche qui, tuttavia, si è assistito a una crescita della copertura mediatica rispetto al quadrimestre precedente. Il 2,7% delle notizie trasmesse conteneva un riferimento al clima, contro l’1,9% dell’inizio dell’anno. Il Tg3 e il Tg4 hanno fornito una copertura del 3,6% mentre come fanalino di coda resta il Tg La7. La trasmissione diretta da Enrico Mentana ha parlato di clima in appena l’1,8% delle notizie.  

Per quanto riguarda, infine, le testate d’informazione più diffuse su Instagram, social media e canale d’informazione di riferimento per i più giovani, le notizie sulla crisi climatica sono state poco più del 4% sul totale dei post pubblicati. Hanno trovato più spazio gli aspetti ambientali (40%) e sociali (19%), rispetto a quelli politici (18%) ed economici (8%). Tra i soggetti citati o intervistati prevalgono di gran lunga gli esperti scientifici (32%), in misura decisamente maggiore rispetto ad aziende ed esponenti dell’imprenditoria (11%) e associazioni ambientaliste (11%). Inoltre, a differenza di quanto avviene sui media tradizionali, nel 4% dei post sul clima si parla esplicitamente di responsabili, puntando il dito contro compagnie petrolifere e altre aziende inquinanti. Nel complesso, hanno dedicato più attenzione alla crisi climatica will_ita (12% sul totale dei post pubblicati), tpi (11%) e laveritaweb (9,5%), mentre chiudono la classifica Corriere della Sera (1%) e ilfoglio (0,6%).

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