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Diritti / Approfondimento

L’accesso all’aborto negli Stati Uniti a un anno di distanza dalla fine della “Roe v. Wade”

Manifestazione per il diritto all'aborto a Washington nel 2021 © Gayatri Malhotra, unsplash

Il 24 giugno del 2022 la Corte suprema annullava la storica sentenza “Roe v. Wade” del 1973, dando mano libera a ogni Stato per legiferare in autonomia, anche in senso restrittivo. In occasione dell’anniversario, il Center for reproductive rights ha pubblicato una mappa aggiornata per fotografare puntualmente la situazione

È passato un anno da quando, il 24 giugno 2022, la Corte suprema degli Stati Uniti ha annullato la storica sentenza “Roe v. Wade” del 1973 che garantiva l’accesso costituzionale all’interruzione volontaria di gravidanza in tutti i 50 Stati dell’Unione. Il ribaltamento della sentenza, deciso dal voto favorevole dei sei giudici conservatori (tre dei quali nominati dall’ex presidente Donald Trump), ha assegnato nuovamente ai singoli Stati la possibilità di legiferare in materia di aborto, imponendo o meno restrizioni o divieti sull’accesso.

In occasione dell’anniversario il Center for reproductive rights, organizzazione con sede a New York e che si batte per i diritti riproduttivi a livello globale, ha pubblicato una mappa digitale, puntualmente aggiornata, che permette di fotografare la situazione in ciascuno Stato. Attualmente la possibilità per le donne di accedere a un’interruzione volontaria di gravidanza è garantita dalla legge in 21 Stati cui si aggiunge il Distretto di Columbia (sede della capitale Washington) mentre rischia di essere fortemente limitato o proibito in altri 26. I restanti tre non hanno invece applicato né restrizioni ma nemmeno facilitazioni.

I ricercatori sottolineano come la sentenza “Roe v. Wade” sia stata più volte presa di mira da parte di movimenti e politici conservatori, ma la Corte suprema ha ripetutamente respinto questi attacchi affermando che “la Costituzione protegge l’aborto come una libertà essenziale, legata ad altri diritti sulla facoltà di prendere decisioni personali sulla famiglia, sulle relazioni e sull’autonomia corporea. È importante comprendere tutti i diritti che la ‘Roe v. Wade’ aveva protetto prima di essere annullata”.

La mappa divide gli Stati in cinque categorie in base alle norme adottate sull’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza a seguito della decisione della Corte. La prima comprende quelli definiti ad “Accesso migliorato” dove sono in vigore leggi ad hoc, dove la Costituzione statale tutela esplicitamente l’aborto o sono state adottate leggi in tal senso. Tra le tutele e le facilitazioni adottate in questi Stati ci sono l’obbligo per le assicurazioni sanitarie private a coprire i costi, l’utilizzo di fondi pubblici per garantire l’accesso a questa procedura a tutte le donne che non possono permettersi di affrontare questa spesa, l’introduzione di una tutela legale per gli operatori sanitari e per il personale ospedaliero che, avendo prestato assistenza a donne e ragazze provenienti da uno Stato “proibizionista”, potrebbero essere incriminati.

Al momento sono 11 gli Stati che fanno parte di questa categoria tra cui la California che ha reso legale l’aborto già nel 1969 (quattro anni prima della “Roe v. Wade”) e nel novembre 2022 ha inserito interruzione di gravidanza e contraccezione tra i diritti garantiti dalla propria Costituzione. Seguono, tra gli altri, anche Oregon, New York, Washington, Minnesota.

La seconda categoria comprende 13 Stati dove l’interruzione di gravidanza è protetta: non ci sono divieti in vigore, ma non hanno ancora integrato i diritti riproduttivi all’interno della propria Costituzione. All’interno di questo gruppo le situazioni variano significativamente e comprendono legislazioni con diversi gradi di accesso a questa procedura. In Montana, ad esempio, l’aborto viene garantito dalla Costituzione e nel novembre 2022 gli elettori hanno respinto un referendum per la sua penalizzazione. In questa categoria però rientra anche la Florida, governata dal conservatore Ron De Santis, dove nell’aprile 2023 è stata approvata una norma che consente l’aborto solo nelle prime sei settimane di gravidanza (termine esteso a 15 settimane per le vittime di stupro), un margine giudicato troppo breve dalle associazioni che si battono per i diritti riproduttivi. Altri casi sono ad esempio Nevada, Colorado, Alaska.

New Messico, Virginia e New Hampshire rientrano invece nella terza categoria (quella degli Stati “non protetti): da un lato non hanno approvato leggi a tutela dell’interruzione volontaria di gravidanza ma non hanno nemmeno imposto divieti in senso stretto.

In azzurro gli Stati che hanno adottato tutele legali per l’interruzione di gravidanza dopo la decisione della Corte suprema. In giallo quelli che, pur garantendo l’aborto, non hanno rafforzato l’accesso e ne hanno imposto restrizioni. In arancione i “non protetti”. Infine in rosso chiaro gli stati “ostili” e in colore scuro quelli dove l’aborto è illegale. Fonte: Center for reproductive rights, 2023

Sono ben 11, invece, gli Stati che rientrano nella categoria degli “ostili” dove i governi locali hanno espresso il desiderio di proibire completamente l’accesso all’aborto: questi territori -indicano i ricercatori- sono estremamente vulnerabili al possibile ritorno in vigore di divieti precedenti alla sentenza “Roe v Wade” del 1973 o alla promulgazione di nuove leggi che limitino l’interruzione volontaria di gravidanza. Queste legislazioni o non hanno ancora proposto una legge proibizionista o se lo hanno fatto, questa è stata momentaneamente bloccata da tribunali locali o statali. La Georgia, ad esempio, impone una restrizione alle prime sei settimane di gravidanza mentre una proibizione generale è stata al momento bloccata. Seguono poi anche Arizona, Utah, Wyoming, Ohio.

Infine ci sono i 13 Stati in cui è già stato imposto un divieto totale all’aborto, con la previsione di severe pene detentive tanto per le donne che si sottopongono a questa procedura quanto per i medici e gli operatori sanitari che la praticano. In questo ultimo gruppo rientra quasi tutto il Sud del Paese: Texas, Oklahoma, Arkansas, Louisiana, Mississippi, Alabama, Missouri, Tennessee oltre a Nord e Sud Dakota, Idaho, Kentucky e West Virginia.

“Ribaltando la sentenza ‘Roe v. Wade’ la Corte Suprema ha dato agli Stati un margine di manovra assoluto per limitare l’interruzione di gravidanza o proibirla del tutto -è la conclusione dei ricercatori-. Stiamo assistendo alla divisione tra ‘deserti dell’aborto’, dove l’accesso alle cure è illegale, e in ‘paradisi dell’aborto’, dove le cure continuano a essere disponibili. Milioni di persone che vivono nei suddetti ‘deserti’, soprattutto nel Sud e nel Midwest, sono costrette a viaggiare per ricevere cure legali, con il risultato che molte persone non possono accedere a queste pratiche per una serie di motivi finanziari e logistici. È fondamentale che gli stati ‘non protetti’ creino un diritto statale all’aborto e che gli stati ‘protetti’ adottino leggi e politiche che li portino a garantire un ‘accesso ampliato’”. 

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