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Bicicletta, dopo i festeggiamenti del 3 giugno c’è da mettersi alla prova

© Nuno Ricardo - Unsplash

La Giornata mondiale del 3 giugno scorso si è confermata un’occasione utile per sottolineare la consapevolezza dei benefici sociali, ambientali, e sanitari derivanti dall’uso della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano e per il tempo libero. Ma la strada in Italia è ancora tutta da percorrere. Ed è in salita. Ecco perché

La Giornata mondiale della bicicletta del 3 giugno scorso si è confermata un’occasione utile per sottolineare la consapevolezza dei benefici sociali, ambientali, e sanitari derivanti dall’uso della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano e per il tempo libero. Il mezzo a due ruote per eccellenza è lo strumento ideale alla portata di tutti e tutte per guidare una transizione verso una società più ecologica, accessibile e inclusiva.

Le giornate mondiali sono iniziative create per richiamare l’attenzione pubblica verso temi importanti, ritenuti decisivi, per lo sviluppo della nostra società e sono momenti in cui fare il punto sui progressi, gli ostacoli, le prospettive legate in questo caso al mondo delle due ruote. Prima e dopo le “Giornate” restano dati e fatti da non perdere di vista.

Secondo il rapporto Isnart – Legambiente “Viaggiare con la bici 2023”, presentato in primavera alla Fiera del cicloturismo a Bologna, il cicloturismo in Italia ha oggi un impatto economico superiore ai quattro miliardi di euro. Si parla di un settore che mobilita circa nove milioni di presenze di cicloturisti cosiddetti “puri” (ovvero che progettano una vacanza interamente a due ruote) tra italiani e stranieri. Un dato più che raddoppiato rispetto al 2019 e che diventa molto più significativo nel suo complesso (33 milioni di presenze) se si valutano anche i “turisti in bicicletta” (ovvero chi pensa all’interno di una tradizionale vacanza di usare le due ruote come attività temporanea).

L’attenzione sul settore è crescente con un proliferare di iniziative e di protagonismo anche di Regioni del Sud che hanno capito le esigenze di una domanda in crescita lontana anche dai soliti circuiti turistici e che può sostenere lo sviluppo di aree interne lontane dai grandi flussi turistici. Sul potenziamento Sistema nazionale delle ciclovie turistiche ci sono significativi investimenti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza ma le richieste del settore sono una politica nazionale fiscale sulla filiera del ciclo italiana (ad esempio l’Iva ribassata sull’acquisto delle bici seguendo l’esempio portoghese) e una ripresa su ampia scala e coordinata a livello nazionale del protagonismo locale degli ultimi anni.

Abbiamo ricordato come la bicicletta sia uno strumento per guidare una transizione ecologica. Decarbonizzazione e miglioramento della qualità dell’aria attraverso la riduzione delle emissioni di inquinanti sono due sfide strettamente connesse al centro della politica europea. Ogni anno a causa dell’inquinamento atmosferico si calcola ci siano migliaia di morti premature. Allo stesso tempo l’obiettivo di decarbonizzazione la nostra società coinvolge le aree urbane che ospitano il 75% della popolazione dell’Unione europea. Perciò è importante che le città siano il luogo di sperimentazione e di innovazione di queste politiche. La Commissione ha lanciato la cosiddetta “missione per le città”, selezionando 100 città dei 27 Stati membri, nove delle quali italiane (Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino), che si sono impegnate a compiere azioni per raggiungere la neutralità climatica nel 2030. Le 100 città selezionate rappresentano il 12% della popolazione dell’Unione europea.

Lo sviluppo della mobilità attiva (pedonale e ciclabile) costituisce, inoltre, una prospettiva per ripensare l’utilizzo degli spazi urbani, che può andare di pari passo con una riduzione degli spazi dedicati alla mobilità motorizzata privata ancora oggi dominante in Italia.

Le città pedonali e ciclabili sono città più vivibili, meno inquinate, contribuiscono meno alla crisi climatica. Spesso e volentieri sono anche città con più alti standard di qualità della vita. Ciò nonostante, secondo i dati appena pubblicati dal Rapporto mobilitaria 2023, i numeri sulla mobilità attiva non sono incoraggianti. Il divario con gli esempi del Nord Europa è ancora notevole. Per capirci: “Helsinki ha circa 20 chilometri di piste ciclabili per 10mila abitanti; Amsterdam e Gent intorno ai 15 chilometri. […] I capoluoghi delle 14 città metropolitane hanno in media 1,5 chilometri di ciclabili per 10mila abitanti; Venezia, Bologna, Firenze, Cagliari, Torino e Milano si collocano al di sopra del dato medio ma comunque lontano da un livello ottimale che potrebbe essere quello di almeno 10 chilometri di piste ciclabili ogni 10.000 abitanti, ovvero un metro ad abitante”.

Neanche un metro per abitante, per non pensare alla sicurezza di chi usa la bici tutti i giorni. L’inizio del 2023 è stato segnato da una serie di eventi tragici nelle maggiori città italiane che ha fatto ripensare al tempo trascorso invano dalla storica campagna “Salvaiciclisti”. Una strage silenziosa ha titolato anche la Gazzetta dello Sport in una sua indagine pubblicata contestualmente al verificarsi di una di queste tragedie il 21 aprile scorso: mentre negli ultimi vent’anni le vittime della strada sono dimezzate, pedoni e ciclisti continuano a essere i più a rischio di morte o lesioni gravi.

In questo contesto permane un sentimento collettivo, diffuso nella opinione pubblica, che vede l’uso della bici come mezzo di trasporto quotidiano urbano riservato agli “sfaccendati”. Ed è quindi intollerabile che si realizzino corsie ciclabili sull’asfalto e si mettano limiti di velocità generalizzati a 30 chilometri orari come finalmente sta avvenendo, tra mille timidezze, in alcune città italiane. Questo sentimento è ben interpretato e sintetizzato (nel suo ormai noto stile divisivo) non dall’uomo comune ma dell’attuale ministro delle Infrastrutture (non più sostenibili, in questa legislatura) intervenuto a gamba tesa a proposito della decisione del sindaco di Milano di approvare un ordine del giorno per “ Milano città 30”.

Oltre agli slogan il governo è passato alle vie di fatto tagliando risorse economiche ad amministrazioni locali sulle ciclabili urbane, come ha denunciato il presidente della Federazione italiana ambiente e bicicletta, Alessandro Tursi. “Dopo il taglio dei fondi destinati alla ciclabilità urbana nell’ultima Legge di Bilancio, è ora necessario che il governo preveda un fondo permanente per le infrastrutture e le ciclabili urbane per consentire agli amministratori locali di ogni colore politico di sviluppare con facilità una mobilità ciclabile, in particolare per gli spostamenti casa-lavoro”.

Se dovessimo fermarci a questo quadro preoccupante, che avrebbe toni ancora più scuri se pensassimo ad alcune iniziative sempre coordinate dal ministro dei Social che mirano a bloccare la nuova direttiva sulla qualità dell’aria attraverso le Regioni a guida leghista o dagli obblighi annunciati di casco, identificativo e assicurazione per chi usa mezzi a due ruote, non rimarrebbe che scappare oltreconfine, magari per qualche esistente ciclovia turistica.

Ma c’è una notizia: il mondo del cicloattivismo corre, forse sempre più sicuro della sensibilità crescente seppur ancora minoritaria nel nostro Paese, ed elabora proposte, intercetta istanze provenienti da altri mondi, da progettualità di network europei come Clean Cities che promuove iniziative attorno alle cosiddette strade scolastiche, alle associazioni come l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) che si preoccupano di far crescere la consapevolezza e mobilitare al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile 2030. Durante l’evento bolognese MobilitARS tenutosi nel maggio scorso, l’unione di varie associazioni tra cui Fiab, Fondazione Scarponi, Kyoto Club, Clean Cities ha presentato, ad esempio, una proposta di legge per lo sviluppo di “Città 30”.
Il documento prevede in sintesi quattro punti: l’applicazione generale del limite massimo di velocità di 30 km/h su tutte le strade urbane salvo soltanto quelle a scorrimento veloce a 50 km/h, l’adeguamento dell’infrastruttura stradale per la moderazione del traffico e della velocità, il rafforzamento dei controlli sul rispetto delle regole di comportamento in strada, campagne di educazione, informazione e comunicazione rivolte alla cittadinanza e a tutti gli utenti della strada.

Dopo i festeggiamenti del 3 giugno c’è quindi da mettersi alla prova come cittadini con le proprie scelte di mobilità. Salendo su una bici inizia il viaggio per un’Italia migliore, più bella, più moderna.

Domenico de Leonardis è mobility manager. Elisa Gallo è presidente di Bike Pride e consigliera di Fiab Italia

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