Esteri / Reportage
La lotta dei lavoratori portuali greci del Pireo contro il colosso cinese Cosco
L’Autorità portuale del Pireo è controllata per il 67% dalla compagnia di Stato cinese Cosco. Il governo di Atene celebra gli impatti positivi della partnership così come l’aumento vertiginoso del traffico. Ma a farne le spese sono stati gli operai, come spiega Markos Bekris, presidente del sindacato dei portuali del Pireo fondato nel 2014
“Thanassis è solo l’ultimo operaio morto sul posto di lavoro. A inizio febbraio 2023 ha avuto un infarto che gli è stato fatale, ma era già stato male alcuni mesi prima. Per questo avevamo chiesto che gli fossero assegnate mansioni diverse e meno gravose dal punto di vista fisico, ma la nostra richiesta non è stata ascoltata”. A raccontare la storia del giovane è Markos Bekris, presidente dell’Enedep, il sindacato dei portuali del Pireo fondato nel 2014. Mentre Bekris parla, la lista di messaggi e chiamate senza risposta si allunga sullo schermo del suo cellulare con una frenesia che contrasta con la calma che regna nell’ufficio sobriamente arredato del sindacato greco, ma che la dice lunga sulle occhiaie che segnano il contorno dei suoi occhi.
Thanassis non è certo il primo operaio ad aver perso la vita su un molo del più importante porto della Grecia, ma le condizioni di lavoro dei portuali hanno registrato un significativo peggioramento dal 2009 in poi, anno di inizio della penetrazione cinese nello scalo ellenico.
L’Autorità portuale del Pireo (Ppa) è infatti attualmente controllata per il 67% dalla compagnia di Stato cinese Cosco, che dopo essersi aggiudicata la gestione dei moli due e tre nel 2009 è riuscita a ottenere il 51% delle quote dell’Autorità stessa fino al 2052. Nel 2021 l’azienda cinese ha poi incrementato il proprio controllo sulla Ppa, arrivando a detenere il già citato 67% e ottenendo di fatto la gestione quasi esclusiva del porto. La traccia più evidente di questa scalata azionaria della compagnia di Stato cinese si trova sull’edificio che ospita l’Autorità portuale: l’insegna che campeggia sulla facciata è scritta sia in greco sia in cinese, mentre sul tetto la bandiera bianco-blu della Grecia sventola al fianco di quella rossa della Repubblica popolare.
L’aumento del controllo cinese del Pireo però è sempre stato presentato dai governi greci in chiave esclusivamente positiva. Sotto il controllo di Cosco, il porto è passato dalla 93esima alla 28esima posizione nella classifica mondiale degli scali ed è diventato uno dei più importanti snodi del Mediterraneo. Nel solo 2022 il Pireo ha movimentato merci per un valore di cinque milioni di Teu (unità di misura standard nel trasporto marittimo, equivalente alla lunghezza di un container di 6,1 metri, ndr) , mentre sono transitati 880.416 passeggeri, per un profitto netto di 52,9 milioni di euro e una crescita complessiva del 43,9% rispetto all’anno precedente.
Ma su questa storia di successo aleggiano non poche ombre. “La Cina si è interessata al Pireo per il basso costo del lavoro, per la posizione geografica e per gli ottimi collegamenti via terra con il resto dell’Europa”, spiega Bekris. A pagare il prezzo di questa crescita, però, sono stati i lavoratori. “Lo stipendio medio si è ridotto del 40% a causa dei subappalti e della mancanza di un contratto collettivo. I turni sono stati estesi fino a 12 ore, oppure organizzati con una pausa di soltanto otto ore tra uno e l’altro. Le squadre invece sono passate da sei a quattro unità”.
I lavoratori hanno dovuto fare i conti con questo rapido peggioramento delle condizioni di lavoro senza ricevere il sostegno dei sindacati già esistenti né dei governi succedutisi dal 2009 a oggi, compreso quello di Syriza, il partito di sinistra che con Alexis Tsipras ha guidato il Paese dal 2015 al 2019.
Ma proprio la mancanza di tutele e di un’adeguata rete di sostegno ha portato alla nascita dell’Enedep. “A metà del 2022 siamo riusciti a concordare un contratto collettivo e un aumento del 20% degli stipendi, le squadre adesso sono formate da cinque persone, abbiamo finalmente ottenuto indietro delle pause adeguate tra un turno e l’altro, sulle banchine è di nuovo presente l’ambulanza e il nostro lavoro è stato riconosciuto come usurante”.
Per raggiungere questo risultato l’Enedep ha indetto scioperi e manifestazioni per sei mesi consecutivi, bloccando le attività nello scalo e mettendone a rischio la produttività. Portare avanti queste azioni però non è stato facile. “Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno reso impossibile scioperare in maniera legale e hanno trascinato molti di noi in tribunale, oltre ad aver sempre mobilitato le forze dell’ordine per reprimere le proteste”. Le prime forti limitazioni al diritto a manifestare sono state imposte nel 2018 da Syriza, che ha così spianato la strada per interventi ancora più oppressivi da parte dell’attuale esecutivo di destra di Nuova Democrazia, guidato dal primo ministro Kyriakos Mitsotakis.
Sul piano internazionale l’Enedep ha invece potuto contare sulla solidarietà e sul sostegno di altri portuali in Europa e nel mondo, Italia compresa, e delle forze racchiuse nel Pame, il centro di coordinamento dei sindacati greci di sinistra. “Nel 2014 contavamo meno di 200 iscritti, oggi siamo più di mille e tutti all’estero tutti conoscono le conseguenze reali dall’arrivo di Cosco in Grecia”, rivendica Bekris. Il sindacato è parte di una rete internazionale creata con l’obiettivo di unire le lotte dei portuali e dare così maggiore forza alle loro rivendicazioni. A oggi, a fare parte di questo movimento sono i porti di Civitavecchia, Livorno, Genova e Trieste in Italia, quello di Marsiglia in Francia, di Bilbao e Valencia in Spagna e Amburgo in Germania, con il supporto di alcuni osservatori tra cui l’italiano The Weapon Watch. “Insieme possiamo imprimere più facilmente un cambiamento”, sottolinea con convinzione il sindacalista.
A livello locale, il cambiamento a cui fa riferimento riguarda prima di tutto la gestione del porto del Pireo. Nel parlare di questo argomento Bekris si fa serio. Dopo un attimo di silenzio, si piega un po’ in avanti sul tavolo, mentre con la sigaretta sembra disegnare un punto su un foglio immaginario. “Dobbiamo fare una precisazione. La situazione è peggiorata da quando c’è Cosco, ma il problema è la privatizzazione smodata, non soltanto la Cina. Noi non vogliamo scegliere da quale compagnia privata farci derubare, né vogliamo tornare alla gestione pubblica del porto. Il potere decisionale deve essere affidato ai lavoratori. Solo così si può arrivare a un vero cambiamento”.
L’assenza di compagnie private all’interno del porto servirebbe anche per evitare che infrastrutture di questo tipo diventino terreno di scontro tra superpotenze, come sta già accadendo nel Pireo. Il controllo da parte dello scalo greco rappresenta da sempre un problema per gli Stati uniti, a maggior ragione dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. “Gli Usa stanno cercando di creare un cordone di sicurezza intorno al porto acquistando le aree che non sono ancora in mano alla Cina”, spiega Bekris. “Come portuali dell’Enedep ci opponiamo a queste logiche e insieme ai colleghi di altri Paesi abbiamo deciso che nei nostri porti non ci devono essere trasferimenti e operazioni di carico e scarico di materiale militare, a prescindere dalla destinazione finale”. I sindacalisti dell’Enedep, i francesi della Cgt e gli italiani della Usb si sono riuniti a Bruxelles a gennaio 2023 dietro invito dei parlamentari comunisti greci proprio per ribadire il loro “No” alla guerra e per sottolineare la mancanza di adeguate tutele nel mondo del lavoro. Il prossimo passo sarà la creazione di nuovi momenti di incontro per rafforzare quella che dovrebbe diventare una vera e propria rete mediterranea dei porti da estendere il più possibile. “Se continuiamo a essere divisi sarà facile metterci a tacere”, conclude Bekris. “Unire le lotte dei lavoratori è fondamentale per arrivare a un cambiamento non solo nel mondo del lavoro ma più in generale nella società”.
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