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L’altro snack contagia uffici e scuole – Ae 65

Numero 65, ottobre 2005 Potete dire basta al monopolio della pausa caffè delle multinazionali. I distributori automatici diventano equi e bio e fanno capolino nelle aziende e nei Comuni. Trasformando il break in un momento di critica Inserire le monetine…

Tratto da Altreconomia 65 — Ottobre 2005

Numero 65, ottobre 2005

Potete dire basta al monopolio della pausa caffè delle multinazionali. I distributori automatici diventano equi e bio e fanno capolino nelle aziende e nei Comuni. Trasformando il break in un momento di critica

Inserire le monetine nell’apposita fessura. Selezionare la bevanda desiderata.

Caffè. Non toglietemi la pausa caffè: rito quotidiano e intoccabile per tanti, è la spina dorsale della distribuzione automatica, oppure “vending”, se preferite. Un settore che nel 2004 ha macinato, in Italia, un fatturato da un miliardo e mezzo di euro, mondo di sigle sconosciute ai più, che conta sul lavoro di 30 mila addetti e “nutre” ogni giorno 17 milioni di italiani. Caffè in testa: le 780 mila macchine presenti nel nostro Paese (tra distributori a colonna e macchinette a cialda) ne erogano, derivati compresi, per il 67% delle consumazioni; seguono acque, bevande fredde, snack, gelati. Clientela variegata -in primis uffici privati e poi ospedali, scuole, uffici pubblici- in cui anche il commercio equo sta cercando, timidamente, di mettere il naso. Impresa per niente facile in un settore frammentato come quello del vending, dove 1.500-1.800 aziende cercano di spartirsi la torta (con le prime 100 che se ne assicurano un terzo).

Sul fronte delle macchine, i grandi nomi sono Necta, Saeco, Bianchi e Lavazza (leader nelle macchinette a cialda), industrie che esportano fino al 70% della loro produzione. Per quanto riguarda i “gestori” si va dalle aziende con centinaia di addetti, torrefazioni dedicate e call center specializzati nella ricerca di nuovi clienti, fino alle conduzioni familiari. Tra i “big” il Gruppo Argenta, sede centrale a Carpi (Modena), e un fatturato nel 2004 pari a 74 milioni di euro (con una previsione di quasi 81 per quest’anno). Uno dei colossi di casa nostra: 500 dipendenti, 43 mila clienti, 60 mila distributori, un milione di consumazioni al giorno. Oppure il Buonristoro vending group, consorzio di undici aziende con 140 milioni di “erogazioni” l’anno, 22 mila clienti, quasi 30 mila distributori, 500 collaboratori.

E una sperimentazione con prodotti del commercio equo e solidale che la controllata Daem (con sede a Castelmaggiore, Bologna) ha portato avanti nel 2004. “Con buoni risultati -conferma Alex Gozzi di un’altra controllata del gruppo, la modenese Demil- tanto che da quest’anno inizieremo anche noi, per ora in tre scuole della provincia”. In questo caso, cialde di caffè a marchio Transfair Italia prodotte dal licenziatario Coind (ogni tre mesi, in Italia, vengono consumati 200 mila caffè equi Transfair, che da poco sta sviluppando anche il segmento bevande fredde). Una possibilità che per il fairtrade potrebbe diventare interessante anche dal punto di vista dei numeri, mentre per le aziende, almeno per il momento, è il tentativo di andare incontro a una richiesta del mercato, anche se di nicchia: “Abbiamo scelto il commercio equo per essere più competitivi -conferma Alex Gozzi-per ampliare la nostra offerta rispetto alla concorrenza”.

“Cerchiamo di rispondere alle esigenze dei clienti”, gli fa eco Nicola Arborio di Frigoli srl, una realtà di medie dimensioni (50 dipendenti, 7 milioni di euro di fatturato), che lavora su Milano e provincia.

“Ma a volte -assicura Arborio- siamo noi a proporre questi prodotti, per una precisa scelta dell’azienda, sensibile a certe tematiche”. I prodotti in questione sono snack di Ctm Altromercato, consorzio di botteghe del mondo e principale centrale di importazione italiana di commercio equo, che all’ultima edizione del Sana a Bologna ha presentato la linea di prodotti “Vending Altromercato” (anche qui, il caffè è primo).

Ma parlando di vending e commercio equo la vera novità è quella delle botteghe del mondo che non si limitano a rifornire di prodotti le aziende tradizionali, ma decidono di diventare gestori veri e propri. Qui il pioniere è Raggio Verde, cooperativa piemontese con botteghe in provincia di Biella, Novara e Vercelli. Le prime esperienze nella distribuzione automatica risalgono al 1999: “Abbiamo iniziato un po’ per caso -racconta Stefano La Malfa- perché io conoscevo personalmente un gestore e gli ho proposto di rifornire di caffè equo le macchinette dell’ufficio dove lavoravo all’epoca”. La cosa ha funzionato e Raggio Verde ha deciso di tentare in proprio: oggi opera nel biellese (scuole, case di riposo e piccoli uffici) con una sessantina di macchine installate e un fatturato annuo di 120 mila euro. I prodotti vanno dal caffè agli snack alle bevande fredde (come il Guaranito, per esempio): “Proponiamo prodotti del commercio equo ma anche biologici, come i succhi di frutta dei monaci di Lanuvio, mentre per l’acqua cerchiamo marchi locali e, come regola di base non trattiamo i prodotti di multinazionali”. Sfruttando l’esperienza che Raggio Verde ha maturato come organizzatore di catering, nei distributori vengono anche inseriti panini freschi (preparati con pane bio). Tutte le macchine sono accompagnate da un cartello informativo sul commercio equo. “E sul fronte dei prezzi cerchiamo di non superare quelli di mercato, anche se questo significa avere margini più bassi perché la materia prima costa di più”. Quindi, per avere un parametro di riferimento, il caffè viene fatto pagare 30 centesimi come quello tradizionale (quando, di solito, il caffè fairtrade nei distributori è venduto a 35).

Un’altra esperienza ben avviata -anche se ancora giovane- è quella della cooperativa milanese Chico Mendes, che opera nel vending dal 2002 (200mila euro il fatturato previsto per il 2005). Sessanta distributori automatici di bevande calde, fredde e snack (sia equi che biologici) e 150 macchinette a cialda. “Con il nostro lavoro speriamo di essere anche un elemento di critica -spiega Maurizio Ricci di Chico Mendes-, perché una gestione completamente equa può spingere anche le aziende tradizionali ad allargare il ventaglio di prodotti equi, a tutto vantaggio dei produttori del Sud del mondo”. Anche altri stanno muovendo i primi passi, come Pangea, bottega del mondo di Roma, o Nazca di Milano, e in molti guardano al vending anche come possibilità per ridare respiro ai fatturati che, anche in botteghe, sono stai colpiti dalla crisi (vedi Ae 62). Intanto, buone notizie arrivano dal pubblico: il Comune di Genova ha approvato un capitolato d’appalto che prevede, tra l’altro, una percentuale obbligatoria di prodotti equi per il rifornimento di 150 distributori automatici in diversi uffici della città. Una strada che apre nuove possibilità per il popolo del “fairtrade automatico”.

Mele e carote al posto delle patatine

Bombolone alla crema o carotine? Dovranno risolvere il dilemma gli studenti lombardi che, con il nuovo anno scolastico, troveranno a scuola un distributore automatico con sacchetti monodose di frutta e verdura fresche e il fantasioso nome “Dimmidisì-L’altro snack”. Due confezioni, da 90 o 100 grammi, a scelta tra: mela, mela e uva, cocco, baby carota, pomodorino. È un progetto pilota della Regione Lombardia (in collaborazione con aziende private) per la diffusione di un’alimentazione più sana, dal momento che: “il 9% dei bambini lombardi tra i 7 e gli 11 anni sono obesi, il 35% in sovrappeso, il 30% non consuma frutta e il 50% non mangia verdura” (info: maria_teresa_besana@regione.lombardia.it). Analoga iniziativa a Modena promossa dalla Usl locale e destinata anche agli adulti: 13 punti ristoro con distributori automatici di mele, macedonia, yogurt, cioccolato senza zucchero o panini freschi. Sul distributore, consigli per migliorare il proprio stile di vita e lo slogan “Fai un passo verso la salute”.

Bollicine vietate per legge

Distributori automatici banditi dalle scuole: è la misura estrema approvata dal parlamento francese. A partire da quest’anno le scuole dovranno far sparire le macchinette di snack e bibite gassate, con l’obiettivo di combattere l’obesità infantile che colpisce il 16% dei bambini francesi. La legge, sottolinea il sito specializzato beveragedaily.com, arriva poche settimane dopo la decisione dell’American Beverages Association, supportata da PepsiCo e Coca-Cola, di proibire volontariamente la distribuzione di bibite ipercaloriche nelle scuole elementari e medie degli Usa. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nel mondo 22 milioni di bambini sotto i cinque anni sono obesi e negli ultimi 40 anni il numero di obesi tra i sei e i 17 anni è raddoppiato.

 

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