Diritti
Manganelli alla rovescia
L’Italia sta scivolando verso un regime di democrazia autoritaria a causa dell’assuefazione di massa all’arbitrio e all’arroganza di chi detiene il potere. Un’opinione pubblica forte, reattiva, capace di critica quasi non esiste; i maggiori media, legati strettamente ai grandi poteri…
L’Italia sta scivolando verso un regime di democrazia autoritaria a causa dell’assuefazione di massa all’arbitrio e all’arroganza di chi detiene il potere. Un’opinione pubblica forte, reattiva, capace di critica quasi non esiste; i maggiori media, legati strettamente ai grandi poteri economici e condotti da giornalisti scarsamente dotati di autonomia, non svolgono la loro funzione di "cani da guardia" del potere (qualcuno ha parlato di "cani da riporto": vedi la preziosa guida di Giulio Sensi pubblicata da Ae).
Fra i tanti esempi che potremmo portare per illustrare questa infelice situazione, ci possiamo concentrare – ancora una volta – sugli esiti di Genova G8. I processi per gli scempi compiuti dalle forze dell’ordine nel 2001 si sono conclusi con 29 condanne fra agenti e funzionari delle forze dell’ordine e un indelebile marchio d’infamia e codardia in particolare per la polizia di stato (che ha ostacolato i giudici, permesso agli imputati di non presentarsi ai processi, garantendo loro addirittura delle promozioni). Nemmeno le condanne sono state un motivo sufficiente per spingere il capo della polizia, Antonio Manganelli, ad agire come avebbe dovuto fare, con sospensioni dagli incarici dei condannati e formali scuse alle vittime degli abusi e al paese.
In compenso il medesimo Manganelli sospende lo scomodo vice questore Gioacchino Genchi, finito nella macchina tritatutto dell’offensiva governativa contro lo strumento delle intercettazioni (fra parentesi, il mezzo più efficace d’indagine a disposizione dei pm) e il questore di Genova minimizza uno scandalo come quello che ha investito la sua questura (consumo e spaccio di cocaina e altre amenità da parte di numerosi agenti).
Il Comitato Verità e Giustizia per Genova, in perfetto isolamento, ha denunciato più volte come inadeguato e pericoloso il comportamento di Antonio Manganelli e in generale delle istituzioni democratiche. In questi giorni sono intervenuti sul giornale L’Unità due "pezzi grossi" come Marco Travaglio e Andrea Camilleri. Riporto i loro interventi qui sotto, ma la sensazione è che l’opinione pubblica in Italia sia morta.
Manganelli canterini (di Marco Travaglio)
Il vicequestore Gioacchino Genchi, da 20 anni consulente dei giudici in
indagini di mafia e corruzione, è stato sospeso dal servizio. Motivo: ha
rilasciato interviste per difendersi dalle calunnie e ha risposto su
facebook alle critiche di un giornalista. «Condotta lesiva per il
prestigio delle Istituzioni» che rende «la sua permanenza in servizio
gravemente nociva per l’immagine della Polizia». Firmato: il capo della
Polizia, Antonio Manganelli. Se Genchi avesse massacrato di botte qualche
no global al G8 di Genova, sarebbe felicemente al suo posto e avrebbe
fatto carriera (Massimo Calandri, «Bolzaneto, la mattanza della
democrazia»): Vincenzo Canterini, condannato a 4 anni in primo grado per
le violenze alla Diaz, è stato promosso questore e ufficiale di
collegamento Interpol a Bucarest. Michelangelo Fournier, 2 anni di carcere
in tribunale, è al vertice della Direzione Centrale Antidroga. Alessandro
Perugini, celebre per aver preso a calci in faccia un quindicenne,
condannato in primo grado a 2 anni e 4 mesi per le sevizie a Bolzaneto e a
2 anni e 3 mesi per arresti illegali, è divenuto capo del personale alla
Questura di Genova e poi dirigente in quella di Alessandria. Le loro
condotte non erano e la loro
presenza è tutt’altro che «nociva per l’immagine della Polizia». Ma forse
c’è stato un equivoco: Manganelli voleva difendere Genchi e sospendere
Canterini, Fournier e Perugini, ma il solito attendente coglione ha capito
male. Nel qual caso, dottor Manganelli, ci faccia sapere.
Montalbano è allibito: le «mele marce» di Genova e i precedenti di
Bolzaneto
di SAVERIO LODATO e ANDREA CAMILLERI
Camilleri, alle notizie di Genova, Montalbano sarà rimasto di sasso:
scoperta una banda di 25 poliziotti dedita a cocaina, bische clandestine,
festini con prostitute. Agghiaccianti le telefonate fra i Rambo di
cartapesta: «Voglio fare una rissa della Madonna, finisce che ammazzo
tutti»; «Sei dei tanti che consumano droga, sei nella norma». Di un
neofita, un veterano dice: «Non vorrei che finisse lì, e poi ci tocca
buttarlo nella spazzatura». Della storia i giornali hanno parlato un
giorno solo. In fondo, sono italiani come noi.
Montalbano, caro Lodato, è allibito e nauseato. E vorrebbe rivolgere
qualche domanda a chi di ragione. La prima è per il Questore di Genova che
ha dichiarato, a stare al Corriere della Sera, che si tratta di «poche
mele marce». Sappiamo che è consuetudine delle Questure il ridurre sempre
a un terzo i partecipanti a una manifestazione a esse non gradita. A
logica di Questura, dunque, i poliziotti dovrebbero essere molti di più
che 25. Ma anche restando a questo numero, non pare al signor Questore che
25 mele marce siano un po’ troppe? Ne basta una sola in un cesto per
infettare tutte le altre. Il contadino lo sa e si affretta a gettarle via.
Come mai alla Questura di Genova nessuno si è accorto di quello che stava
succedendo? E pare che uno degli arrestati avesse subito una condanna a 3
anni e 2 mesi per avere massacrato a Bolzaneto la mano di un no global. Lo
stesso agente, nel 2007, era stato indagato perché accusato di avere
violentato con alcuni suoi colleghi tre prostitute straniere proprio nei
locali della Questura genovese. Ecco le altre domande: come mai un tipo
simile ha potuto continuare a vestire la divisa della polizia? Anche allo
spirito di corpo c’è un limite, passato il quale, lo spirito di corpo
diventa complicità.