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COFFERATI IL CONFORMISTA…

COFFERATI IL CONFORMISTA Il caso Bologna dimostra quanto sia ancora viva, nel mondo politico, la convinzione che il tema della sicurezza, inetso nel senso neoautoritario tipico di questi anni, sia una macchina da voti. Il sindaco Cofferati, con le sue…

COFFERATI IL CONFORMISTA

Il caso Bologna dimostra quanto sia ancora viva, nel mondo politico, la convinzione che il tema della sicurezza, inetso nel senso neoautoritario tipico di questi anni, sia una macchina da voti. Il sindaco Cofferati, con le sue sparate sui lavavetri, gli sgomberi ordinati senza nemmeno usare la precausione di affiancare a ruspe e vigili urbani qualche mediatore dei servizi sociali, e da ultimo con la protezione a colpi di manganello contro la contesazione pacifica degli studenti, si accoda a un lungo elenco di uomini politici e amministratori che non hanno esitato a issare le bandiere della sicurezza e della legalità con un ardore degno di migliori cause.

Gli argomenti di Cofferati e di molti altri prima di lui a prima vista sono sensati e formalmente ineccepibili: il rispetto della legalità è un principio che vale per tutti; i micro conflitti fra autoctoni e stranieri (riferito nel caso bolognese al "fastidio" procurato agli automobilisti dai lavavetri che offrono il loro servizio) favoriscono il razzismo; non possiamo permettere il degrado delle nostre città. Sono argomenti ben accolti dalle maggioranze penpensanti ma che nascono grande ipocrisia e che rafforzano le tendenze autoritarie e repressive tipiche negli ultimi anni delle democrazie   opulente.

L’ipocrisia è nel rapporto con l’immigrazione. Ai lavoratori stranieri è negato per legge l’accesso alla cittadinanza e quindi a una reale equiparazione con gli autoctoni: c’è una norma-paradosso che vieta la cittadinanza anche a figli nati in Italia da immigrati, anche se regolari. Questi ragazzi, che parlano italiano, frequentano le nostre scuole, spesso non hanno mai visto il paese dei genitori sono dei paria, a rischio di "rimpatrio" in un paese che magari neppure conoscono. Le norme più recenti sull’immigrazione impediscono la regolarizzazione degli immigrati che lavorano se questi non vincono la lotteria delle quote d’accesso. Cioè puoi avere un lavoro, con regolare contratto, ma non il permesso di soggiorno, perchè magari sei moldavo e nella città in cui ti trovi qualcuno ha deciso che possono entrare solo 25, o 35, o 61 moldavi e se la tua domanda è la numero 26, o 36, o 62 tu sei un clandestino. In questa situazione, e di fronte alla pacifica presenza di milioni di stranieri, nonostante le campagne d’odio scatenate in questi anni dalla Lega Nord e dai suoi alleati tanto perbene, s’innestano le campagne molto politicamente corrette sulla sicurezza, la legalità, il rispetto delle regole: tutte campagne che si richiamano a un democraticissimo richiamo alle leggi (a tutte le leggi, anche quelle che discriminano gli stranieri) ammiccano al "pericolo immigrati" da tenere sotto controllo. Il compagno Cofferati, e suoi numerosi sostenitori, sono invischiati in questa "visione" del mondo, come insegna la campagna sul "racket dei lavavetri".

L’autoritarismo è quello che si esprime con le ruspe e i manganelli. La polizia di stato fa ormai ricorso a tonfa e sfollagente  senza alcun ritegno. Le mediazioni, la ricerca di vie pacifiche per garantire l’ordine pubblico e anche il diritto a manifestazione il dissenso, non sono più di moda. E’ chiaro che c’è una direttiva – chissà se formalizzata o solo virtuale – a non esistare nell’uso "educativo" dei manganelli: i fatti accaduti a Bologna e Roma in questi giorni, ne seguono decine di altri in altre città, tutti in situazioni a bassissimo tasso di "pericolosità" dei manifestanti.

Cofferati non è affatto un’eccezione: il suo è un banalissimo conformismo ai canoni della democrazia autoritaria che sta crescendo sotto i nostri occhi.

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