Diritti / Attualità
Il ruolo dell’Italia nell’attacco mortale con droni da parte degli Usa in Libia
A fine marzo 2022 le famiglie delle vittime di un attacco con drone statunitense avvenuto in Libia il 29 novembre 2018 hanno sporto denuncia contro il comandante italiano della base militare di Sigonella. Avrebbe permesso un attacco letale in violazione del diritto internazionale e del diritto interno
“Il Comando degli Stati Uniti in Africa (Africom) ha ucciso delle persone innocenti. Hanno affermato che i nostri figli erano terroristi e hanno messo fine alle loro vite senza alcuna prova. Vogliamo che il governo italiano ci ascolti e che impedisca ad Africom di uccidere ancora la nostra gente. Chiediamo ad entrambi i governi di scusarsi e che l’Italia apra un’indagine trasparente e chieda conto ai responsabili dell’autorizzazione dell’attacco”. Chi parla è Madogaz Musa Abdullah, parente di una delle vittime di un attacco statunitense in Libia tramite un drone avvenuto a fine 2018. Il 31 marzo 2022 Musa Abdullah, insieme ad altri familiari delle persone uccise dall’attacco, ha sporto denuncia contro il comandante italiano della base militare di Sigonella, in provincia di Catania. La denuncia è stata presenta all’Ufficio del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa grazie al supporto di tre organizzazioni per i diritti umani: la Rete italiana pace e disarmo, Reprieve e lo European center for constitutional and human rights (Ecchr).
L’attacco risale al 29 novembre 2018 quando un drone appartenente ad Africom ha bombardato la città di Ubari nel Sud-Ovest della Libia provocando la morte di 11 membri della comunità tuareg. Secondo le organizzazioni il comandante italiano avrebbe quindi permesso un attacco letale violando il diritto italiano e internazionale. La base militare italiana, infatti, è al centro delle operazioni statunitensi in Africa in quanto il governo ha acconsentito ad Africom di utilizzarla come punto di partenza per le operazioni Usa di “guerra al terrorismo” e di “targeted killing” (uccisione di bersagli). Secondo l’accordo del 2006 tra i due Paesi, che regola la presenza statunitense così come le responsabilità del comando italiano, le forze armate Usa hanno il dovere di segnalare qualunque operazione non di routine. “Chiaramente un’operazione condotta con droni che implica l’uso di forza letale non è considerabile di routine -ha spiegato Chantal Meloni, consulente legale di Ecchr-. Mentre Africom è direttamente responsabile, il comandante italiano deve aver conosciuto e approvato l’operazione e può quindi essere ritenuto penalmente responsabile per aver permesso un attacco letale illegale. Tale circostanza configurerebbe una violazione del diritto internazionale”.
Il Comando di Africom ha ammesso nel tempo la responsabilità dell’attacco ma ha giustificato l’operazione affermando che le vittime fossero “membri di al-Qai’da”. La comunità colpita nega invece le accuse sostenendo che la maggior parte delle vittime erano in realtà membri delle forze armate del Governo libico di unità nazionale, ufficialmente riconosciuto dalle Nazioni Unite.
La Rete italiana pace e disarmo, inoltre, denuncia come le operazioni militari statunitensi per la “guerra al terrorismo” siano in aperta violazione del diritto internazionale. In particolare gli attacchi aerei con droni violerebbero i principi sull’uso della forza letale e sull’autodifesa colpendo individui il cui status non è verificato con precisione. “Per questo motivo è importante continuare le nostre azioni anche di natura legale, che spesso sono l’unica strada percorribile per arrivare ad un riconoscimento della verità e delle responsabilità, permettendo anche di gettare una maggiore luce su operazioni militari condotte in contesti di guerra non dichiarata -spiega Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne per la Rete italiana pace e disarmo-. Ciò è soprattutto cruciale per quanto riguarda le operazioni dei droni, strumenti sempre più rilevanti nelle attività militari odierne, anche in considerazione dell’intenzione dell’Italia di dotare di armamento i propri velivoli senza pilota”.
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