Diritti
La protesta non basta, mettiamo in campo le idee
La manifestazione di sabato 15 a Roma è stata imponente ed è il segno di una ribellione che monta anche nel nostro paese, in sintonia con quel che avviene nel resto del mondo. La presenza del Black Bloc, le inutili…
La manifestazione di sabato 15 a Roma è stata imponente ed è il segno di una ribellione che monta anche nel nostro paese, in sintonia con quel che avviene nel resto del mondo. La presenza del Black Bloc, le inutili aggressioni, la sciocca distruzione di banche e vetrine, l’incendio di auto, sono probabilmente ciò che gli uomini di potere si auguravano, perché permette loro di denigrare la protesta e di proporsi come argine al caos al cospetto di un’opinione pubblica che via tv e altri media ha inevitabilmente una percezione confusa di quel che avviene. Le forze dell’ordine, a loro volta, hanno avuto il pretesto per caricare e spezzare il corteo. Alla fine le notizie delle violenze rischiano d’essere una coltre di fumo che crea solo confusione.
Questa manifestazione è probabilmente la prima di una lunga serie, tanto sono forti e profonde le ragioni della ribellione. Ma va detto subito che un evento come quello di ieri non è soddisfacente, sia perché gruppi di opportunisti con cappucci e spranghe hanno agito con protervia, scontrandosi spesso con i manifestanti scesi in piazza pacificamente, sia perché mancano ancora proposte, idee, un comprensibile "programma" alternativo al piano di aggiustamento strutturale che la "troika" sta preparando nel nostro paese.
L’una cosa e l’altra – il modo di manifestare, la messa a punto di proposte credibili – dovrebbero d’ora in poi accompagnarsi. In Spagna, anziché organizzare cortei (notoriamente molto permeabili a gruppi come quelli incappucciati entrati in azione ieri), hanno occupato piazze per giorni e giorni (per gli spaccavetrine diventa più difficile mescolarsi agli altri), dando vita ad assemblee popolari, dove progetti e proposte sono stati discussi e messi a punto.
In Italia questo non è ancora avvenuto. Ma è molto urgente, perché c’è fra la gente una grande disponibilità a cambiare il modo di guardare alla politica, c’è un forte desiderio di ribellione. E’ una disponibilità che non va sprecata. C’è la possibilità di raccogliere una vasta area di consenso attorno ad idee e progetti di radicale cambiamento dello status quo.
La priorità, a questo punto, è avviare una-due campagne ben concepite e attorno alle quali raccogliere consenso, a cominciare dalla denuncia del debito pubblico, che dev’essere congelato, respingendo i piani della troika, che prepara la stessa ricetta usata per affossare la Grecia: tagli degli stipendi, della spesa pubblica, delle pensioni, privatizzazioni, vendita del patrimonio pubblico, tutto ufficialmente al fine di ripagare gli interessi e il valore nominale del debito, salvo ammettere alla fine che il debito non può essere ripagato. C’è da cominciare un serio piano di conversione dell’industria, c’è da concepire un nuovo progetto di piccole opere pubbliche…
Mettiamo in campo le idee, portiamole in piazza, facciamole viaggiare.