Diritti
C’è chi previene la tortura. All’estero
Recentemente, a Ferrara, la famiglia Aldrovandi e il Comitato Verità per Aldro hanno organizzato un convegno, in occasione del sesto anniversario dell’omicidio di Federico, per richiamare l’attenzione sulla mancanza in Italia di una specifica legge sulla tortura. E’ una vicenda antica,…
Recentemente, a Ferrara, la famiglia Aldrovandi e il Comitato Verità per Aldro hanno organizzato un convegno, in occasione del sesto anniversario dell’omicidio di Federico, per richiamare l’attenzione sulla mancanza in Italia di una specifica legge sulla tortura.
E’ una vicenda antica, che risale alla fine degli anni Ottanta, quando l’Italia si impegnò di fronte alle Nazioni Unite, ad introdurre il reato di tortura nel proprio ordinamento. Il nostro paese è tuttora inadempiente. Il parlamento ha discusso molte proposte di legge, in qualche caso si è arrivati vicini all’approvazione di un testo condiviso, ma è tutto svanito nel nulla e ora la posizione ufficiale del nostro governo è che l’Italia non ha bisogno di una legge ad hoc (!).
Perché questa lacuna? Per un insieme di ragioni: debolezza della cultura dei diritti, insipienza politica bipartisan, peso eccessivo attribuito all’avversione dell’establishment delle forze dell’ordine, che vede nell’eventuale introduzione del reato di tortura un getso di sfiducia, quasi una minaccia (e anche qui è inevitabile notare l’inesistenza di un’adeguata cultura democratica dei diritti).
In questo articolo, ripreso da repubblica.it, si racconta che cosa avviene in Gran Bretagna, dove è stato adottato anche quel "Protocollo aggiuntivo" da anni invocato per l’Italia da Amnesty International. Un autentico sistema di garanzie, oltre che su professionalità adeguata, deve basarsi su un efficace sistema di verifiche interne ed esterne e su uno spirito di apertura e trasparenza.
Ancora una volta si dimostra che nel nostro paese va ricostruita una cultura dei diritti.