Altre Economie
Il consiglio ritrovato
di Francesca Paini —
Nel bresciano passa per una cooperativa la ricetta per recuperare un servizio pubblico. Così il consultorio torna a essere uno spazio utile alla città
Il consultorio familiare di Gavardo (Bs) non è più pubblico.
Da quanto lo gestisce la cooperativa sociale Area, però, di pubblico ne ha tantissimo.
Forse perché è gratis come quello pubblico, ma le donne che lo frequentano possono scegliere il ginecologo con cui fissare gli appuntamenti, e quindi avere un proprio medico di riferimento. O forse perché è aperto tutte le mattine senza appuntamento, e le mamme possono andare quando vogliono per pesare i bambini e parlare con le ostetriche e le educatrici.
O, semplicemente, perché a gestire il consultorio ci sono operatori qualificati (gli stessi che lavoravano per il servizio pubblico, in alcuni casi), la struttura è considerata un servizio fondamentale e tutti (cooperativa, operatori, famiglie) gli dedicano molta attenzione. Se la cooperativa Area gestisce il consultorio di Gavardo, comune di 11mila abitanti, è perché la Asl di Brescia ha scelto di “dismettere” il servizio, un’evenienza tutt’altro che rara. Istituiti a metà degli anni 70 (con la lgge 405/75) su forte istanza dei movimenti femministi, i consultori si occupano (o dovrebbero occuparsi) della salute delle donne e della famiglia, con attenzione speciale ai temi della procreazione, della sessualità e della vita di coppia. Proprio perché si occupano di un tema così delicato, questi servizi risentono fortemente dei mutamenti culturali e politici del Paese, e la loro situazione attuale dev’essere particolarmente critica se persino il ministero della Salute (in un recente rapporto sulla situazione dei consultori pubblici in Italia, disponibile sul sito) ha scritto: “Il numero dei consultori familiari è andato negli anni contraendosi. Nel tempo i consultori familiari non sono stati, nella maggior parte dei casi, né potenziati né adeguatamente valorizzati. In diversi casi l’interesse intorno al loro operato è stato scarso e ha avuto come conseguenze il mancato adeguamento delle risorse, della rete dei servizi, degli organici, delle sedi”.
In questo clima di scarso interesse, molte Regioni (tra cui la Lombardia) hanno deliberato che i consultori possono essere gestiti da “enti accreditati”: che enti privati, non necessariamente senza scopo di lucro, possono gestire il servizio anche a fronte di finanziamenti pubblici, nel rispetto di alcuni criteri stabiliti dalla stessa Regione, relativi ad esempio ai servizi offerti o al personale impiegato.
Quando, nel 2005, la Asl di Brescia ha deciso di chiudere il consultorio di Gavardo, in forte crisi di identità, la cooperativa Area -che già operava sul territorio occupandosi di bambini e giovani- ha scelto di accreditarsi per gestire il servizio. Grazie a una convenzione con la Regione Lombardia può offrire la sua attività come un servizio pubblico a tutti gli effetti: ha gli stessi costi e gli stessi servizi dei consultori delle Asl, deve garantire l’accesso a tutti senza discriminazioni e tutelare il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori (che per ora non se ne avvalgono).
I risultati raccontano che il servizio è tornato ad essere il cuore della vita di tante donne, di giovani e di famiglie. I numeri lo mostrano chiaramente: sono circa 1.200 le persone che frequentano il servizio, e ogni giorno oltre 40 gli accessi per incontrare i medici, gli educatori, le ostetriche, le assistenti sociali, i mediatori familiari, gli psicologi che lavorano nel servizio. La differenza l’ha fatta la scelta della cooperativa di dare vita a un servizio aperto il più possibile alle famiglie e al paese: le ostetriche sono disponibili anche senza appuntamento; il servizio è accessibile anche il sabato, per facilitare la presenza delle persone che lavorano; gli operatori collaborano molto con altri servizi della zona (centri di aggregazione, scuole) e quindi riescono più facilmente a incontrare anche gli adolescenti. Possono così offrire ai giovani interventi mirati sui disturbi alimentari e su altre problematiche psicologiche e sessuali legate all’età.
Il consultorio offre inoltre servizi di mediazione familiare per coppie con problemi di separazione, si occupa di affidi e di adozioni. Gli operatori sono molto sensibili anche alle problematiche ambientali: il consultorio facilita il riuso e lo scambio di vestitini ed attrezzature tra mamme e, per le persone più attente e disponibili, mette a disposizione gratuitamente il kit di pannolini lavabili e riciclabili e la fascia porta bambini.
Oggi al consultorio della cooperativa Area ci vanno persone di estrazioni e culture diverse, anche chi fino a qualche anno fa preferiva rivolgersi a strutture private ritenute migliori. Grazie al “passa parola”, molte persone sono venute a conoscenza dei servizi offerti, e la sede è diventata anche un luogo di incontro tra le donne e le famiglie di Gavardo.La Asl si è resa disponibile fin dall’inizio a sostenere il progetto e, ad esempio, ha ceduto in affitto alla cooperativa i locali del consultorio. Anche Area ha cercato di mantenere una certa continuità, e quindi -pur proponendo un progetto diverso- ha proposto ai molti operatori che lavoravano al consultorio come esterni di continuare a collaborare nella nuova gestione. All’inizio c’è stata qualche difficoltà, operatori di diversa provenienza e professionalità hanno dovuto conoscersi e superare qualche diffidenza reciproca. Oggi quegli stessi operatori sono diventati soci della cooperativa, ne apprezzano il progetto e la qualità data -ad esempio- dalla possibilità di aggiornarsi e di lavorare in equipe multidisciplinari. Per dirlo con le parole di Luca Bonini, coordinatore del consultorio: “Anche se con noi guadagnano la metà che nel loro studio privato, continuano a collaborare almeno part time con la cooperativa perché qui c’è libertà di fare le cose bene e non in solitudine”.
Ne è nato un gruppo di lavoro motivato, che accetta anche orari di lavoro scomodi (la sera o il sabato) e che porta idee e voglia di sperimentare. Oggi la cooperativa Area gestisce, oltre che quello di Gavardo, altri due consultori accreditati, a Manerba del Garda e a Vestone. Ogni anno incontra migliaia di persone, eroga oltre 30mila prestazioni ai suoi pazienti grazie al lavoro di una trentina di operatori sociali e sanitari. I consultori, nel 2009, hanno fatturato circa 650mila euro alla Regione per le prestazioni svolte (la Regione riconosce, ad esempio, 19,56 euro per ogni colloquio psicologico, circa 17 euro per ogni visita ginecologica e 31 euro per ogni ecografia). Oltre a questi importi la cooperativa sostiene il consultorio con il ticket pagato dai pazienti e, soprattutto, grazie ai finanziamenti da fondazioni e da altri finanziatori. È proprio a questo che si deve la possibilità dei servizi integrativi che il consultorio può offrire. Nella capacità di mobilitare risorse professionali, umane ed economiche sta il valore aggiunto che Area, nella migliore tradizione delle cooperative sociali, può mettere a disposizione.
LEGACOOP, CONFOCOOPERATIVE E AGCI DANNO VITA ALL’“ALLEANZA DELLE COOPERATIVE ITALIANE” la cooperazione italiana fa rete
43mila cooperative, oltre un milione di addetti, 12 milioni di soci, 127 miliardi di fatturato: sono i “numeri” dell’Alleanza delle cooperative italiane, il neo-costituito coordinamento che riunisce le storiche associazioni di categoria del mondo della cooperazione, superando una distinzione che affonda le sue radici nella storia. Le cooperative, infatti, hanno iniziato a diffondersi in Italia dalla seconda metà dell’Ottocento, e per dar voce ai propri interessi si sono riunite in associazioni di rappresentanza: dall’area socialista e comunista nel 1886 è nata Legacoop, che oggi conta su 14.500 cooperative associate ed è particolarmente forte nel settore del consumo (vi aderisce la grande distribuzione a marchio Coop) e delle cooperative edilizie, mentre nell’area welfare associa cooperative sociali e società di mutuo soccorso che svolgono attività assicurative, previdenziali e assistenziali.
Qualche anno dopo, dalla tradizione cattolica è nata l’esperienza di Confcooperative, che oggi conta 21 mila aderenti, prevalentemente cooperative di piccole dimensioni molto legate al territorio, ed è particolarmente presente nella cooperazione sociale e nel credito cooperativo. È inoltre la principale associazione di categoria del settore cooperativo agroalimentare.
Negli anni 50 del secolo scorso, infine, è nata la cooperazione di orientamento liberale, che ha dato vita ad Agci, che con i suoi 8mila aderenti è particolarmente presente in centro Italia e nel settore edilizio. Le differenze ideologiche che avevano portato alla creazione di tre organizzazioni si sono attenuate con il passare degli anni: oggi le associazioni si distinguono più che altro per il segmento di cooperazione che rappresentano, e hanno scelto ormai da tempo di collaborare sul piano operativo. Negli ultimi anni, ad esempio, le associazioni cooperative hanno dato vita a progetti in comune in settori rilevanti quali, ad esempio, l’ambito formativo (attraverso Fon.coop. che è il fondo di formazione per i soci) e finanziario (tramite Confidi che garantisce le cooperative nell’accesso al credito).
Dal mese di gennaio, con la nascita dell’Alleanza delle cooperative italiane, la collaborazione passa dal piano operativo a quello politico: le tre organizzazioni, infatti, si sono date un unico portavoce, che per il 2011 sarà Luigi Marino, presidente di Confcooperative, e hanno costituito assemblee trasversali che si riuniscono periodicamente. Non si tratta -almeno per ora- di una fusione: le tre realtà continuano a operare indipendentemente, puntando per ora a consolidare il progetto a livello nazionale, ad esempio nel dialogo col governo. Nell’arco dei prossimi tre anni l’obiettivo è quello di estendere l’attività di coordinamento ai diversi settori di azione della cooperazione (solidarietà, edilizia, consumo, risparmio) e infine nei territori.
Con questa scelta, dunque, la cooperazione sceglie di “mostrare i muscoli” per far valere la propria voce nel Paese al pari di altri grandi soggetti della politica economica nazionale: i tre soggetti che afferiscono all’Alleanza sono imprese che producono il 7% del prodotto interno lordo italiano, e rappresentano il 50% della produzione agroalimentare, il 90% delle cooperative sociali, il 30% del consumo e della grande distribuzione e oltre il 10% degli sportelli bancari. L’Alleanza delle cooperative, inoltre, può contare nella propria squadra su alcune grandi imprese nazionali (da Coop Italia a Unipol, alle Bcc) e su una miriade di piccole imprese distribuite in tutto il territorio e in tutti i settori: ogni 5 abitanti, in Italia, uno è socio di una cooperativa.
Se paragonata ad altre grandi associazioni di categoria, l’Alleanza non è un colosso: il neo-costituito soggetto che rappresenta unitariamente artigiani e commercianti (Reteimprese Italia) aggrega 2 milioni di imprese e ha 14 milioni di addetti, la storica Confindustria raccoglie 144mila aziende ed occupa 5 milioni di persone. La novità di questa fase non sono i numeri dirompenti, ma la scelta della cooperazione di entrare con tutta la propria forza nella scena economica del Paese.
Come recitava uno slogan del movimento cooperativo di qualche anno fa: si tratta di diventare grandi rimanendo piccoli.