Diritti
Il rinnovamento? Da un’altra faglia
Ancora a proposito della palude nella quale è priombata la nostra vita pubblica. Nell’epoca delle escort-tangent, delle "cricche" create con la scusa dell’emergenza, della ‘ndrangheta in parlamento, delle truffe multimilionarie, della corruzione che dilaga e delle istituzioni democratiche vicine a…
Ancora a proposito della palude nella quale è priombata la nostra vita pubblica. Nell’epoca delle escort-tangent, delle "cricche" create con la scusa dell’emergenza, della ‘ndrangheta in parlamento, delle truffe multimilionarie, della corruzione che dilaga e delle istituzioni democratiche vicine a spezzarsi, quale può essere la via d’uscita? Nel buio pesto della politica, ecco l’opinione di Riccardo Orioles, uno dei pochi giornalisti davvero acuti e indipendenti in circolazione in Italia (e non a caso lontano dai maggiori media): dice che il rinnovamento necessario, se mai ci sarà, non potrà che venire da ambiti della società oggi distanti – culturalmente, socialmente, psicologicamente – dalla politica ufficiale. Il testo è ripreso dalla Catena di San Libero, la web-zine di Orioles.
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Stanno già cominciando ad abolire le elezioni
Formalmente, anche sotto il fascismo si votava. Si votava ma a modo loro, con elezioni fasulle da cui il governo usciva automaticamente vincitore. Le elezioni, di fatto, erano state abolite, ma senza dirlo.
Oggi il governo italiano ha abolito le elezioni regionali in Lazio e in Lombardia. Formalmente si vota ancora, ma non sono più vere elezioni, con regole uguali per tutti. Sono "elezioni" alla Duce, alla Putin o alla Gheddafi, di cui non a caso questo governo è l’unico amico. Esse non hanno dunque alcun valore legale e gli "eletti" che ne risulteranno faranno bene a evitare di arrogarsi poteri dello Stato.
In questa situazione, delicatissima e pericolosa, i cittadini debbono restare saldi attorno alla loro Costituzione e prepararsi a difenderla in ogni caso. Le forze politiche democratiche debbono prendere in ipotesi l’eventualità di un "impeachment" – cioè di una messa in stato d’accusa – del capo del governo, che ha travalicato i suoi poteri. E’ sbagliato e puerile, e certamente utile al duce, prendersela in questo momento col re, che pure certamente ha sbagliato. L’obbiettivo di tutti dev’essere la messa sotto accusa del responsabile formale dell’attacco allo Statuto, ieri Mussolini e oggi Berlusconi.
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E’ difficile che la sinistra attuale, con tutte le sue buone volontà e le sue piccinerie, sia in grado di portare avanti con successo una simile lotta, a cui non è preparata. Qua non si tratta di gridare più forte, di sopraffarsi a vicenda – ognuno per conto suo, e con vanità da prime donne – per poi lasciare tutto come si trova. Si tratta di affrontare problemi come il rifiuto d’obbedienza, la resistenza collettiva e civile agli ordini illegali e il dialogo operativo coi funzionari lealisti, civili e militari.
Non credo che un Di Pietro, un Veltroni, un D’Alema,un Bersani, o anche un Vemdola o un Ferrero (che hanno ancora sulla coscienza quasi un milione di voti dispersi per puntigli infantili) possano essere i nostri leader in questa lotta. Dobbiamo tollerarli sì, non affrontare il problema che essi costituiscono proprio ora. Ma è chiaro che con loro non si può vincere, ma al massimo sperare di resistere un altro poco.
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Per fortuna, la sinistra comincia ad avere un altro filone di dirigenti, provenienti – come dice don Ciotti – "da un’altra falda". E sono quelli del movimento viola (se staranno attentissimi a non produrre leaderini, e a tener fuori i leaderoni esterni), quelli dell’antimafia (il più duraturo e il più avanzato in termini sociali fra i movimenti degli ultimi vent’anni) e soprattutto quelli, parte italiani vecchi e parte nuovi, che hanno organizzato il Primo marzo.
Se tutti costoro diventeranno coscientemente e compiutamente "politici", se non rifuggiranno dall’assumersi le loro responsabilità (che sono sempre più proprio "di partito"), se sapranno ispirare alle persone comuni fiducia e ammmirazione e non paura,se sapranno dialogare coi pezzi di sinistra basati ancora sulla lotta sociale (praticamente quasi solo il sindacato), se non saranno né prime donne né vanitosi, se sapranno coordinarsi efficacemente al loro interno e fra di loro, se sapranno imparare, se… – allora, amici miei, potremo dire che un’altra sinistra, vera e vincente, è davvero nata, e che lo sfacelo della vecchia non sia che un episodio dovuto.
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Sono convinto che tutto questo stia accadendo davvero, e che tutte le caratteristiche di questi compagni nuovi (comprese quelle negative) ricordino moltissimo quelle dei fondatori della prima sinistra, quella dei socialisti dell’Ottocento.
E come i compagni di allora non lottavano semplicemente per i diritti ma anche contro regimi autoritari e feroci (lo zar, il kaiser, levarie monarchie assolute), così oggi ci troviamo davanti, fra i vari problemi, anche quello di un assolutismo in forma nuova, di un repubblica attaccata dai nobili, di un egoismo sociale sempre più feroce.
Eppure – poveri individualmente ma immensamente forti se ci uniamo – siamo certi di farcela, assorbendo persino le debolezze e le periodiche rese dei nostri "centrosinistri" compagni di cammino.