Diritti
Dal Molin, nonviolenti alla prova
L’arresto di Turi Vaccaro a Vicenza (ora è a piede libero in attesa del processo), reo di avere violato il perimetro della base militare statunitense per lanciarvi semi di pace, riporta al centro dell’attenzione – per un attimo, vista la…
L’arresto di Turi Vaccaro a Vicenza (ora è a piede libero in attesa del processo), reo di avere violato il perimetro della base militare statunitense per lanciarvi semi di pace, riporta al centro dell’attenzione – per un attimo, vista la distratta mediocrità del nostro sistema informativo – la gravissima subordinazione del nostro paese alla logica militarista e imperialista del "grande alleato" d’Oltreoceano.
Il gesto di Turi e di Agnese Priante, che era con lui al momento dell’ingresso nel terreno del cantiere, armati di semi, bandiera della pace e un libro sul nucleare, è osservato da lontano e con sufficienza dal mondo politico e intellettuale del nostro paese, perché punta i fari sull’ipocrisia della nostra società, che accetta supinamente di rinunciare anche a uno dei cardini della democrazia liberale – la sovranità nazionale – e ha scelto ormai da tempo di ignorare il ruolo del nostro paese nelle sciagurate politiche di guerra della potenza nord-americana.
La vicenda di Turi Vaccaro parla però anche al mondo della nonviolenza e del pacifismo e indica una strada: la lotta contro la base militare Dal Molin è entrata in una nuova fase e d’ora in poi andrebbe condotta con gli strumenti della nonviolenza portati all’estremo: ci vorrebbe cioè una continua, ininterrotta semina di pace, come alcuni attivisti hanno già suggerito.
Per condurre una campagna del genere senza velleitarismi né fughe in avanti, facendo in modo che abbia uno spessore politico autentico, occorre una mobilitazione vasta e una preparazione accurata: serve un numero congruo di attivisti pronti a ripetere il gesto di Turi e Agnese, ma serve anche una presenza capillare in tutta Italia, in modo che non siano solo pochi coraggiosi a farsi avanti, ma che vi sia una partecipazione più vasta e soprattutto una larga area di consenso nel paese.
Ci vorrebbe insomma una vera, grande campagna nonviolenta, capace di rilanciare la grande, rimossa questione delle basi militari e delle armi di distruzione di massa presenti nel nostro paese, ridotto allo stato di succube e rassegnata colonia. E’ una sfida difficile, impervia, e tuttavia utile, perché metterà alla prova l’area nonviolenta e antimilitarista del nostro paese: è il momento di constatare qual è la sua consistenza, quale la sua maturità politica.