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Genova non è finita
Oggi la Cassazione decide se confermare le condanne per "devastazione e saccheggio" per dieci manifestanti del G8 genovese del 2001. Sarebbero più di 100 anni di carcere complessivi.
Il G8 genovese è forse uno degli eventi più importante e controversa della storia italiana contemporanea: da una parte il più importante e nuovo movimento di massa dopo gli anni ’70, dall’altra una brutale e ingiustificata violenza di stato con un morto in piazza, torture in carcere e nelle caserme, la “macelleria messicana” della scuola Diaz.
La verità su quei giorni è impressa oramai nella coscienza democratica del paese, di chi c’era e di chi non c’era e anche in quella di molti che non condividevano le ragioni e le pratiche del ‘movimento dei movimenti’. Ora, a quasi undici anni di distanza dal luglio del 2001, la verità giudiziaria si appresta forse a scrivere un’altra storia se, oggi 13 luglio, ai dieci manifestanti imputati per ‘devastazione e saccheggio’ saranno confermate le condanne del secondo grado di giudizio per più di cento anni di carcere complessivi.
Questo mentre per le torture di Bolzaneto, per i pestaggi di piazza e della scuola Diaz, non solo non sono state punite le responsabilità oggettive, ma neanche quelle politiche e quelle di chi stava al vertice della catena di comando delle forze dell’ordine.
Una situazione quasi pirandelliana quella in cui mentre il parlamento italiano non è riuscito, neanche con l’ultimo governo di centro-sinistra, a nominare una commissione d’inchiesta sulla gestione dell’ordine pubblico a Genova né a introdurre il reato di tortura come chiesto dall’Unione Europea, dieci manifestanti rischiano pene pesantissime tramite l’utilizzo del reato ereditato dal codice penale fascista di ‘devastazione e saccheggio’. Un reato che configura pene gravissime per danneggiamento a cose e oggetti, così come per la resistenza a pubblico ufficiale: in Italia evidentemente è più grave rompere una vetrina che una testa con manganelli illegali, assassinare un giovane per strada con l’arma d’ordinanza che rubare da una supermercato. Addirittura ‘devastazione e saccheggio’ prevede la “compartecipazione psichica” agli eventi: sarebbe a dire, se sei presente in una manifestazione in cui vengono rotte vetrine o lanciate pietre, anche se stai tranquillamente passeggiando sei colpevole e passibile di condanna tanto quanto chi compie materialmente l’atto.
Di fronte a questo paradosso, forse tipico della storia del nostro paese, è nato l’appello “Genova non è finita” che chiede alla Corte di Cassazione di non confermare le condanne dei precedenti gradi di giudizio, e firmato da artisti e intellettuali come Moni Ovadia, Erri De Luca, Caparezza, Subsonica, Elio Germano, Wu Ming, Daniele Vicari e che a raccolto fino a questo momento dal sito www.10×100.it più di diecimila firme in sole due settimane.
Valerio Renzi