Diritti
Quali percorsi di Pace possibili se investiamo negli affari di armi?
La presentazione del nuovo annuario di OPAL Brescia su attualità, ricerca e memoria per la pratica della nonviolenza
Verrà presentato giovedì 21 giugno (ore 17.30 presso la Libreria Paoline di via G. Rosa a Brescia) il V Annuario di Opal, l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza di Brescia. Con il titolo "Affari di armi, percorso di Pace" e un richiamo diretto alla attualità, ricerca e memoria per la pratica della nonviolenza il volume vedrà gli interventi di esperti e studiosi sulle tematiche ruotanti attorno al cmmercio di armi leggere ed al loro impatto sulla Pace e la sicurezza.
Pa presentazione verrà introdotta dal presidente di O.P.A.L. Piergiulio Biatta e vi interverranno alcuni degli autori dell’Annuario: Carlo Tombola (coordinatore scientifico Opal) Giorgio Beretta (ricercatore Rete Disarmo) Roberto Cucchini (consiglio scientifico di Opal) Mimmo Cortese (consiglio scientifico di Opal). In allegato la locandina e l’introduzione all’annuario.
Di seguito riportiamo in anteprima l’Introduzione del volume
La necessità di un dibattito ampio e approfondito sulla “questione delle armi”, sul ruolo dell’industria militare, sulla trasparenza dei trasferimenti internazionali di armamenti è continuamente ribadita dall’attualità. La corruzione che accompagna la compravendita dei grandi sistemi d’arma, la legalità solo apparente di molti trasferimenti verso i paesi del “Sud del mondo” – dove ancora si alternano al potere molti regimi militari –, le “insurrezioni” sostenute militarmente da “paesi democratici” contro dittatori fino a ieri armati da quegli stessi paesi (come Saleh in Yemen, Gheddafi in Libia, l’ivoriano Gbagbo), la copertura fornita dai governi a quelle che vengono presentate come questioni che concernono il cosiddetto “interesse nazionale” quando si tratta meramente di affari giganteschi: ebbene, tutto ciò passa sotto gli occhi dell’opinione pubblica, talvolta anche nella forma dell’inchiesta giudiziaria, più spesso su sollecitazione di ricercatori e giornalisti, ma fatica a proporsi al centro del dibattito politico.
Questo quinto Annuario di OPAL riparte (si veda la prima sezione, Attualità) proprio dai fatti del giorno per segnalare non solo le carenze del dibattito pubblico ma i temi prioritari su cui l’attenzione dovrebbe concentrarsi: a cominciare dalle vicende giudiziarie dell’azienda Beretta e del “riciclaggio” di pistole usate destinate all’Iraq, vero case study internazionalmente noto ma rimasto dal 2003 al marzo 2012 nei cassetti della Procura di Brescia, forse anche a causa dell’alto livello dei funzionari pubblici coinvolti.
Abbiamo poi visto la presenza di armi leggere bresciane – insieme a sistemi convenzionali di produzione italiana – sulle piazze e negli scontri delle cosiddette primavere arabe, e in particolare nel teatro della guerra libica, dove esattamente un secolo prima fece le sue prove l’imperialismo in versione tricolore. Le vicende libiche sono esemplari dell’atteggiamento dei governi europei nei confronti dei dittatori: il “terrorista” Gheddafi, una volta “sdoganato” dal lungo embargo, è divenuto ambito cliente, prima, dei grandi complessi militar-industriali inglesi, francesi, tedeschi, americani e anche italiani, attirati dai petrodollari del colonnello; poi, al primo manifestarsi di una seria opposizione interna, Gheddafi è divenuto oggetto di sanzioni preventive di natura finanziaria e quindi bersaglio di una campagna militare che è andata ben oltre il mandato della comunità internazionale. Va da sé che i “ribelli” siano diventati subito disponibili ad accettare l’appoggio e le forniture militari occidentali, mentre promettevano lucrosi contratti per la ricostruzione e la spartizione delle risorse energetiche con i nuovi alleati.
Di fronte a questi fatti, la strada maestra che OPAL propone è quella – duplice – di una conoscenza approfondita e anche “tecnica” del quadro internazionale entro cui si svolgono i trasferimenti di armamenti, e di una memoria mantenuta sempre viva e critica intorno non soltanto agli storici disastri della guerra ma soprattutto ai metodi e ai temi della cultura nonviolenta, per un’educazione pacifica, per una riconversione culturale ed economica.
Così l’Annuario 2012 propone anche una sezione (Ricerche) in cui studiosi tra i più impegnati in Italia forniscono i dati di un quadro internazionale che negli ultimi anni si è profondamente modificato sotto i colpi della crisi e della finanziarizzazione, sia per quanto riguarda il commercio – e quindi la proiezione internazionale dei paesi leader nella produzione armiera – sia per la produzione nei settori di punta dell’industria per la difesa, come quello aerospaziale. Le carenze informative sono infatti tuttora ampie, come è apparso chiaro anche lungo la trattativa diplomatica che sta portando alla storica meta del internazionale sul commercio delle armi convenzionali, in prossima discussione all’Onu.
Una terza sezione (Memoria) è dedicata infine ad indicare come esemplari di una pratica nonviolenta antimilitarista (ma non solo) le esperienze degli obiettori di coscienza bresciani al servizio militare negli anni settanta, e quelle dei cosiddetti “obiettori professionali”, cioè di lavoratori occupati presso aziende armiere, e che tra gli anni settanta e ottanta dichiarano la loro volontà di non collaborare alle produzioni belliche.