Diritti
25 anni di export italiano di armi
La legge 185 del ’90, approvata il 9 luglio, garantiva all’Italia un controllo su export, import e transito dei materiali di armamento. Si tratta di "una norma avanzata ed innovativa nei principi e nei meccanismi che ha perso molta della propria efficacia a causa di modifiche e applicazioni non corrette promosse in particolare dai Governi succedutisi dal 2003 ad oggi" secondo la denuncia della Rete Disarmo. Tutti i dati nell’analisi dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa
"Alla fine degli anni Ottanta l’Italia vendeva armamenti e mine antipersona a Paesi in conflitto come Iran e Iran, ed esportava componenti di sistemi militari a nazioni, come il Sudafrica dell’apartheid, sottoposte ad embargo da parte dell’Onu o a Paesi ai quali contemporaneamente inviava ‘aiuti allo sviluppo’” ricorda Giorgio Beretta.
L’analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (OPAL) presenta con queste parole la genesi della legge 185/1990, “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, frutto di una importante mobilitazione della società civile italiana "contro i mercanti di morte" (questo era il nome della campagna).
Da un quarto di secolo, grazie alle 185 sappiamo quante armi esporta il nostro Paese, e a chi, anche se -spiega Rete Disarmo, che ha promosso per il 9 luglio una mobilitazione per "celebrare" l’anniversario- ripetuti interventi legislativi dopo il 2003 hanno portato a una "perdita di trasparenza" che "mina alla base un controllo che invece -su un tema delicato come quello dell’export militare- è fondamentale per la nostra politica estera e per la responsabilità dell’Italia nei confitti".
Dopo 25 anni, a parlare sono i numeri: le autorizzazione all’export sono state pari a 54 miliardi di euro, mentre il valore degli armamenti effettivamente consegnati è pari a oltre 36 miliardi di euro "con un trend decisamente crescente nell’ultimo decennio" ricorda Beretta. Le armi italiane sono andate in ben 123 Paesi, e -in particolare nel quinquennio 2010-2014, come mostrano i grafici seguenti- l’export ha riguardato in molti casi anche Stati che non fanno parte della NATO e dell’Unione europea.
"I principi della 185/90 -spiega un dossier di Rete Disarmo- prevedono il divieto di esportazione di armamenti verso Paesi in stato di conflitto armato, Paesi la cui politica contrasti con l’articolo 11 della Costituzione italiana, Paesi sotto embargo totale o parziale delle forniture belliche da parte dell’ONU o dell’UE, Paesi responsabili di accertate gravi violazioni alle Convenzioni sui diritti umani, Paesi che, ricevendo aiuti dall’Italia, destinino al proprio bilancio militare risorse eccedenti le esigenze di difesa del paese. Vengono inoltre impedite le vendite di armi in contrasto con gli impegni internazionali dell’Italia, i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato e della lotta contro il terrorismo, il mantenimento di buone relazioni con altri Paesi e quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali (le cosiddette triangolazioni)".
A guidare la classifica dei Paesi destinatari dei sistemi d’arma “made in Italy” ci sono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, seguiti a ruota da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti . Vengono poi la Germania, la Turchia, la Francia e la Spagna; completano la Top12 Paesi problematici (dal punto di vista dei conflitti e delle turbolenze) come Malesia, Algeria, India e Pakistan. “Ma se ci limitiamo agli ultimi cinque anni -ha spiegato Beretta nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Roma il 9 luglio- ai primi posti ci sono Algeria, Arabia Saudita ed Emirati Arabi, con il solo inserimento degli Stati Uniti al terzo posto. È chiaro dunque in che direzione stiano andando gli affari dell’esportazione militare italiana”.
Grafico 1 | Export: andamento delle autorizzazioni e delle consegne
Grafico 2 | Export di armi: autorizzazioni per zone geopolitiche
Grafico 3 | Export di armi per zone geopolitiche. Un confronto tra il periodo 2005-9 e 2010-14
Grafico 4 e 5 | Export di armi: autorizzazioni ai Paesi Nato-UE ed extra Nato-UE nei periodi 1990-2014 e 2010-2014
Grafico 6 e 7 | I primi 15 Paesi destinati nel periodi 1990-2014 e 2010-2014
Grafico 8 | Le "banche armate"
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